uniforme Particolare foggia d’abito, detta anche divisa, che serve a distinguere chi la indossa indicandone l’appartenenza a un determinato corpo, a una determinata categoria, e anche, eventualmente, il grado e la funzione che egli riveste all’interno di quel corpo.
Per gli appartenenti alle Forze Armate l’u. è stabilita da ben precise norme relative al tipo di tessuto, al taglio, al colore, ai distintivi. L’introduzione del concetto di u., già presente in età antica, avvenne, in epoca moderna, nel 17° sec., rispondendo alla necessità di rendere immediatamente riconoscibili gli appartenenti a un determinato corpo di truppa e fra questi gli investiti dei vari gradi. La varietà, la complicatezza delle u. indossate in passato da diversi eserciti rispondono più a criteri di emulazione e di imitazione che non a principi logici di funzionalità; solo con la Prima guerra mondiale questi ultimi, già affiorati nelle guerre coloniali e in quella russo-giapponese, hanno prevalso portando a una semplificazione delle uniformi. Attualmente negli eserciti le u. sono di più tipi per soddisfare le varie esigenze: ordinaria invernale ed estiva, da servizio e combattimento, da sera (solo per gli ufficiali). In particolari circostanze viene indossata la grande o alta u., caratterizzata dalle decorazioni appuntate sul lato sinistro in alto della giubba, dalla sciarpa azzurra a tracolla (per gli ufficiali) e dalla sciabola (per gli ufficiali e sottufficiali).
La tradizione compare nelle u. attraverso particolari accessori quali il copricapo (cappello con penna d’aquila per gli alpini, cappello con pennacchio di piume di gallo di montagna per i bersaglieri), le mostrine sul bavero della giubba risalenti alle antiche brigate dell’esercito postunitario.