Lavanda, lavatura del corpo o di altra cosa, in particolare come atto liturgico. Ha lo scopo sia di mettere una persona in stato di purità rituale, eliminando ciò che è impuro e sporco così da rendere possibile il contatto con il sacro, sia di eliminare gli effetti di tale contatto, per consentire di riprendere la vita normale. È frequente nei momenti solenni della vita, contrassegnati per lo più da riti detti nella letteratura storico-religiosa ‘di passaggio’ (iniziazioni; purificazione delle donne dopo il mestruo o il parto ecc.), e in quasi tutte le religioni prima (e spesso dopo) l’ingresso nel tempio, la preghiera, il contatto o la lettura di libri sacri ecc. È fatta, mediante immersione o infusione, con acqua, oppure eccezionalmente, specie in luoghi aridi o desertici, con sabbia. Nell’ebraismo era praticato il bagno di purificazione dei proseliti e come tale è interpretato da molti il battesimo di Giovanni. Nel cristianesimo antico vi era il bagno dei catecumeni nella settimana santa, prima del battesimo, mentre nel Medioevo rimase l’uso di lavarsi il capo la domenica delle Palme e dell’a. delle mani prima di entrare in chiesa nell’apposito bacino (cantharus); nella liturgia attuale restano l’aspersione dei fedeli con l’acqua santa e la lavanda delle mani da parte del sacerdote prima d’iniziare un’azione liturgica e quando tocca l’Eucaristia. Nell’islam i riti di a. di viso, braccia e piedi prima della preghiera sono prescritti dal Corano.