Delitto commesso dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio che nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale, ovvero arreca ad altri un danno ingiusto (art. 323 c.p. modificato dalla l. n. 234/1997).
Prima della l. n. 234/1997 la condotta abusiva veniva incriminata indipendentemente dal conseguimento di un ingiusto vantaggio o del verificarsi di un danno ingiusto. Per abuso d'ufficio si intendeva, quindi, il compimento di un atto o di un fatto materiale posto in essere violando un dovere inerente all’ufficio ed espressione di un cattivo uso delle funzioni pubbliche.
In base all'attuale testo dell’art. 323 c.p., ai fini della configurazione del reato, la condotta deve porsi in contrasto con precise norme di legge o di regolamento, ovvero deve identificarsi nell’omessa astensione in situazioni di conflitto di interessi. In entrambi i casi, essa deve determinare un ingiusto vantaggio patrimoniale o un danno ingiusto.
Con il termine vantaggio patrimoniale si fa riferimento al profitto consequenziale a determinati comportamenti di strumentalizzazione e abuso e non a mere coincidenze tra interesse pubblico e privato. Sotto il profilo del dolo, la formulazione esige che il danno o il vantaggio siano perseguiti intenzionalmente dall’agente, con la conseguenza che risultano estromessi dal penalmente rilevate sia le ipotesi di dolo eventuale, sia quelle di dolo diretto. La pena consiste nella reclusione da 6 mesi a 3 anni, aumentata nel caso in cui il vantaggio o il danno hanno il carattere di rilevante gravità.
Successivamente, con l’introduzione della l. 6 novembre 2012, n. 190, il trattamento sanzionatorio del delitto di cui all’art. 323 co. 1 c.p. è stato irrigidito, aggravando l’art. 1 della suddetta legge la pena prima prevista nei limiti edittali di sei mesi e tre anni.
Il delitto di abuso d’ufficio è stato oggetto di un nuovo intervento e di modifica della fattispecie mediante il d.l. 76/2020 (cd. “Decreto semplificazioni”), al fine di disporre un “intervento organico volto alla semplificazione dei procedimenti amministrativi, all’eliminazione e alla velocizzazione di adempimenti burocratici, alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, al sostegno all’economia verde e all’attività di impresa”. L’art. 23, comma 1, d.l. 16 luglio 2020, n. 76, conv., con modif., in l. 11 settembre 2020, n. 120, in vigore dal 17 luglio 2020, ha modificato l’originario comma 1 dell’art. 323 nella parte in cui recitava: “Salvo che il fatto costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento...”, sostituendo l’espressione “norme di legge o di regolamento” con “specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità", circoscrivendo in tal modo l’ambito oggettivo di applicazione della fattispecie.