Termine introdotto da E.B. Tylor (1867) per indicare la credenza dei primitivi in esseri spirituali che animerebbero l’intera natura, sia organica sia inorganica. In questa credenza Tylor individuava la prima forma della religione, che si sarebbe sviluppata in seguito in organismi sempre più complessi, secondo lo schema evoluzionistico a.-politeismo-monoteismo. Alla base dell’a. sarebbero le fisiologiche esperienze oniriche, da cui l’uomo primitivo trarrebbe l’idea di anima, attribuita anche a oggetti inorganici e inanimati, poiché riconosciuti capaci di agire. Dall’idea di un’anima divenuta indipendente dal corpo si sarebbe passati a quella di spirito e quindi all’attribuzione di una serie di fenomeni a un unico ‘spirito della specie’ o del fenomeno. A questa prima riduzione nel numero degli esseri divini seguirebbe l’altra, per cui varie attività verrebbero attribuite a un solo dio (spesso raffigurato antropomorficamente), forma suprema della religiosità e dotato di più complessa personalità. Ulteriori ricerche etnologiche hanno dimostrato che l’a. non può essere veramente universale e che l’insieme dei fenomeni considerati da Tylor non esaurisce mai la totalità dell’orizzonte sacrale di una qualsiasi comunità primitiva. Il termine è, però, ancora largamente usato per indicare la ‘religione dell’inaspettato’, o ‘dell’insospettato’, di quello, cioè, che proviene da agenti specificati, sia pure dotati di scarsissima personalità ed esercitanti un’attività assolutamente sporadica. Questa carenza di personalità impedisce di annoverare gli spiriti dell’a. tra le divinità, ma li inserisce piuttosto tra gli esseri predeistici (antenati, antenati totemici).