Termine introdotto nella seconda metà dell’Ottocento dagli antropologi evoluzionisti in riferimento alle prime società umane e alle loro usanze; per estensione, alle società e alle istituzioni contemporanee ferme a uno stadio primordiale di sviluppo. Il termine implicava l’idea che tutte le popolazioni e le società umane fossero partite da una condizione originaria comune e che alcune di esse fossero rimaste p., ovvero non progredite in misura significativa rispetto a tale punto di partenza comune. Più tardi, abbandonate le concezioni evoluzionistiche rigide del periodo positivistico, l’espressione continuò a essere usata per indicare, anche se con molte riserve, quei gruppi umani, a volte anche notevolmente complessi e ‘progrediti’, che sono stati oggetto delle indagini etno-antropologiche. E poiché i popoli etnologici sono sostanzialmente i popoli colonizzati dagli Europei, le diverse espressioni che li hanno complessivamente designati (popoli di natura, e poi arcaici, in via di sviluppo ecc.) in sostanza servono a indicare quella parte di umanità con cui gli Europei sono venuti a contatto in seguito alle grandi scoperte geografiche, conoscendola come diversa da sé. Più precisamente, tutte queste espressioni sono indici del tentativo di rappresentare la diversità e la subordinazione di questi mondi, rispetto all’Occidente, attraverso una teoria che ne proietti la complessità e la dinamicità al di fuori o all’origine del nostro modo di concepire tempo, storia e identità: i p. sarebbero dunque popoli senza storia, fuori dalla storia o comunque residui originari di epoche arcaiche. Tutta l’antropologia del Novecento ha criticato una simile rappresentazione evoluzionistica della storia e, con essa, quei termini, come appunto p., che vi sono associati. Alcune di queste critiche hanno inteso i caratteri p. come logicamente elementari (per es., C. Lévi-Strauss, La pensée sauvage, 1962); altre invece hanno interpretato le rappresentazioni e le manipolazioni precedenti come parte del discorso ideologico attraverso il quale l’Occidente ha riflettuto sulla propria identità e su quelle ‘diverse’.
Furono detti p. gli artisti che precedettero la piena fioritura del Rinascimento. Il termine, usato inizialmente in Francia in epoca romantica, tendeva alla valutazione della spontanea, ingenua purezza e religiosità che si riteneva propria dell’arte, soprattutto italiana, del 13°-15° sec., nel quadro della rivalutazione del Medioevo propria del gusto romantico. L’entusiasmo per i p. fu volto, più che a valori di stile, alla serietà morale e religiosa della loro arte, in polemica con il Neoclassicismo e in antitesi al Rinascimento e al barocco. A tale orientamento si riallacciarono, nella prima metà del 19° sec., i nazareni tedeschi, i puristi italiani, i preraffaelliti inglesi e analoghi movimenti artistici in Francia e nel resto d’Europa. Il termine è stato in seguito utilizzato anche in riferimento a varie epoche e civiltà di un passato più o meno remoto o al primitivismo intenzionale di manifestazioni dell’arte moderna.
È detto p. un organismo, un organo o un carattere che si ammette sia comparso nella filogenesi prima di altri organismi, organi o caratteri, che si dicono derivati. Per es., in botanica, una corolla coripetala è p. in confronto a una corolla gamopetala.
In embriologia, linea o stria primitiva, la formazione del solco (negli Uccelli e nei Mammiferi) attraverso cui i materiali mesodermici si dispongono sotto l’ectoderma.
Nel moto relativo di due corpi rigidi (in particolare di due ruote dentate), superfici primitive sono i luoghi geometrici descritti dall’asse istantaneo di rotazione. Le superfici p., rotolando senza strisciare l’una sull’altra, riproducono pertanto il moto relativo dei corpi rigidi (in particolare delle due ruote dentate). Sono esempi di superfici p. le superfici cilindriche rotonde (moto di due ruote dentate cilindriche, con assi paralleli) o le superfici coniche rotonde (moto di due ruote dentate coniche, con assi concorrenti).
Per la funzione p. ➔ integrale.
È detta p. quella reazione all’avvenimento che sfugge al controllo della volontà, mettendo direttamente in moto gli strati più profondi della personalità; si manifesta con azioni impulsive di breve durata e si osserva soprattutto nello spavento, nel panico, nelle esplosioni affettive, in certe epidemie ‘psichiche’.
Nelle costruzioni stradali, la curva circolare che nel progetto di massima di una strada si inserisce tra due rettifili consecutivi: essa nel progetto definitivo viene un poco modificata per inserire i raccordi planimetrici alle due estremità.