Rinascimento, arte del
L’uomo al centro del mondo
La grandezza del Rinascimento consiste nello spirito di conquista che spinse l’uomo a compiere ricerche e scoperte in tutti i campi del sapere e delle arti, a guardare con nuovo interesse alla natura, fino a raggiungere un miracoloso equilibrio tra gli aspetti spirituali e quelli materiali della vita. Nelle arti figurative caratteristiche principali di questo spirito nuovo furono l’invenzione della prospettiva, la conquista dell’anatomia e delle proporzioni nella raffigurazione del corpo umano, il ruolo eroico e grandioso attribuito all’uomo e alle sue azioni e l’imitazione dell’eleganza dell’arte classica
Se poniamo a confronto la figura di un rilievo romanico (11° secolo) con una scolpita da Donatello (15° secolo) ci sembra che le due opere appartengano a una diversa civiltà. Tra le due sculture sono trascorsi parecchi secoli ma questo non basta a giustificare una simile differenza. La storia non è un continuo progresso ma un percorso fatto di bruschi salti e rotture; questi cambiamenti si riflettono nello stile delle opere d’arte e a volte sono così profondi da determinare vere e proprie rivoluzioni. Nel 15° secolo questa rivoluzione prese il nome di Rinascimento.
Il termine Rinascimento indica un evento miracoloso, come una seconda nascita dopo la morte. Una nuova consapevolezza, accompagnata da entusiasmo, ottimismo e orgoglio coinvolse, all’aprirsi del 15° secolo, i cittadini delle corti italiane, determinando un fervore artistico e culturale senza precedenti in Italia. Scrittori, poeti, architetti, pittori e scultori furono i veri protagonisti di questo movimento che prese il nome di Rinascimento proprio in relazione al rinascere delle arti. Era infatti opinione diffusa che, dopo il periodo d’oro dell’arte classica, la scultura, la pittura e l’architettura fossero andate irrimediabilmente decadendo fino a scomparire praticamente del tutto durante i ‘secoli bui’ del Medioevo. Soltanto nei primi anni del Quattrocento le arti avevano preso a rifiorire. Questa rinascita era stata resa possibile grazie alla riscoperta dell’arte antica che divenne un modello di perfezione, oggetto di studio da parte di ogni artista.
Col passare degli anni, grazie ai viaggi e agli scambi con il Nord Europa, i principi artistici del Rinascimento si diffusero fuori dall’Italia nei paesi di lingua tedesca, fiamminga e in Francia. Del resto, stimoli importanti per lo sviluppo del Rinascimento italiano erano giunti dalle culture nordiche, grazie all’arrivo in Italia di artisti come Albrecht Dürer e di opere dei fiamminghi Jan van Eyck e Rogier van der Weyden (fiamminga, arte).
Tema principale delle ricerche artistiche del Quattrocento fu lo studio dell’uomo e dello spazio che lo circonda, e che egli in qualche modo domina. Si giunse così, in modo graduale, alla conquista della rappresentazione corretta del corpo umano (anatomia) e dello spazio (prospettiva).
I primi a dare regole scientifiche alla rappresentazione di oggetti e figure nello spazio, secondo il principio del degradare delle grandezze verso un unico punto di fuga, furono gli artisti fiorentini, in particolare Filippo Brunelleschi.
La rappresentazione delle perfette proporzioni del corpo umano non smise mai di attrarre pittori e scultori ma furono soprattutto Leonardo (si pensi al celebre disegno dell’uomo nudo inscritto in un cerchio), Raffaello e Michelangelo a raggiungere nelle loro figure i prototipi di perfezione maschile e femminile.
Lo straordinario sviluppo delle arti avvenne gradualmente e in numerosi centri politicamente e culturalmente autonomi (Rinascimento, cultura del). I primi maestri furono fiorentini: lo scultore Donatello, l’architetto Brunelleschi e il pittore Masaccio. Guardandosi l’un l’altro essi rivoluzionarono il linguaggio e lo stile delle tre arti principali lasciando un segno indelebile nella cultura fiorentina del tempo. Le innovazioni dei tre artisti furono presto riprese, anche se in modo del tutto personale, dai fiorentini Lorenzo Ghiberti, Beato Angelico, Filippo Lippi, Paolo Uccello e Andrea del Castagno.
Grazie alla protezione data alle arti da parte delle famiglie al potere, fiorirono altri centri artistici molto importanti. Tra i più significativi, Urbino dove Federico da Montefeltro chiamò a lavorare artisti fiamminghi, dalmati e italiani, tra i quali Piero della Francesca e Donato Bramante. Nella Rimini dei Malatesta operarono Leon Battista Alberti, Agostino di Duccio e lo stesso Piero della Francesca; nella Ferrara degli Este i pittori Cosmè Tura, Francesco del Cossa ed Ercole de Roberti.
Più a nord le principali capitali artistiche furono Padova, con lo Squarcione e Andrea Mantegna, Venezia con Giovanni Bellini, Milano con Bramante.
Al sud la Napoli Aragonese è un importante centro umanistico e artistico, ma è soprattutto Antonello da Messina ad aprire la cultura del Meridione alle conquiste del Rinascimento.
Se il Quattrocento è l’età dei centri e delle molteplici personalità artistiche, il nuovo secolo 16° si apre nel segno di poche e grandissime personalità che sembrano occupare tutta la scena italiana. Leonardo da Vinci tra Firenze e Milano, Michelangelo tra Firenze e Roma, Raffaello tra Urbino, Firenze e Roma, Tiziano a Venezia e Correggio a Parma, sono gli eroi della fase più matura del Rinascimento italiano, coloro i quali, in qualche modo, superano gli stili locali in favore di una visione davvero universale dell’arte.
Se osserviamo il celebre David di Donatello e lo confrontiamo con opere scultoree eseguite nel secolo precedente ciò che più colpisce è la sua straordinaria eleganza, l’attenzione che Donatello ha posto nel raffigurare il corpo del giovinetto, morbido ma allo stesso tempo eroico, l’importanza che ha dato all’armatura, al copricapo e alla spada, oggetti che fanno del giovane protagonista della storia cristiana un eroe antico, quasi una divinità greca. Lo sguardo malinconico della statua è uno straordinario tocco di psicologia da parte dell’artista.
Assai meno raffinati, anzi per certi versi brutali sono gli apostoli che Masaccio raffigura nella scena del Tributo della moneta, nella Cappella Brancacci nella chiesa del Carmine a Firenze. Qui il pittore ha volutamente eliminato ogni particolare superfluo per concentrarsi completamente sugli uomini, sui loro corpi e i loro gesti. Con pochissimi elementi, un edificio, dei tronchi d’albero e una riva, Masaccio riesce a farci percepire uno spazio in profondità e con pochissimi gesti una storia intera.
In modo molto simile Piero della Francesca, nel Battesimo di Cristo, raffigura i corpi e gli alberi con una estrema sintesi, quasi fossero pure forme geometriche disposte in uno spazio secondo principi matematici misteriosi. L’idea che ci comunica Piero della Francesca è quella di una estrema razionalità e di una divina armonia.
Proviamo a paragonare adesso il David di Donatello con quello di Michelangelo, eseguito più di cinquant’anni dopo. L’eroe di Michelangelo non è un malinconico fanciullo semidivino ma un uomo nel pieno delle sue forze, un atleta vittorioso; il David di Michelangelo esibisce la sua superiorità fisica, non quella morale, tanto da essere considerato ancora oggi un modello di bellezza maschile.
Fu invece Leonardo a lasciarci un modello di bellezza femminile con il celebre ritratto della Gioconda. Come nel David anche qui la donna esibisce, con il suo misterioso sorriso, tutto il compiacimento verso sé stessa, una soddisfazione che non deriva dalla lotta ma dalla piena armonia con l’universo naturale e sociale che la circonda. La Gioconda e il David sono i due campioni dell’uomo e della donna rinascimentali, felici di esistere nel mondo.
Tutta intellettuale è invece la vittoria che Raffaello rappresenta nella Stanza della Segnatura. Nella Scuola di Atene e nella Disputa del Sacramento egli riesce a conciliare infatti il sacro e il profano, la filosofia antica e la dottrina religiosa moderna attraverso una rappresentazione delle figure e dello spazio che è ancora erede della grande rivoluzione di Masaccio. Come per Piero della Francesca, in Raffaello spazio e figure sono costruiti uno in funzione dell’altra, fino a coincidere in un disegno grandioso che è immagine di quello divino. Questo equilibrio perfetto è il frutto più maturo del Rinascimento, un periodo destinato a interrompersi bruscamente come un sogno.
Basta mettere a confronto con queste opere citate il Giudizio universale di Michelangelo per rendersi conto che il Giudizio rappresenta la caduta degli eroi e allo stesso tempo la negazione dello spazio rinascimentali, la fine di quella fiducia nell’uomo, nella storia e nell’arte che avevano alimentato le conquiste del Quattrocento e del primo Cinquecento.