In psicologia, legame che unisce il bambino a chi si prende cura di lui. La teoria dell’a. fu formulata alla fine degli anni 1960 e la sua diffusione è legata soprattutto alle opere di J. Bowlby e alla numerosa serie di ricerche a esse ispirata. L’a. viene, in questa prospettiva, definito come una classe di comportamento, sia del bambino sia della madre, che hanno come scopo comune quello di raggiungere e/o mantenere la vicinanza reciproca. Questi comportamenti sono intesi come istintivi, in antitesi sia alle teorie psicanalitiche sia a quelle comportamentistiche (ipotizzando così che la motivazione sociale risultante nei comportamenti di a. sia una motivazione primaria). Appartengono quindi al corredo biologico della specie umana in funzione probabilmente di una ‘protezione dai predatori’ che, in termini di sopravvivenza della specie, riveste un’importanza almeno eguale alla nutrizione e alla riproduzione.
I due tipi principali di comportamento di a. sono quello di segnalazione (pianto, sorriso, vocalizzi, richiami, gesti), che ha per effetto di avvicinare la madre al bambino, e quello di accostamento (aggrapparsi, seguire, suzione per fini non alimentari), che ha per effetto di avvicinare il bambino alla madre. L’inizio del comportamento di a. si verifica nell’uomo generalmente fra i 4 e i 12 mesi, quando il bambino risponde in modo differenziato alla madre e tende a mantenere il contatto con lei. Successivamente (1-3 anni), quando lo sviluppo delle potenzialità psico-fisiche (psicomotricità, linguaggio ecc.) consente al bambino il distacco temporaneo dalla madre e la possibilità di ritrovarla, il comportamento di a. viene suscitato anche da altre circostanze (per es., il distacco incombente). Dopo i 3 anni, il panorama relazionale e affettivo si arricchisce e il bambino riesce a realizzare una gamma più vasta di rapporti interpersonali, il che porta a una diminuzione dell’a. verso i genitori.