Atti e comportamenti del datore di lavoro volti ad applicare a singoli lavoratori o gruppi di essi condizioni di lavoro diverse in ragione delle caratteristiche o delle opinioni degli stessi. La legislazione finalizzata a reprimere e prevenire tali comportamenti si è andata arricchendo nel tempo. Un primo nucleo di tutela è stato dato alla libertà dell’attività sindacale (Associazioni sindacali) e al diritto di sciopero. Gli art. 15 e 16 della l. 300/30 maggio 1970 (nota come Statuto dei Lavoratori) sanciscono il divieto di discriminazioni per motivi sindacali. A questa forma di tutela sono poi state assimilate le discriminazioni per motivi politici e religiosi, i divieti di discriminazione per ragioni di sesso, razza e lingua, e i divieti per handicap, età, orientamento sessuale, convinzioni personali. Il principio di non discriminazione si differenzia dal principio di eguaglianza, in quanto mira a reprimere ipotesi di disparità legate a specifici motivi vietati, e non, invece, a favorire l’applicazione di trattamenti uguali tra i lavoratori. La fattispecie degli atti oggetto di divieto di discriminazione contenuta nell’art. 15 è strutturata in modo aperto, nel senso che include nel divieto non solo degli atti specificamente indicati, quali quelli diretti a subordinare l’assunzione di un lavoratore alla sua adesione o mancata adesione a una associazione sindacale, e a licenziare o discriminare un lavoratore nell’assegnazione di qualifiche, mansioni, trasferimenti o provvedimenti disciplinari (Sanzioni disciplinari nel rapporto di lavoro privato) per le stesse ragioni. Accanto a questi divieti espressi, la norma vieta ogni altro atto o patto in grado di recare comunque pregiudizio ai lavoratori per gli stessi motivi. Tale formula copre qualsiasi provvedimento lesivo degli interessi del lavoratore. L’art. 16 disciplina i trattamenti oggetto del divieto, prevedendo che il datore di lavoro non può concedere trattamenti economici collettivi a carattere discriminatorio a uno o più lavoratori in ragione del loro comportamento sindacale (per es., premi a lavoratori che non aderiscono allo sciopero). Nei divieti contenuti negli art. 15 e 16 rientrano anche gli atti cosiddetti omissivi del datore di lavoro, consistenti in tutte quelle omissioni lesive dell’interesse del lavoratore e motivate dalla finalità discriminatoria (per es., mancata assunzione). Gli atti e i trattamenti discriminatori sono colpiti con la sanzione della nullità.
Sanzioni disciplinari nel rapporto di lavoro privato