Atto con cui un organo gerarchicamente superiore assume su di sé l’esercizio di funzioni spettante a un organo subordinato.
Nell’ambito del processo penale, tale potere è esercitato dal procuratore generale, il quale può sostituirsi al pubblico ministero nei seguenti casi (art. 372 c.p.p.): quando per l’astensione o l’incompatibilità del magistrato designato non sia possibile provvedere tempestivamente alla sua sostituzione; nell’ipotesi in cui il capo dell’ufficio del pubblico ministero abbia omesso di provvedere alla sostituzione del magistrato designato per le indagini in una situazione obiettiva di inerzia dell’ufficio della procura; quando il pubblico ministero non eserciti l’azione penale o non richieda l’archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice; infine nel caso di delitti di associazione con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico, e nelle ulteriori ipotesi introdotte dalla l. 292/1991. Il potere di avocazione spetta anche al procuratore nazionale antimafia nei casi indicati dalla legge.
Nel diritto amministrativo, il potere di a. che il d. legisl. 29/1993 concedeva al ministro è stato abrogato, in forza della riforma del pubblico impiego introdotta dal d. legisl. 165/2001 (art. 14, co. 3); il ministro può, esclusivamente in caso di inerzia, fissare un termine perentorio per l’adozione di atti o provvedimenti e, qualora tale inerzia permanga, nominare un commissario ad acta, dandone comunicazione al presidente del Consiglio. A differenza della sostituzione (➔), l’a. non richiede la presenza di requisiti ulteriori, quali l’inerzia del sostituito a emettere un atto vincolato nella sua emanazione e una diffida ad adempiere da parte dell’organo superiore.
Nel diritto canonico, facoltà propria della Santa Sede di avocare a sé una qualunque controversia in materia di diritto canonico, indipendentemente dallo stato e dal grado di giudizio in cui essa si trova e dalla volontà del fedele di deferire all’autorità della Santa Sede la vicenda per cui è causa. In caso la Santa Sede si avvalga di tale facoltà, il giudizio in corso viene sospeso per esser nuovamente istruito, totalmente o parzialmente, dalla stessa Sede Apostolica, la quale provvede a trattare la questione e a emetterne il relativo giudicato.