Tipico reato fallimentare, la bancarotta, può essere fraudolenta (art. 216 R.D. 16 marzo 1942, n. 267, c.d. legge fallimentare) o semplice (art. 217 l. fall.) a seconda che sia commessa con dolo o con colpa. Risponde del primo reato l’imprenditore dichiarato fallito che: a) prima o durante il fallimento abbia dolosamente distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni, ovvero abbia esposto o riconosciuto passività inesistenti al fine di arrecare danno ai creditori; b) prima del fallimento, sempre per arrecare danno ai creditori, abbia sottratto o falsificato anche parzialmente i libri e le altre scritture contabili o che li abbia tenuti in modo da non rendere possibile la ricostruzione dei movimenti contabili; c) nel corso della procedura fallimentare abbia eseguito pagamenti o simulato titoli di prelazione al fine di favorire alcuni creditori a danno di altri.
È punito per il secondo reato l’imprenditore dichiarato fallito che, fra le varie ipotesi, ha colposamente compiuto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica, che ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni imprudenti, che non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.