Accordo stipulato fra due parti, siano persone private, enti o Stati.
C. fallimentare Disciplinato dagli art. 124 e seg. legge fallimentare, consente di evitare le fasi di liquidazione dell’attivo e di ripartizione del ricavato. La proposta di c., che non prevede necessariamente il pagamento integrale dei creditori muniti di prelazione (art. 124), può essere presentata con ricorso al giudice delegato da uno o più creditori o anche da un terzo e può prevedere: la suddivisione in classi dei creditori; trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse; la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma. La proposta di c. deve essere approvata dai creditori muniti del diritto di voto ai sensi dell’art. 127. Per l’approvazione è richiesto il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Ove siano previste diversi classi di creditori il c. è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori ammessi al voto nelle classi medesime. Approvata la proposta, e in assenza di opposizioni, il tribunale verifica la regolarità formale della procedura e l’esito della votazione, quindi omologa il c. con decreto motivato non soggetto a reclamo. Qualora siano avanzate opposizioni, oppure la proposta di c. sia approvata soltanto dalla maggioranza delle classi e il proponente abbia presentato la richiesta di approvazione, il tribunale deve procedere all’approvazione del c. secondo le disposizioni di cui all’art. 26, co. 5-8, in quanto compatibili. Il decreto di omologazione è reclamabile con ricorso dinanzi alla corte di appello che decide in camera di consiglio con decreto motivato impugnabile in cassazione. Dopo l’omologazione il giudice delegato, il curatore e il comitato dei creditori ne sorvegliano l’adempimento secondo le modalità stabilite nello stesso decreto di omologazione. Il c. può essere risolto o annullato ex art. 137 e 138. C. preventivo Disciplinato dagli art. 160 e seg. legge fallimentare, consente all’imprenditore che si trova in uno stato di crisi (definizione in cui è ricompreso anche lo stato di insolvenza) di evitare il fallimento. La proposta di c. deve provenire dallo stesso imprenditore e può prevedere: la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma; l’attribuzione a un assuntore delle attività delle imprese interessate dalla proposta; la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei; trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse. Sulla domanda di c. deve pronunciarsi il tribunale il quale, verificate la completezza e la regolarità della documentazione, dichiara aperta la procedura con decreto non soggetto a reclamo, in cui delega un giudice alla procedura, ordina la convocazione dei creditori e nomina il commissario giudiziale. All’adunanza dei creditori davanti al giudice delegato, nella quale si deve procedere all’approvazione del c., segue il giudizio di omologazione di fronte al tribunale, che omologa il c. con decreto motivato se è stata raggiunta la maggioranza (art. 177, co. 1). Se sono state previste diverse classi di creditori il tribunale, riscontrata in ogni caso la maggioranza di cui all’art. 177, co. 1, può approvare il c. nonostante il dissenso di una o più classi di creditori, se la maggioranza delle classi ha approvato la proposta di c. e qualora ritenga che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano risultare soddisfatti dal c. in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili. Il provvedimento che omologa o respinge il c. è appellabile e la sentenza resa in sede di appello è ricorribile in cassazione. Il c. omologato può essere risolto o annullato ex art. 186.
Per il c. tributario ➔ accertamento.
I c. che hanno il rango di convenzioni internazionali sono accordi bilaterali stipulati tra la Santa Sede, in veste di soggetto di diritto internazionale, e i singoli Stati stipulanti, per provvedere alla regolamentazione generale della situazione giuridica della Chiesa in un determinato paese. Nei rapporti tra Chiesa e Stato il c. stabilisce le concessioni che ciascuno dei due poteri compie a favore dell’altro, rinunciando a pretese fondate esclusivamente sul diritto canonico o sul diritto statale. Oggetto del c. possono essere: questioni di carattere puramente religioso, questioni di natura temporale e questioni di carattere misto. Il c. obbliga solo le parti contraenti: per i fedeli il c. diviene obbligatorio a seguito della pubblicazione dello stesso negli Acta apostolicae Sedis, mentre per i cittadini dello Stato stipulante l’efficacia diviene obbligatoria solo quando il c. è trasfuso nelle leggi dello Stato stesso.
Per antonomasia il c. è quello dell’11 febbraio 1929 (rivisto nel 1984) tra la Chiesa e lo Stato italiano (➔ Lateranensi, Patti).
Fra i più importanti esempi storici di c., il C. di Worms (1122), che concluse la lotta per le investiture fra i papi e gli imperatori; quello fra Leone X e Francesco I (1516), per l’abolizione della Prammatica sanzione di Bourges (➔); quello fra Napoleone e Pio VII (1801), che pose termine al dissidio creato dalla Rivoluzione francese fra la Chiesa e lo Stato.
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