Denominazione di carattere etnico e linguistico derivata dalla Bibbia (discendenti di Cam, figlio di Noè, in riferimento alla tavola dei popoli del cap. 10° della Genesi), per indicare un insieme vasto ed eterogeneo di popolazioni africane, accomunate dalla pratica dell’allevamento e dalla presenza di gerarchie sociali definite. Si supponeva che questi gruppi fossero giunti dal Caucaso e avessero avuto un ruolo centrale nella civilizzazione e nella diffusione delle istituzioni politiche in buona parte dell’Africa. Per quanto concerne la regione dei Grandi laghi, tale ipotesi camitica è stata utilizzata ideologicamente nei tragici scenari di contrapposizione violenta fra contadini e pastori (per es., Hutu contro Tutsi).
Lingue camitiche Si suddividono in due grandi sottogruppi:
a) il libico-berbero, una volta esteso per tutta l’Africa settentrionale e di cui sopravvivono i dialetti berberi parlati in una larga ma discontinua zona dell’Africa settentrionale,
b) il cuscitico (➔ Cusciti), comprendente le lingue camitiche dell’Africa Orientale, dalle frontiere d’Egitto alle frontiere del territorio linguistico bantu, con l’Etiopia nel centro.
Al camitico appartengono numerosi linguaggi, parecchi dei quali sono tuttora mal conosciuti, o sconosciuti; controversa è la pertinenza a esso dell’antico egiziano e del copto. Caratteristiche comuni delle lingue camitiche sono: le radici nominali e verbali generalmente biconsonantiche, dalle quali vengono tratte altre formazioni grammaticali o lessicali con la reduplicazione del tema, o con la ripetizione d’una parte sola del tema; la distinzione dei generi non soltanto nei pronomi di 2a e 3a persona, ma talvolta anche in quelli di 1a persona; il genere femminile implicante il concetto di piccolezza e debolezza; il sostantivo privo di declinazione e con plurale formato mediante suffissi; in molti casi, il sistema di numerazione quinario.