CHILE
(X, p. 55; App. I, p. 409; II, I, p. 573; III, I, p. 361; IV, I, p. 420)
Ripartizione amministrativa. − Il riordinamento amministrativo del 1980 ha ridotto le 25 province precedenti a 12 regioni e un'area metropolitana. La nuova ripartizione ha lasciato pressoché intatte le province del Nord e del Sud, che sono diventate regioni, conservando quasi tutte denominazione ed estensione territoriale (Tarapacá, Antofagasta, Atacama, Coquimbo, Aisén del General Carlos Ibáñez del Campo, Magallanes y Antártica Chilena). In pratica, quindi, le 6 province periferiche, poco popolate, hanno conservato i loro capoluoghi con la sola eccezione di Aisén. Santiago ha perduto quasi 2000 km2 ed è diventata regione metropolitana della capitale, mentre le restanti 18 province sono state raggruppate a formare le altre 6 regioni, con la differenza che O'Higgins è rimasta quasi intatta, Valparaíso raggruppa Aconcagua, Valparaíso e parte di Santiago; Bíobío raggruppa Linares, Nubles, Concepción e Arauco, Maule le province di Colchagua, Curicó, Talca e Maule; La Araucanía comprende le province di Malleco e Cautín, Los Lagos quelle di Valdivia, Osorno, Llanquihue e buona parte di Chiloé.
Popolazione. − In poco più di 30 anni la popolazione cilena si è raddoppiata, passando da circa 6 milioni di abitanti nel 1952, a 8.784.820 nel 1970 e a oltre 12,7 milioni nel 1988. L'incremento demografico continua a rimanere su valori elevati, anche se di alcuni punti inferiore a quelli dell'America Meridionale, tanto che difficilmente lo sviluppo economico riesce a eguagliare il ritmo di crescita della popolazione e dei suoi bisogni.
Il difficile rapporto tra abitanti e risorse è la causa prima degli squilibri interni, territoriali e settoriali, e delle difficoltà di ordine assistenziale, sociale e occupazionale; la straordinaria espansione di Santiago, che accoglie nella sua area metropolitana il 40% della popolazione cilena, esaspera per alcuni versi la situazione tra capitale e resto dello stato e aggrava gli squilibri.
La nuova struttura amministrativa consente di fare confronti soltanto per grandi aree: nel Nord la popolazione complessiva è aumentata di oltre un quarto, nel Sud di un terzo, nel centro (inclusa l'area metropolitana) di oltre i due terzi, accrescendo di molto il peso economico e politico di questa parte del paese, com'è stato già sottolineato.
Le città hanno esercitato grande forza attrattiva, tanto che oltre l'80% della popolazione è considerata urbana: Santiago con la sua area di gravitazione ospita quasi 5 milioni di persone; le conurbazioni minori (Valparaíso-Viña del Mar con 530.000 ab.; Concepción-Talcahuano con 470.000 ab.) e altre città notevoli ne accolgono oltre 2,5 milioni. Se quelle maggiori hanno registrato in genere le più considerevoli crescite demografiche, si contano varie città minori (San Bernardo, Punta Arenas, Chillán, Calama, Puente Alto) che hanno subito aumenti percentuali molto elevati. Alcune di esse hanno raddoppiato la popolazione in un decennio, polarizzando funzioni e domanda di servizi.
Condizioni economiche. − I dati statistici indicano un sensibile aumento della superficie agraria, passata in un decennio dal 6 al 7,4% del territorio nazionale, con un incremento di un milione di ha di terra coltivata, in parte ai danni di prati e pascoli. Ma l'incremento della produttività agricola è soprattutto legato all'esecuzione di opere idrauliche, ai miglioramenti colturali, alle selezioni di sementi e alla razionalizzazione delle colture. Tra i cereali, un posto di rilievo spetta al frumento (17,6 milioni di q), al mais, la cui produzione si è all'incirca raddoppiata in un decennio (9,9 milioni di q), e al riso (1,8 milioni di q), che ha raddoppiato la superficie e triplicato la produzione. La vite invece ha perduto in superficie e produzione, anche se il C. continua a rimanere il secondo produttore di vino dell'America Meridionale. Tra le colture legnose una crescente importanza hanno gli alberi da frutta e gli agrumi, che trovano nel C. centrale condizioni favorevoli al loro sviluppo. La produzione degli agrumi è aumentata notevolmente nell'ultimo dcennio (arance, 700.000 q; limoni 500.000 q), così come quella delle mele, pere e pesche. La frutta fresca è una voce importante fra le esportazioni del paese.
L'attività zootecnica è stazionaria, con lievi incrementi per i bovini, e parte dei prodotti alimentano buone correnti di esportazione. Notevole impulso ha avuto la pesca: il C. è riuscito in pochi anni ad armare una flottiglia peschereccia capace di contendere agli Stati Uniti il primato del pescato tra i paesi americani e di occupare con questi il quarto posto, dopo Giappone, Unione Sovietica e Cina, tra i grandi produttori di pesce. La produzione cilena si è raddoppiata più volte in un decennio (0,7 milioni t nel 1973, 4,8 nel 1987) e rappresenta una base alimentare per la popolazione e per il bestiame, e una materia prima per l'industria di trasformazione.
Le risorse minerarie hanno rappresentato sempre le principali voci dell'economia cilena e hanno contribuito anche negli ultimi anni a risollevare il paese dalla crisi. Le fonti energetiche provengono soprattutto dalla Terra del Fuoco: carbone e lignite nelle regioni meridionali; petrolio a Cerro Manantiales, avviato per oleodotto prima a Caleta Clarencia e di qui al terminale di Talcahuano; gas naturale, 5 miliardi di m3 a Pampa Larga, Punta Delgada, Chanarcillo e altrove; l'energia elettrica è in forte aumento (9 miliardi di kWh nel 1973; 15,6 nel 1987, di cui quasi i quattro quinti idrici) grazie ai nuovi impianti idroelettrici. Tali fonti energetiche sono tutte destinate ai consumi interni. Il C. possiede inoltre vastissimi giacimenti di minerali metalliferi.
Tra questi assume rilevanza il rame, la cui estrazione, raddoppiata in un decennio, pone il C. al primo posto nel mondo per la produzione delle miniere (1,4 milioni di t) e al quarto per quella delle fonderie (1 milione di t): il rame costituisce la principale voce delle esportazioni e contribuisce con il 50% al valore complessivo. Altri minerali la cui produzione è in aumento sono molibdeno (16.700 t nel 1987), oro (22.700 kg nel 1988) e argento (506.500 kg nel 1988), e contribuiscono a equilibrare la bilancia dei pagamenti. Più stazionarie, ma ugualmente importanti per lo sviluppo industriale e per l'economia cilena, sono le produzioni di ferro, piombo, zinco, vanadio, titanio, manganese, nitrati, sale, guano e sali potassici.
L'attività industriale riguarda in particolare le raffinerie di petrolio a Talcahuano e a Valparaíso, gli stabilimenti siderurgici a Concepción, Talcahuano e altrove, che fra l'altro alimentano i cantieri navali a Valdivia, la lavorazione di nitrati e rame ad Antofagasta, il settore alimentare, con gli impianti più notevoli nella valle centrale (Santiago), ove si trovano anche altre industrie, dalla chimica all'elettronica, alle cartiere, ai materiali da costruzione. Né va trascurato il montaggio di autoveicoli ad Arica, porto che è al servizio non solo del C., ma anche della Bolivia, di cui è principale sbocco sul Pacifico e porto franco.
Comunicazioni e commercio estero. − Le comunicazioni terrestri si svolgono soprattutto lungo il solco centrale, dove corrono la ferrovia e la Panamericana (3369 km), che mandano pochi rami verso la costa o le Ande. Una notevole importanza hanno anche i trasporti marittimi (petrolio, carbone, legname, minerali) e aerei. Il forte aumento degli autoveicoli (738.000 nel 1987), raddoppiatisi in un decennio, è un'altra testimonianza del progresso compiuto.
La bilancia commerciale, che per anni aveva registrato un sensibile deficit tra esportazioni e importazioni, dal 1982 è costantemente attiva; si aggiungono le entrate derivate dal turismo, fortemente stimolato negli ultimi anni.
Bibl.: Chile. A country study, a cura di A. T. Merril, Washington 1982; M. E. Chonchol, Créativités coopératives et auto-développement planifié. Expériences chiliennes en réforme agraire 1967-1973, in Communautés, 1982, pp. 51-64; Actas. Taller nacional de geografía urbana, Valparaíso 1984; G. Corna Pellegrini, L'America Latina, Torino 1987.
Storia. - Il regime instaurato nel 1973, pur disponendo di un certo consenso da parte di alcuni settori sociali che si erano opposti al governo di Unità Popolare, non fu in grado di sviluppare un'ideologia che canalizzasse il sostegno di strati ampi e diversificati della società civile. Sul piano della politica economica, dopo una breve fase di gradualismo che durò fino al 1975, la dittatura militare adottò il cosiddetto ''trattamento di shock'', raccomandato dall'economista statunitense M. Friedman e dalla scuola di Chicago.
La manovra neoliberista e monetarista può essere sinteticamente riassunta in alcuni punti: reinserimento nel mercato mondiale e internazionalizzazione dell'economia, ritorno alla vocazione esportatrice privilegiando il settore primario, apertura al capitale estero con una serie di misure ad esso favorevoli (compresa la liberalizzazione del trasferimento dei profitti), drastica riduzione della spesa pubblica anche sociale e smantellamento della presenza statale nella produzione, con passaggio delle imprese pubbliche ai privati, diminuzione della base monetaria, contenimento salariale, libertà di prezzi e di licenziamento.
I successi di questa terapia d'urto si dimostrarono tutto sommato modesti, anche a causa della crisi economica che colpì il C. fra il 1981 e il 1985, legata all'instabilità dei mercati internazionali. La manovra antinflazionista ebbe effetti recessivi; l'apertura al capitale straniero e l'internazionalizzazione provocarono la chiusura di molte piccole e medie aziende e il trasferimento di capitali dal settore industriale a quello finanziario e d'esportazione. Il debito estero aumentò consistentemente, mentre diminuiva il tasso d'investimento interno. La conseguente erosione delle basi di consenso del regime coinvolse anche i ceti medi, penalizzati dalla privatizzazione dell'istruzione, dell'assistenza sanitaria e della previdenza.
Particolarmente colpiti furono i settori popolari, con l'aumento del tasso di disoccupazione fino a punte del 30% in alcuni anni e la riduzione dei salari reali del 20%; deciso, invece, era l'appoggio al regime da parte dei proprietari terrieri, che insieme alle aziende capitaliste rientrarono in possesso di oltre un terzo delle terre assegnate ai contadini durante il governo di Unità Popolare (UP). La riforma agraria fu smantellata e il movimento contadino represso, così come quello sindacale. Soppressi la Central Unica de Trabajadores (CUT), i tribunali del lavoro e la contrattazione collettiva, proibita l'elezione di delegati e dirigenti sindacali (nominati invece dalle autorità), le organizzazioni dei lavoratori videro drasticamente ridotte le loro funzioni: impedite di negoziare, subirono il divieto di federarsi a livello nazionale, mentre lo sciopero diventava praticamente impossibile. L'atteggiamento repressivo del governo spinse a forme di boicottaggio non solo i sindacati europei ma anche l'AFL-CIO statunitense, la cui pressione ottenne il risultato di far ripristinare le elezioni sindacali e la contrattazione collettiva. Il Piano del lavoro del 1978, tuttavia, consentì quest'ultima solo a livello di singola impresa, facilitando la frammentazione del movimento sindacale.
Sul piano propriamente politico, buona parte degli anni Settanta furono caratterizzati dalla progressiva personalizzazione del potere; A. Pinochet, al tempo stesso capo dello Stato e delle Forze Armate, rivolse a suo favore tutti i contrasti interni a queste ultime (come avvenne nel 1978 con l'allontanamento del generale G. Leigh, comandante dell'Aeronautica). Parallelamente si restringeva il campo del possibile dissenso: alla soppressione immediata dei partiti di sinistra fece seguito dapprima la sospensione (1973) e quindi lo scioglimento (1977) degli altri partiti. Con la creazione della DINA (División Nacional de Investigaciones) nel 1974 la repressione si fece più selettiva, colpendo anche i rifugiati all'estero (attentato all'esponente democristiano B. Leighton, omicidi del gen. C. Prats e di O. Latelier, ultimi due ministri della Difesa di S. Allende), mentre si verificava il distacco fra il governo e alcune sue basi d'appoggio (specie passivo) al momento del golpe: la Democrazia Cristiana, la Chiesa e alcuni dirigenti sindacali moderati. A tali fenomeni si accompagnava l'isolamento internazionale, esemplificato dalle condanne dell'ONU.
Le pressioni interne ed esterne costrinsero Pinochet ad attenuare l'intensità della repressione e a cercare d'istituzionalizzare il regime, dapprima con gli Atti costituzionali del 1976, poi con il Piano Chacarillas del 1977 (in cui si prospettava il passaggio delle consegne ai civili nel 1985) e infine con la Costituzione del 1980 che prevedeva il mantenimento del regime militare fino al 1989 (ma con la possibilità di prolungarsi sino al 1997 sotto la guida di Pinochet, ipotesi sottoposta a referendum nell'ottobre 1988) e quindi il passaggio a un regime autoritario civile con tutela delle Forze Armate, ripristino del Parlamento e limitazione dello spettro politico alle forze antimarxiste. Sottoposta lo stesso anno a referendum, il cui svolgimento fu caratterizzato da intimidazioni, violenze e brogli, la Costituzione ebbe il 67% di voti favorevoli, ma negli anni successivi Pinochet dovette affrontare una crescente mobilitazione popolare.
Per lungo tempo l'opposizione manifestò un'attesa quasi fideistica circa l'imminente crollo del regime. Durante i primi anni, le forze che facevano capo a UP cercarono essenzialmente di garantire la sopravvivenza dei militanti e della propria struttura organizzativa; il tentativo, soprattutto comunista, di creare un Fronte antifascista, cozzava contro la diffidenza della DC, delineatasi come maggiore partito d'opposizione, ma con possibilità alquanto ristrette. In questo quadro, la principale forza d'opposizione al governo militare era costituita dalla Chiesa, che offriva anche spazi organizzativi di protesta a partiti e movimenti. Il suo atteggiamento critico era particolarmente importante perché delegittimava un regime che si proclamava cristiano e perché le denunce sulle violazioni dei diritti umani e sulla politica economica raggiungevano settori che avevano avversato l'esperienza di UP.
Il referendum del 1980 colse l'opposizione alla sprovvista ma segnò una certa ripoliticizzazione e un mutamento del quadro di alleanze. La sconfitta acuì il processo di divisione socialista, iniziato nel 1979, che portò alla creazione di due tronconi − uno schierato su posizioni riformiste e con accenti più nazionalisti, l'altro classicamente marxista e più vicino al partito socialista di UP − riunitisi per motivi strategici solo nel 1988. Il dibattito apertosi nella DC condusse a una maggiore flessibilità circa le ipotesi di alleanze con le forze di sinistra; il PC, viceversa, abbandonò la strategia gradualista per sposare altre forme di lotta, compresa quella insurrezionale che sin dall'inizio era stata promossa dal MIR, il movimento della sinistra rivoluzionaria.
Ricominciarono intanto a farsi sentire le voci di dissenso della società civile: i movimenti delle poblaciones (quartieri poveri simili a bidonvilles), la federazione studentesca e il movimento sindacale, che cercava di superare l'ambito aziendale cui l'aveva confinato il regime, rivitalizzando le federazioni e giungendo alla creazione di una specie di confederazione. Alla prima protesta nel maggio 1983 seguì un triennio di grandi manifestazioni, barricate e scontri con le forze dell'ordine e le truppe.
Le agitazioni diedero nuova linfa ai partiti, che cercavano di riprendere l'iniziativa politica: la formazione di alleanze politico-ideologiche, se aveva il vantaggio di superare la frammentazione preesistente, non era però accompagnata dalla formulazione di una chiara strategia circa il processo di transizione dalla dittatura alla democrazia. A partire dal 1983 si costituirono l'Alleanza Democratica (AD: piccoli gruppi di destra, DC, radicali, un troncone socialista e altri partiti minori), il Blocco Socialista (lo stesso troncone socialista più il MAPU − Movimiento de Acción Popular Unitaria − e la sinistra cristiana) e il Movimento Democratico Popolare (MDP: il PC, l'altro troncone socialista, il MIR e gruppi di sinistra). Nel giro di pochi mesi AD perse la componente di sinistra e il Blocco si sciolse, mentre (1987) il MDP si trasformò in Sinistra Unita incorporando la Sinistra Cristiana e il MAPU. Nel 1985 un altro tentativo di raggruppamento dell'opposizione veniva realizzato per iniziativa della Chiesa: l'Accordo Nazionale, comprendente anche partiti di destra, ma che escludeva il PC.
Malgrado la ridotta progettualità e la scarsa efficacia della loro azione, i partiti iniziarono a rinnovare i quadri dirigenti e, nella sinistra, a rivalutare la democrazia borghese e a discutere sull'esperienza di Unità Popolare. Tuttavia ciò non eliminava le difficoltà di raccordo con i movimenti sociali, che in parte esprimevano nuove esigenze e vedevano la presenza di una giovane generazione di militanti formatasi durante la dittatura e spesso poco sensibile alle motivazioni ideologiche. La mancanza di strategie fece sì che il clima di mobilitazione si consumasse senza risultati apprezzabili, allontanando fra l'altro settori di ceti medi timorosi delle forme più radicali di lotta. L'ultimo tentativo di saldare agitazione politica e sociale avvenne nel 1986 attraverso la Asamblea de la civilidad (comprensiva anche dei comunisti) che mostrò grande capacità di mobilitazione e promosse uno sciopero nazionale. A metà dello stesso anno, tuttavia, la scoperta di alcuni depositi di armi e un attentato a Pinochet attribuito al Fronte Manuel Rodriguez (legato al PC) determinavano la proclamazione dello stato d'assedio e una stasi delle agitazioni.
A partire dal 1986, il miglior andamento dell'economia consentì una ripresa d'iniziativa da parte del governo: l'opposizione cessò di ritenere ineluttabile il crollo del regime e finì per accettare il terreno di lotta imposto da Pinochet, ossia il referendum circa la permanenza di quest'ultimo al potere fino al 1997. Si formarono Comitati elettorali, i partiti (10 di destra e 16 di centro e di sinistra) diedero vita alla Concertación por la democracia, invitando (con l'adesione tardiva e riluttante del PC) i cittadini a iscriversi nei registri elettorali, e si giunse a un accordo per la vittoria del no isolando i gruppi armati. Malgrado la pressione esercitata con tutti i mezzi dal governo, il referendum del 5 ottobre 1988 vide la sconfitta di Pinochet (43% di voti favorevoli, 54,7% contrari e 2,3% di voti bianchi).
Di fronte alla prospettiva del ritorno a un regime civile, Pinochet fece varare una legislazione elettorale che abbandonava il sistema proporzionale e penalizzava fortemente le forze d'opposizione, impedendo ad esse di avere un numero di seggi pari alla quantità di voti ottenuti. Le elezioni parlamentari del dicembre 1989 videro infatti la vittoria della Democrazia Cristiana, all'interno della Concertación por la democracia, ma il gruppo più rappresentativo della destra, Renovación Nacional, ottenne la seconda posizione in numero di seggi. I meccanismi elettorali danneggiarono soprattutto la sinistra, che con la vecchia legislazione sarebbe riuscita a conquistare il 30% della rappresentanza parlamentare. Particolarmente grave fu il tracollo dell'estrema sinistra.
Alla stessa data si tennero le elezioni presidenziali, vinte con il 53% dei suffragi dal candidato unico presentato dall'opposizione, il democristiano P. Aylwin, che era stato irriducibile oppositore di Allende e aveva appoggiato il golpe del 1973. Aylwin si è insediato alla presidenza nel marzo del 1990, in un clima di entusiasmo e speranze, ma quando le divisioni interne al fronte democratico, manifestatesi già in occasione delle elezioni parlamentari, erano diventate più acute. Il ritorno alla democrazia è caratterizzato da una serie di incognite e di ostacoli, che si aggiungono al netto predominio, in parlamento, della vecchia generazione politica pre-1973. Va innanzitutto registrata la difficoltà di intaccare la continuità istituzionale ereditata dal regime di Pinochet, il quale aveva fatto approvare una legge di amnistia preventiva per i crimini commessi durante la dittatura e l'inamovibilità dei vertici dei principali enti pubblici e dei comandanti delle Forze Armate, fra cui Pinochet stesso, che è rimasto a capo dell'Esercito. Più in generale, la fase che si è inaugurata nel marzo 1990 potrebbe essere definita di ''democrazia protetta''. A questo proposito è bene ricordare che il quorum fissato dalla Costituzione del 1980 per realizzare riforme costituzionali è talmente elevato e la rappresentanza delle destre in parlamento così forte che esse potranno venire effettuate solo attraverso negoziazioni con gli ex-partigiani di Pinochet.
Un ruolo significativo ricopre la Chiesa, che si è proposta come l'istituzione con maggiore capacità aggregante e di legittimazione anche se in ambiti non strettamente politici. Uno scoglio arduo, come dimostra l'esperienza di altri paesi latinoamericani, risiede infine nella possibilità di dare risposta alle istanze che provengono dalla società civile, per impedire che la conquista della democrazia si traduca immediatamente in crisi di rappresentatività dei partiti e delle istituzioni.
Bibl.: Chile: liberalismo económico y dictadura política, a cura di S. Bitar, Lima 1980; G. Campero, J. A. Valenzuela, El movimiento sindical chileno en el capitalismo autoritário, Santiago 1984; M. Ladrón de Guevara, Y va a caer, ivi 1986; CLACSOILET, Los movimientos sociales y la lucha democrática en Chile, ivi 1986; J. e A. Valenzuela, Military rule in Chile, Baltimora 1986; Autoritarismo e democrazia in Cile, a cura di A. Cuevas, Roma 1987; M. A. Garretón, Reconstituir la política, Santiago 1987; G. Martner, Chile hacia el 2.000, ivi 1988; Dossier Cile, a cura di M. R. Stabili, in Latinoamerica 30, 1988.
Letteratura. - Il colpo di stato del 1973 segna, anche dal punto di vista letterario, un profondo squilibrio tra la ricca produzione che lo ha preceduto e quella successiva, che deve fare i conti con la forte repressione culturale responsabile di una limitata crescita intellettuale all'interno del paese. A questo va aggiunto l'impressionante esodo degli scrittori, fenomeno che, oltre a impedire di tracciare un quadro unitario della letteratura cilena degli ultimi venti anni, produce una divisione geografica, presente ancora oggi malgrado gli ultimi sviluppi politici, tra quegli intellettuali che hanno scelto o sono stati costretti ad abbandonare il paese e gli scrittori rimasti in patria. Tra i primi ha continuato a produrre con uguale intensità J. Donoso, senza dubbio lo scrittore cileno di maggior rilievo degli ultimi anni.
Con Tres novelitas burguesas (1977), l'analisi della società degradata, già apparsa con toni grotteschi nel Obsceno pájaro de la noche (1970; trad. it., 1973), passa attraverso il filtro dell'umorismo e dell'ironia. Nel 1978, Donoso pubblica Casa de campo (trad. it., Marulanda. La dimora di campagna, 1985), romanzo dalla struttura perfetta, in cui le tematiche care allo scrittore − la casa, la famiglia, la trasgressione dell'ordine − ritornano con la stessa ossessione in un universo poetico fantastico, equivoco ed enigmatico, dove, tutto sommato, la realtà è molto più presente di quanto non appaia. In El jardín de al lado (1981), Donoso costruisce una dolorosa metafora dell'esilio e della dura esperienza dell'intellettuale latinoamericano sradicato dalla propria terra, non del tutto priva di elementi autobiografici. Di Donoso è stato tradotto in italiano anche un saggio di notevole rilevanza: Storia personale del boom (1974). Fra i suoi ultimi titoli segnaliamo La desesperanza (1986; trad. it., La disperanza, 1987).
Tra gli scrittori più giovani che hanno pubblicato dall'esilio ricordiamo inoltre: A. Skármeta (n. 1940), autore di racconti, che ha pubblicato il suo primo romanzo Soñé que la nieve ardía nel 1975 (trad. it., 1976) e nel 1977 No pasó nada (1977); P. Délano, autore anch'esso di racconti e romanzi, che in En este lugar sagrado (1977) attraverso i ricordi del protagonista arriva all'analisi delle ore immediatamente successive al colpo di stato. Analoghe riflessioni appaiono in Muerte en la costa (1973) di A. Dorfman. In altre occasioni la denuncia contro i militari viene espressa attraverso una sorta di letteratura saggistica (come nel caso di C. Cerda in Chile. La traición de los generales) o in ricordi autobiografici, per es., Tejas Verdes (1974) di H. Valdéz. Più conosciuto come saggista che come romanziere, anche F. Alegría ha legato negli ultimi anni il proprio nome a una narrativa di denuncia. Un caso a parte forse possono essere considerate le opere di J. Edwards (n. 1931), che con il romanzo Los convidados de piedra (1978) rievoca in modo tutto particolare la tragedia prodotta dal colpo di stato. Scrittore raffinato, che predilige tra le sue tematiche l'ambito urbano, Edwards ha pubblicato nel 1980 El museo de cera. Se il dramma nazionale e la denuncia costituiscono i temi centrali della scrittura dell'esilio, il ritorno all'infanzia e l'elusione della realtà rappresentano il Leitmotiv di molte opere della più recente generazione di scrittori rimasti in patria, come J. L. Rosasco, A. Couvé e C. Hunneus.
A partire dagli anni Settanta nessun poeta ha raggiunto la notorietà di un Neruda o di un Parra, anche se non vanno dimenticati poeti come O. Lara, O. Hahn, F. Schopf. Inoltre versi di un certo pregio sono emersi dai "talleres clandestinos de poesía"; il migliore esponente di questo sperimentalismo poetico è R. Zurita.
Il brusco cambiamento dovuto alla dittatura militare ha prodotto restrizioni e censure nelle attività teatrali del paese; l'atteggiameto di chiusura ha influito sulla drammaturgia, senza però significare un arresto totale di essa. Tra gli autori che hanno continuato a scrivere in esilio ricordiamo A. Sieveking (n. 1934), autore di Pequeños animales abatidos (1975), premio Casa de las Américas-Teatro 1975; S. Vodanovic (n. 1926), che nel 1978 ha pubblicato Cuántos años tiene un día; nello stesso anno M. A. de la Parra pubblica Lo crudo, lo cocido y lo podrido. Di quest'ultimo autore segnaliamo inoltre La secreta obscenidad de cada día e Infieles, ambedue del 1988.
Bibl.: Aproximaciones a la novelística chilena: 1970 hasta la época actual, in Revista interamericana de Bibliografía, 2 (1983), pp. 198-206; G. Bellini, Historia de la literatura hispanoamericana, Madrid 1985.
Arti figurative. - In C., negli anni Settanta, l'interesse dei nuovi artisti è rivolto all'Informale spagnolo, soprattutto a quello di A. Tápies, all'Action painting e alla Pop art statunitensi, nonché al Realismo argentino; esercita pure fascino il Realismo fantastico degli scrittori sudamericani.
Nell'ambito della pittura, le figure piatte e in un'aura metafisica emergono dall'opera di R. Opazo (n. 1935); anello tra realismo e iperrealismo è M. Venegas (1907-1979); fedelissimo iperrealista è J. Bendersky (n. 1922), e sulla stessa linea T. Daskam (n. 1934); il passaggio dall'Informale al Concettuale è rappresentato da F. Brugnoli (n. 1935) e da J. P. Langlois Vicuña (n. 1936, noto anche con il solo secondo cognome, Vicuña). Dagli Stati Uniti propongono un'arte basata sull'utilizzazione di mezzi tecnologici J. Downey (n. 1940), A. Siña (n. 1945), E. Castro Cid (n. 1937).
All'interno del C. alcune sperimentazioni d'avanguardia sono coinvolte nell'azione politica: audaci performance, video, fotografie, azioni di strada sono realizzati nell'intento di arrivare a sensibilizzare politicamente il pubblico.
Dopo la vittoria di Unidad Popular nel 1970, un'entusiastica adesione di artisti di ogni parte del mondo al governo socialista porta alla donazione di opere per costituire il Museo de la Solidaridad. A dirigere questa iniziativa è il critico d'arte brasiliano M. Pedrosa, esule in Chile. La diaspora creatasi con il colpo di stato del 1973 ha compromesso il progetto, ma con il nome di Museo de la Resistencia esso ha continuato a esistere in esilio, in attesa del ritorno alla democrazia.
Nel breve periodo di governo di Unidad Popular (1970-73) un Treno della cultura percorre il paese con un variopinto carico umano: pittori, letterati, ballerini, musicisti, cineasti, medici, politici, ecc.
Dalla fine degli anni Sessanta la tensione politica in C. ha prodotto singolari forme di comunicazione visiva, di cui alcune realizzate da anonimi e dilettanti, ma tuttavia da prendere in considerazione per la particolare realtà del paese. Una novità sorge durante la campagna elettorale con le brigate muraliste: gruppi di giovani contribuiscono alla propaganda di Unidad Popular scrivendo furtivamente sui muri il nome del suo leader, S. Allende. Dopo il trionfo elettorale dipingono, il 6 settembre 1970, il primo vero murale. Poi le brigate (Elmo Catalán, Ramona Parra, Inti Paredo) continuano a operare facendo sui muri pitture che inneggiano al socialismo, e denunciano i soprusi aderendo a campagne umanitarie. Con la dittatura militare si formano brigate operanti all'estero (Venceremos, Pablo Neruda, Brigada Internacional, Salvador Allende, ecc.). Un'altra espressione di protesta sono le arpilleras, ricami su supporti di piccolo formato con i quali si denunciano i misfatti della dittatura.
Dopo il golpe, sulla situazione artistica interna trapelano poche notizie, mentre all'estero gli esuli danno vita a manifestazioni atte a ricordare alla platea internazionale la situazione cilena. Nell'autunno del 1974 la Biennale di Venezia dedica uno spazio al C., in cui presenta la Mostra del manifesto cileno: manifesti stampati tra il 1970 e il 1974, alcuni disegnati da famosi artisti, riguardanti i fatti politici di quel periodo. Nel 1987, a Madrid, è stata organizzata la più grande manifestazione della cultura cilena all'estero, col titolo Chile vive.
Dal 1910 la principale istituzione per l'arte è il Museo Nacional de Bellas Artes, a Santiago. La Escuela de Bellas Artes dal 1929 è parte, insieme alla Escuela de Artes Aplicadas e al Conservatorio Nacional de Música, della Facultad de Ciencias y Artes Aplicadas che, dal 1948, prende il nome di Facultad de Bellas Artes. Dal 1936 i laureati ricevono il titolo universitario di Licenciado en Bellas Artes. Vedi tav. f.t.
Bibl.: M. Ivelic, G. Galaz, La pintura en Chile, desde la colonia hasta 1981, Valparaíso 1981.
Architettura. - L'ultimo trentennio di storia dell'architettura cilena riveste grande importanza essendo un periodo di tempo che abbraccia diversi e importanti avvenimenti. Gli anni Sessanta costituiscono infatti l'ultima tappa della maturazione di un'architettura moderna in Chile. Il periodo successivo, che va dal 1970 al 1979, è caratterizzato dal pluralismo degli stili e delle tendenze e dalla decadenza dell'architettura del decennio precedente, e giunge sino agli anni 1980-81, quando nel paese si verifica una grande attività edilizia che apre le porte a un periodo di ricerca delle radici e dell'identità nell'architettura cilena. Questa fase, sebbene delineatasi alcuni anni prima, ha preso consistenza soltanto in quest'ultimo arco di tempo (1982-90). Negli anni di ricerca si evidenziano in modo simultaneo quattro distinte correnti: la prima rappresenta una continuazione dell'architettura moderna razionalista, la seconda è caratterizzata dall'architettura postmoderna, la terza dal neocolonialismo, mentre la quarta tende a scoprire un'architettura veramente cilena, rispettosa del contesto locale, che si avvale degli attuali progressi tecnologici, senza dimenticare virtù ed errori del movimento razionalista.
Gli anni Sessanta costituiscono una delle fasi più interessanti, essendo al culmine di un ciclo di 25 anni (1945-70), e si caratterizzano per uno stile internazionale, in cui gli architetti propongono come caratteristica formale un concetto generalizzato d'espressione, che ricerca la purezza del volume, la geometrizzazione e la funzionalità. Il linguaggio di questo stile è totalmente razionalista, derivato dall'influsso dell'International Style, sviluppatosi nel secondo dopoguerra in Europa e negli USA.
Tra gli architetti e le loro opere più significative si possono ricordare Martín e Gabriel Guarda col Monastero Benedettino (Santiago, 1963), caratterizzato da un interessante dominio della luce negli interni e da una grande espressività volumetrica all'esterno; gli architetti C. Bresciani, H. Valdés, F. Castillo e C. G. Huidobro, autori dell'unità di abitazione Portales (Santiago, 1963), contrassegnata da un linguaggio neo-espressionista e da una grande coerenza con i loro principi di programma, di composizione e di tecnologia. Si ricorda inoltre l'architetto E. Duhart con l'edificio della Comisión Económica para América Latina (Santiago, 1966), dotato di una struttura perimetrale esterna e di una libera disposizione dei volumi interni. In questa fase, infine, è da segnalare una vasta produzione di opere che tecnologicamente si caratterizzano per l'uso abbondante di strutture in cemento come il Complesso Torri di Tajamar (Santiago, 1967), caratterizzato dall'uso di cemento a vista, ''tetto giardino'' e ponti di passaggio sopraelevati.
Negli anni Settanta ha inizio un periodo di pluralismo e di decadenza dell'architettura moderna in C., fenomeno questo preannunciato già da tempo. L'architettura di questo periodo infatti è contraddistinta da grande eterogeneità, da scarsa continuità tra le diverse opere e dalla ricerca di un fine più economico che artistico. Si registrano tuttavia i casi isolati di alcuni architetti, che, pur essendosi formati nelle scuole del movimento moderno e avendone vissuto e compreso la crisi, hanno fatto interessanti nuove proposte. L'architetto F. Castillo, per es., nell'ambito dell'architettura comunitaria crea opere come Quinta Michita (Santiago, 1974) e Casas entre medianeros (Santiago, 1977), in cui mostra, in un linguaggio organico, quasi romantico, un complesso immerso nel verde, con una organizzazione delle singole case a formare uno spazio unitario. È dunque evidente che in questo periodo, accanto a una decadenza, c'è anche un ripensamento e una ricerca.
Il decennio sfocia negli anni di grande sviluppo dell'industria delle costruzioni in C. (1980-81), che è una conseguenza logica del momento appena descritto e delle contingenti condizioni socio-economiche del paese. Le caratteristiche fondamentali di questo periodo sono l'ostentazione di materiali di pregio e la profusione di immagini straniere, il che ha come logica conseguenza il perseguire uno scopo prettamente economico. Il breve momento di boom delle costruzioni edilizie ha l'importanza di segnare la fine del processo di involuzione e decadenza dell'architettura moderna in C. e di aprire un periodo di ricerca (1982-90), che pur emergendo già da alcuni anni si consolida proprio in questo momento di grande complessità.
Le correnti principali di questi anni sono quattro: la prima è una continuazione dell'architettura moderna razionalista, a cui alcuni architetti, formatisi in quella scuola, sono ancora fedeli con le loro opere (pur essendo in numero esiguo, essi sono a tutt'oggi presenti nel paese).
Alla seconda, la corrente postmoderna, si rifanno un maggior numero di opere e di seguaci, che appartengono generalmente alla giovane generazione. Questa tendenza, che ha invaso il C., provenendo dall'Europa e soprattutto dagli USA, concepisce il postmodernismo soltanto come una serie di utilizzazioni di elementi tipici dell'architettura del passato; questi anziché essere reinterpretati coerentemente, operando una vera astrazione, vengono soltanto semplificati e adoperati in modo banale. Tutto questo si unisce alla concezione quasi sempre restrittiva dell'uso del mattone come unico materiale di rivestimento.
La terza corrente, che in parte deriva dalla precedente, è il cosiddetto neocolonialismo. Essa è presente principalmente nell'architettura di ville di prestigio, sorte nelle periferie eleganti delle diverse città cilene e negli edifici di servizio dei nuovi complessi. Il neocolonialismo viene tratto da un'architettura nettamente cilena, poiché si serve di un gran numero di elementi architettonici del passato, usandoli però in modo eccessivo e senza tener conto né dell'impianto strutturale e del significato di questi, né del nuovo rapporto con i materiali moderni e generando come risultato un'architettura che persegue un'immagine di ''status'', e, ancora una volta, un fine commerciale.
La quarta e ultima corrente tende a scoprire un'architettura nazionale attraverso l'analisi dei propri valori e del loro rapporto con quelli internazionali e ricercando in profondità il vero modo di fare architettura in Chile.
Questa ricerca si fonda sul rigoroso rispetto del contesto sia in microscala che nella dimensione geografica e territoriale. Essa non nega il movimento moderno ma al contrario lo considera vivo, diverso, non dimenticando le sue aporie e nemmeno i suoi meriti, che sviluppa indirizzandoli a concepire un'architettura cilena coerente con tutte le innovazioni tecnologiche e aderente a un preciso momento storico. A tale corrente appartengono alcune interessanti opere di questi ultimi anni, realizzate dagli architetti M. Recodón e A. Sartori, come la Casa en la ladera de los Andes, in Santa Maria di Manquehue (Santiago), e la Casa Glasinovic, nella stessa città, che rispondono pienamente alle premesse di questa tendenza.
Nell'ambito urbanistico, durante il trentennio 1960-90 vengono rispettate le regole del movimento moderno razionalista internazionale, sulla base delle idee di Le Corbusier espresse, per es., nel Plan Voisin (Parigi, 1925). Nel periodo 1970-90, questi concetti cominciano a indirizzarsi alla ricerca costante di un'urbanistica più a misura d'uomo, in forma vernacolare e organica, senza trascurare la pianificazione urbana e territoriale, ma potenziando in modo speciale la progettazione della media e microscala. Vedi tav. f. t.
Bibl.: S. Giedion, Spazio, tempo ed architettura, trad. it., Milano 1975; Revista del Colegio de Arquitectos de Chile C.A., 36 (1983); R. Gutiérrez, Arquitectura y Urbanismo en Iberoamérica, Madrid 1983; D. Bayón, Historia del Arte Hispanoamericano, vol. 3, Siglos XIX y XX, ivi 1988.
Musica. - Con la creazione, nel 1929, della Facultad de Bellas Artes presso la Universidad de Chile, ebbe inizio un vero e proprio processo di consolidamento istituzionale nella vita musicale cilena, che si estese nell'arco degli anni Trenta.
La sezione musicale della facoltà, che a partire dal 1949 si costituì autonomamente come Facultad de Cencias y Artes Musicales, svolse da subito, sotto la direzione di D. Santa Cruz (1931-53), una concreta opera di rinnovamento: furono per es. riformati i piani di studio del Conservatorio Nacional de Música, indetti concorsi di composizione per musicisti cileni; si curò l'edizione delle opere di questi ultimi, la programmazione della radiodiffusione musicale e l'organizzazione della vita concertistica; vennero infine fondate diverse riviste specializzate, fra cui la importante Revista Musical Chilena (1945).
Nel 1931 fu istituita la Asociación Nacional de Conciertos Sinfónicos, che dispose di un complesso orchestrale nazionale con una sede stabile per l'attività concertistica. Interrotte le attività nel 1938, l'Asociación svolse comunque un ruolo di sensibilizzazione notevole degli ambienti musicali della capitale e delle principali città del centro e del sud del paese. Nel 1936 P. H. Allende fu nominato presidente della neonata Asociación Nacional de Compositores de Chile. Nel 1940 D. Santa Cruz, assieme a G. Echenique, A. Carvajal, B. Claro e F. Duran, fu tra i promotori dell'Instituto de Extensión Musical, una delle massime istituzioni culturali del paese e una delle più importanti dell'America Latina. All'Instituto, che passò ben presto sotto la sovraintendenza dell'Universidad de Chile (1942), si devono le più importanti iniziative sul piano istituzionale verificatesi nel corso degli anni Quaranta.
Si ricorderà l'istituzione dell'Orquesta sinfónica de Chile (1941), quella del Ballet nacional chileno (1945) e del Coro de la Universidad de Chile (1945) e di numerosi complessi da camera; nonché l'organizzazione di manifestazioni concertistiche di livello internazionale, e l'istituzione di concorsi di composizione, rivolti particolarmente alla produzione nazionale, come i Festivals bienales de música chilena (1948), e la costituzione di una giuria permanente di un Premio per l'Opera.
La ricerca musicale fu avviata in modo sistematico a partire dal 1943 con la creazione dell'Instituto de Investigaciones Folklóricas, da cui ebbe origine nel 1947 l'Instituto de Investigaciones Musicales: ad esso si deve una serie di studi di fama internazionale sulla storia della musica cilena, con particolare riguardo al recupero e alla tutela della tradizione folkloristica e della musica aborigena. Sotto il controllo della Universidad de Chile, oltre a quest'ultimo, rientrano anche altri organismi musicali di rilievo, come la sezione dell'Instituto Interamericano de Educación Musical (INTEM), l'Instituto de Estudios Secondarios, e il Departamento de Artes de la Representación, cui fa capo il Teatro Nacional Chileno. Centri universitari importanti per l'insegnamento musicale, e altre istituzioni musicali di notevole rilievo, sorte tra gli anni Cinquanta e Sessanta, sono presenti, oltre che a Santiago, in molte altre città come Concepción, Valdivia, Valparaíso, La Serena e Antofagasta.
Durante tutta la prima metà del secolo furono attivi in C. compositori improntati al nazionalismo musicale − tra i quali occorre ricordare P. H. Allende (1885-1959) e C. Isamitt Alarcon (1887-1974) − e al post-romanticismo, come A. Leng Haygus (1884-1974) ed E. Soro Barriga (1884-1954). Alla tendenza impressionista si sono ispirati invece P. Bisquertt Prado (1881-1959), J. Urrutia Blondel (n. 1905) e P. Garrido Vargas (1905-1982). Tra le più significative figure della seconda metà del secolo da ricordare alcuni compositori della scuola neoclassica, come D. Santa Cruz (n. 1899) e J. Orrego Salas (n. 1919). Della generazione emersa negli ultimi anni Quaranta, maggiormente sensibile all'influenza delle nuove tecniche compositive, si ricordano in particolare G. Becerra Schmidt (n. 1925), L. Schidlowsky (n. 1931), direttore nel 1957 del gruppo avanguardista Agrupación Tonus, e F. García (n. 1930).
Un più spiccato sperimentalismo si ritrova invece in compositori come J. Amenábar Ruiz (n. 1922), autore prevalentemente di musica elettronica, M. Aguilar Ahumada (n. 1931), che introduce nelle sue composizioni procedimenti aleatori combinati con suoni elettronici, J. V. Asuar (n. 1933), che ha frequentato i corsi estivi di Darmstadt, studiando con Boulez, Stockhausen, Maderna e Ligeti (1960), e quelli di musica elettronica all'università di Buffalo (1970), e ancora nell'opera di compositori della generazione più giovane, come M. Letelier Valdes (n. 1939), autore nel 1976 di Instantes e Fantasia, ed H. Ramirez Avila (n. 1941), auore nel 1972 di un Concierto para piano y orquesta.
Bibl.: R. Escobar, Musicos sin pasado. Composición y compositores de Chile, Santiago 1971; Universidad de Chile. Santiago, Cultura chilena, ivi 1977, pp. 254-63; G. Behague, Music in Latin America: an introduction, Englewood Cliffs 1979.
Cinema. - Il cinema fa il suo ingresso in C. nel 1896, ma soltanto molti anni più tardi (1910) si ha la prima produzione di fiction: Manuel Rodriguez di A. Urzua Rosas. Un ritardo che sarà colmato dalla quantità di film che si realizzeranno da questa data in poi.
Degli anni del muto non restano purtroppo testimonianze, se non El husar de la muerte (1925); un giudizio sulla qualità delle opere lo si può desumere quindi indirettamente dalla produzione seguente che non brilla come qualità. Si può dire infatti che il cinema cileno vegeti fino alla fine degli anni Cinquanta. Gli schemi seguiti sono quelli del cinema di genere, il più stereotipato possibile, che non attinge la minima linfa dalla cultura nazionale. Questo stato raggiunge il culmine negativo negli anni Quaranta, quando i film realizzati in C. recano spesso la firma di registi argentini.
Il rinnovamento viene dai fermenti politici che serpeggiano tra gli intellettuali cileni a partire dai primissimi anni Sessanta. Molti cineasti provengono dagli ambienti universitari, ed è proprio l'università, attraverso la sezione di cinema sperimentale, a produrre i primi significativi documenti filmati. La produzione di questi anni è improntata alla lotta, alla militanza politica: alcuni film sostengono apertamente S. Allende. Pur con sfumature e risultati diversi, le opere di S. Bravo, C. Flores, M. Littin, H. Soto, R. Ruiz e degli altri cineasti tendono tutte alla sperimentazione di un linguaggio cinematografico che sia anche espressione di una trasformazione della società.
Dopo una breve stagione di libertà, gli entusiasmi della nouvelle vague cilena vengono tarpati dal colpo di stato del 1973. I registi più in vista o continuano a operare in condizioni di assoluta precarietà o scelgono la via dell'esilio. R. Ruiz ed H. Soto, per esempio, lavorano prevalentemente in Francia, M. Littin in Italia. La lotta politica è ancora l'argomento centrale dei film dei registi esuli, che affrontano problemi drammatici come la guerra civile, i desaparecidos, la tortura.
All'interno del paese alcuni giovani cineasti, pur controllati da una censura ferrea, sul finire degli anni Settanta lentamente riprendono a produrre. Julio comienza en Julio, realizzato da S. Caiozzi nel 1979, è il primo film che testimonia dello sforzo di rinnovamento operato da questi registi. G. Cahn e C. Flores, cineasti del pre-golpe rimasti in patria, hanno inoltre fondato una casa di produzione, la Foco Film, divenuta un po' il simbolo della rinascita. Molti giovani hanno esordito sotto la guida della Foco Film: Ch. Sanchez, B. Galemir, C. Neira, J. Alaluf, soltanto per fare alcuni nomi. Il regista più significativo del cinema cileno contemporaneo resta comunque S. Caiozzi, i cui film riescono a conciliare l'urgenza dei temi sociali con le aspettative del pubblico