Vedi Cile dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Finita, nel 1989, la lunga dittatura militare guidata dal generale Augusto Pinochet, il Cile ha ripreso il cammino che l’aveva contraddistinto lungo il corso della sua storia: quello di una democrazia rappresentativa solida, dove il regime presidenziale trova un efficace contrappeso in un parlamento che gode di ampia legittimità presso l’opinione pubblica nazionale e in un potere giudiziario indipendente.
Una democrazia stabile al punto da transitare senza scossoni dal lungo dominio della coalizione di centrosinistra chiamata Concordancia a quello delle destre, ormai lontane dall’eredità della dittatura e giunte al potere nel 2010 con la vittoria elettorale di Sebastián Piñera. Ma ciò che ha altrettanto caratterizzato la storia cilena degli ultimi decenni è la robusta e costante crescita economica, basata sia su un’economia estremamente aperta e competitiva sui mercati internazionali, sia sulla scrupolosa attenzione agli equilibri macroeconomici. Tali risultati, senza pari in America Latina, e l’elevato grado di affidabilità che il Cile s’è così guadagnato a livello globale, fanno sì che esso goda di un’influenza regionale e internazionale di gran lunga superiori a quanto farebbero supporre le sue ridotte dimensioni e il suo isolamento geografico.
Benché la popolazione indiana del Cile, perlopiù concentrata nel sud del paese, abbia negli ultimi anni rivelato maggiore determinazione e organizzazione che in passato nel rivendicare i propri diritti ancestrali sulla terra, essa corrisponde in realtà ad appena il 5% dei cileni. Il grosso della popolazione ha infatti più o meno remote radici europee: sia quelle spagnole dell’epoca coloniale, sia quelle di varie zone d’Europa risalenti alle grandi migrazioni tra il 19° e il 20° secolo, compresa una nutrita e assai influente comunità di origine tedesca. Caratteristica della popolazione cilena è inoltre la sua storica concentrazione nella fascia centrale del paese, corrispondente al nucleo territoriale dove dapprima si consolidò lo stato cileno e cui si aggiunsero nella seconda metà del 19° secolo i territori meridionali popolati dai Mapuche e quelli settentrionali sottratti a Bolivia e Perù nella Guerra del Pacifico (1879-83). Per quanto riguarda la società cilena, pur rimanendo caratterizzata da disuguaglianze assai marcate, tipiche dell’area latinoamericana, non v’è dubbio che sia gli effetti della crescita economica sia quelli delle politiche volte ad attenuarla si siano fatti sentire. La percentuale di popolazione che vive al di sotto della linea di povertà si è per esempio ridotta drasticamente, attestandosi intorno all’11%.
Sintesi di questo e di altri indicatori, che collocano il Cile ai vertici delle graduatorie dei paesi latinoamericani in pressoché ogni campo e sempre più vicino agli standard sociali dei paesi occidentali avanzati, è la posizione che il paese occupa nella classifica compilata in base all’Indice di sviluppo umano (il Cile si colloca circa al 40° posto). I diritti civili e politici, infine, sono ampiamente rispettati in Cile dove anche le ultime forme di autoritarismo, lasciate in eredità dalla dittatura e ancora presenti nella Costituzione del 1981, sono state eliminate attraverso successivi emendamenti.
L’economia cilena, storicamente dipendente dall’esportazione di rame, di cui il Cile è il primo produttore al mondo, è cresciuta nell’ultimo ventennio a ritmi superiori a quelli di qualsiasi altro paese latinoamericano, uscendo perlopiù indenne dalle crisi economiche succedutesi. Alla base di tale indubbio successo vi sono stati numerosi fattori, sia locali sia internazionali. Tra quelli locali spiccano la solida legittimità dei governi, l’ampio consenso nazionale sulla preservazione di una coerente politica di disciplina fiscale e di stabilità macroeconomica e gli effetti di un modello economico liberista che fa di quella cilena una delle economie più aperte il mondo, in larghissima maggioranza basata sul commercio estero e su accordi di libero commercio con i maggiori partner. La dipendenza dal rame rimane significativa e i suoi prezzi elevati hanno recentemente contribuito in modo consistente alla crescita economica ma, sia il sistema produttivo, sia la struttura delle esportazioni si sono col tempo rafforzati e in parte differenziati.
Sul piano energetico, il Cile mostra un profilo potenzialmente più vulnerabile. Alla crescita della domanda di energia indotta dal rapido sviluppo non ha infatti corrisposto un uguale incremento delle fonti energetiche, di cui il Cile è poco fornito, salvo quelle idroelettriche e le nuove fonti rinnovabili, in via di rapido sviluppo. Ciò ha perpetuato la dipendenza cilena dalle importazioni di petrolio e gas naturale. Proprio a proposito delle forniture di gas hanno pesato sugli approvvigionamenti energetici cileni le tensioni croniche con la Bolivia e la scarsa affidabilità argentina, che hanno indotto il Cile a perseguire con determinazione una strategia di massima diversificazione possibile dei fornitori. Sul piano ambientale, infine, il livello di inquinamento che si registra in Cile è entro le medie regionali, anche se tocca punte preoccupanti nella capitale. A destare proteste e polemiche è però soprattutto lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali, causa talvolta di gravi incidenti nelle miniere e del rapido processo di deforestazione di talune aree del paese.
La forte crescita economica, il peso corporativo esercitato dalla Forze armate e le croniche ostilità coi vicini spiegano il fatto che il bilancio militare del Cile sia raddoppiato negli ultimi 15 anni e sia oggi inferiore, in America Latina, solamente a quelli di Brasile e Colombia, ossia a quelli della maggiore potenza regionale e di un paese immerso da decenni in un conflitto armato interno.
La Forza aerea cilena, in particolare, rappresenta oggi un temibile e ben dotato strumento di sicurezza e dissuasione. La notevole modernizzazione delle forze armate che ne è derivata ha suscitato timori presso i governi dei paesi confinanti, perlopiù impossibilitati dai più angusti limiti di bilancio a seguire il passo del Cile, incentivando una sorta di corsa regionale agli armamenti.
A loro volta i governi e le Forze armate cilene hanno sempre sostenuto di non avere intenzioni aggressive e di essersi limitati a rinnovare un apparato di sicurezza ormai obsoleto. Resta il fatto che il Cile, com’è tradizione fin dal secolo scorso, gode di una netta superiorità militare nei confronti dei vicini andini e per molti aspetti anche della ben più grande Argentina.