Il conflitto di giurisdizione intercorre tra giudici appartenenti a diversi ordini giudiziari, quale quello ordinario e quello speciale, che in ogni stato e grado del processo contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona (art. 28, lett. a, c.p.p.). In tal senso sono giudici ordinari quelli tassativamente indicati nelle norme sull’ordinamento giudiziario (r.d. n. 12/1942) e muniti di una competenza generalizzata; sono invece speciali i giudici che hanno una cognizione circoscritta a determinate categorie di reati e rispetto ai quali vige il divieto di nuova istituzione (art. 102 Cost.).
Il conflitto di competenza si instaura, invece, quando due o più giudici ordinari contemporaneamente prendono o ricusano di pendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona (art. 28, lett. b, c.p.p.).
In entrambi i casi il conflitto è qualificabile come positivo, se gli uffici giurisdizionali coinvolti affermano la propria potestà decisionale sulla stessa controversia; negativo, se tali uffici negano o rifiutano la propria cognizione sul medesimo procedimento.
Il conflitto può essere rilevato d’ufficio dal giudice, denunciato dal pubblico ministero o dalle parti private. In ogni caso il giudice trasmette alla Corte di cassazione l’ordinanza che rileva l’esistenza del conflitto insieme alla copia degli atti necessari alla decisione, salvo le ipotesi di risoluzione consensuale con cui uno dei giudici dichiara, tramite provvedimento, la propria competenza o la propria incompetenza (art. 29 c.p.p.). Né la denuncia, né l’ordinanza hanno effetto sospensivo sui procedimenti in corso.
I conflitti sono decisi dalla Corte di cassazione con sentenza pronunciata in camera di consiglio; l’estratto della sentenza è immediatamente comunicato ai giudici in conflitto e al pubblico ministero ed è notificato alle parti.
La disciplina in esame si estende anche a casi analoghi rispetto a quelli indicati nell’art. 28 c.p.p. Tuttavia, qualora il contrasto sia tra giudice dell’udienza preliminare e giudice del dibattimento, prevale la decisione di quest’ultimo (art. 28, comma 2, c.p.p.).
Camera di consiglio. Diritto processuale penale