Attività nautica che si svolge a scopi sportivi o ricreativi e senza fine di lucro. Tali caratteristiche determinano un particolare regime del d., che è dotato di nome e istituti propri, tali da collocarlo in posizione di autonomia rispetto al più ampio fenomeno della navigazione. La materia è disciplinata dal codice della nautica da d., emanato con il d. legisl. 171/2005, che ha rimodellato, nell’intento di semplificarla, la legislazione precedente. Il codice (art. 1) subordina le norme del codice della navigazione alle leggi, ai regolamenti e agli usi propri del settore diportistico, relegandolo in posizione residuale. In particolare, la legge speciale regola i profili relativi all’impiego delle unità da d., alla responsabilità per la condotta, al regime amministrativo dei veicoli e ai contratti di utilizzazione. Il codice si applica alle unità da d., che si distinguono in navi da d., aventi lo scafo superiore ai 24 m, imbarcazioni da d., che hanno uno scafo lungo da 10 a 24 m, e natanti da d., con scafo di lunghezza pari o inferiore a 10 m. Le navi e imbarcazioni da d. sono iscritte in appositi registri e sono abilitate alla navigazione dalla licenza e dal certificato di sicurezza. Il comando e la condotta delle unità da d. sono consentite a chi è in possesso della patente nautica, salvo per le unità fino a 24 m che navigano entro 6 miglia dalla costa e hanno un motore di potenza non superiore ai 40,8 CV. La responsabilità civile per la circolazione delle unità da d. è regolata dall’art. 2054 del codice civile. Pertanto, il comandante è responsabile del danno arrecato ai terzi se non dimostra di aver fatto tutto il possibile per evitarlo. Inoltre, si applicano alle unità da d. le regole della l. 990/1969 sull’assicurazione obbligatoria dei veicoli.