Filosofo greco (Ierapoli di Frigia 50 d. C. - Nicopoli, Epiro, 138 d. C.), schiavo di Epafrodito liberto di Nerone. Emancipato, fu a Roma scolaro dello stoico Musonio Rufo e quindi insegnò egli stesso filosofia stoica. Bandito da Roma da Domiziano, si stabilì a Nicopoli, dove fondò una scuola che fu molto frequentata. Non scrisse nulla, ma il discepolo Arriano di Nicomedia trascrisse e pubblicò le sue lezioni sotto il titolo di Diatribe o Dissertazioni (Διατριβαί), e ne riassunse le massime più importanti nel Manuale (᾿Εγχειρίδιον). In queste opere E. si mostra tipico rappresentante dell'ultima stoa: infatti a E. interessa, più che il fondamento teorico della virtù, la pratica della virtù medesima. Ma anche la concezione di quel fondamento lo preoccupa, una concezione ridotta all'essenziale e che si attua nella distinzione delle cose in due categorie: quelle che sono in nostro potere (la ragione, la volontà, il desiderio, ecc.) e quelle che non lo sono (ricchezze, onori, il nostro corpo, ecc.). L'uomo saggio è felice, libero e virtuoso se desidera solo ciò di cui può disporre. La compresenza di motivi cinici e motivi stoici, i primi svalutatori del mondo e della società, i secondi affermanti invece la loro razionalità, rende significativamente complessa e tormentata la riflessione di Epitteto. n È celebre, del Manuale, la traduzione di G. Leopardi.