Propriamente, atteggiamento del gusto e del pensiero che, in quanto pone i valori estetici al vertice della vita spirituale, considera la vita stessa come ricerca e culto del bello, come creazione artistica dell’individuo. Si tratta di un atteggiamento che sotto vari nomi ricorre nelle epoche più diverse, ma che come formulazione e applicazione coerente di una poetica rappresenta un tardo prodotto del Romanticismo, manifestatosi nella seconda metà dell’Ottocento, anzitutto in Inghilterra, con il ‘primitivismo’ di D.G. Rossetti, e più con J. Ruskin, W. Pater, O. Wilde; e poi negli altri paesi europei. Ne furono massimi esponenti, in Francia J.-K. Huysmans, creatore, nel romanzo À rebours, del personaggio di Jean des Esseintes, l’esteta per antonomasia; in Germania F. Nietzsche; in Italia G. D’Annunzio (il cui Andrea Sperelli del Piacere è un fratello di J. des Esseintes), A. Conti, A. De Bosis ecc.
In quanto tale, l’e. si riconnette con quel più vasto movimento della cultura e del gusto che va sotto il nome di decadentismo, e che, toccato il suo culmine verso la fine del 19° sec., spinge le sue ramificazioni sino ai primi decenni del Novecento. E al pari del decadentismo, l’e., nella ricerca mistico-sensuale di emozioni sempre più rare, degenerò in manierismi così nell’arte come nel costume. Il termine, infatti, è oggi usato in un’accezione limitativa e peggiorativa, per indicare ogni manifestazione o atteggiamento prezioso e raffinato in genere; e, in particolare, quella tendenza critica che, esasperazione e contraffazione della critica estetica propriamente detta, considera nell’opera d’arte soprattutto o esclusivamente il valore ‘musicale’ dell’espressione («ogni arte costantemente aspira alla musica», aveva affermato W. Pater), mutando il giudizio in una sensuale delibazione della parola, del colore ecc.