Antica divinità italica, più tardi identificata con la greca Τύχη, il suo culto era praticato anche presso i Romani. Venerata con il nome Fors Fortuna in un sacello sulla riva destra del Tevere, a Roma come F. primigenia o pubblica le erano dedicate feste il 5 aprile e il 25 maggio, come F. virilis l’11 giugno in un tempio al Foro Boario. Secondo la tradizione, sarebbe stato eretto un tempio alla F. muliebris sulla Via Latina nel 487 a.C., quando Coriolano, persuaso dalla madre e dalla moglie, si ritirò dall’impresa contro Roma. Ma molte altre furono le forme e gli epiteti della F. per i Romani: F. huiusce diei, la fortuna del momento, redux (per il ritiro di Augusto dalle province il 19 a.C.), dubia, stata (costante), averrunca (che allontana le sciagure), comes (che accompagna nel viaggio) ecc. Il culto della F. fu celebre a Preneste e ad Anzio (qui, caratteristico, era quello delle due F.). A Preneste, presso il grande tempio della F. primigenia, come testimonia Cicerone, la dea era rappresentata nell’atto di dare il latte a Giove e a Giunone bambini; il carattere di grande figura femminile e materna ben si accorderebbe con tale iconografia, sebbene testimonianze antiche la riferiscano anche figlia dello stesso Giove; la festa della dea ricorreva l’11 e il 12 aprile; essa dava vaticini (le sortes Praenestinae). Nei dipinti di Pompei è unita a Mercurio; suoi attributi erano il timone, il globo, la ruota, la cornucopia, talvolta il caduceo.
Invenzione medievale è la ruota della F., con l’uomo che raggiunge il culmine del cerchio ma poi ricade, schema iconografico usato anche nei rosoni delle cattedrali romaniche; attributo della F. diviene spesso la benda sugli occhi, indice della sua arbitrarietà. Soprattutto dal Rinascimento se ne misero in rilievo gli aspetti contradditori, la casualità e in particolare l’inafferrabilità, raffigurandola come una donna in equilibrio su una barca, su un delfino, su una sfera; era raffigurata per metà calva, a significare la difficoltà di afferrarla per i capelli (come compare nell’Iconologia di C. Ripa) e dunque identificata come Occasione, o altrimenti come bendata distributrice di beni e gioie, spesso con una cornucopia.