Corrente della linguistica, chiamata anche geografia linguistica o linguistica areale, caratterizzata dall’interesse per la distribuzione geografica dei fenomeni linguistici comuni alle diverse varietà di un dialetto o ai vari dialetti di un gruppo linguistico. Il fondatore di questo indirizzo di ricerca fu lo svizzero J.-L. Gilliéron, al quale si deve la pubblicazione del primo grande atlante linguistico. L’indagine spaziale, affiancata così a quella temporale, consentiva di formulare alcuni principi linguistici nuovi e rivoluzionari: non esistono confini territoriali precisi tra dialetto e dialetto, ma solo aree singole di diffusione di ogni fenomeno (➔ isoglossa) che, dove coincidono, rivelano l’esistenza di un particolare tipo dialettale o linguistico; le innovazioni sorgono, per opera di uno o di alcuni individui, in un determinato punto e di qui si irradiano in una zona o in una comunità più o meno estese; le cause delle modificazioni fonetiche, morfologiche e lessicali sono ricercate non più nell’azione di forze analogiche, ma in due nuovi fattori, l’omofonia e l’etimologia popolare; la diffusione delle innovazioni procede lungo le vie di comunicazione, da centro a centro, e solo in un secondo tempo irradia nei centri minori e nelle campagne; l’irradiazione, infine, viene condizionata negativamente da barriere naturali e anche dalla presenza di confini politici o religiosi. I maggiori approfondimenti teorici del metodo di Gilliéron sono stati apportati da K. Jaberg, J. Jud e M. Bartoli.