d' Teologo sassone (n. in Sassonia 805 circa - m. 868 circa). Sostenitore della teoria della doppia predestinazione, secondo la quale buoni e cattivi sono destinati nella prescienza divina alla salvezza o alla dannazione, fu al centro di una controversia teologica che si protrasse negli anni e venne affrontata in vari concili. Condannato e incarcerato nel monastero di Hautevilliers, dove sarebbe morto dopo circa venti anni, non mutò sostanzialmente le sue posizioni, che trovarono una mediazione nel Concilio di Tuzey (860).
Vita. Monaco a Fulda, vi fu discepolo di Rabano Mauro; passato a Orbais, si legò di amicizia con Ratramno, del quale ascoltò le lezioni a Corbie). Ordinato sacerdote ( 835-40), si recò a Roma e si trattenne qualche tempo nell'Italia settentrionale diffondendo la dottrina della doppia predestinazione; poi fu a evangelizzare Norico e Pannonia spingendosi fino alla Bulgaria; ma nell'848 era a Magonza per difendere le proprie tesi incriminate innanzi al sinodo presieduto da Rabano Mauro. Condannato, fu rimesso al suo metropolitano, Incmaro di Reims, che confermò la condanna (849): G. fu allora degradato, costretto a sottomettersi e incarcerato nel monastero di Hautevilliers. G. tuttavia non interruppe la sua attività e in due professioni di fede continuò a sostenere la sua dottrina predestinazionistica cercando di chiarire tuttavia che Dio, predestinando alla dannazione, non predestina al peccato; e in un trattarello, Pitacium, sostenne, conseguentemente, che Cristo non è morto per la liberazione di tutti. A queste tesi rispose Incmaro nell'opuscolo (perduto) Ad reclusos et simplices (849). Così si riaccese violenta la polemica. Vari concili si pronunciarono a favore o contro la doppia predestinazione, fino al Concilio di Tuzey (presso Toul) che cercò (860) di superare i dissensi fissando le dottrine su cui tutti e due i partiti si trovavano d'accordo: definì il valore universale del sacrificio di Cristo precisando, d'altro lato, la dottrina della predestinazione. G. scrisse ancora contro Incmaro accusandolo di sabellianismo perché aveva escluso dall'inno dei vespri l'espressione trina deitas sostituendola con summa deitas.
Opere. Di G. restano le due già citate professioni di fede scritte a Hautevilliers, alcuni opuscoli teologici sulla predestinazione, l'eucaristia, ecc.; frammenti, tra cui alcuni del De trina deitate (riferito da Incmaro che lo confuta), poesie e opuscoli grammaticali.