Natanti dotati di carena idroplana, che, per effetto della reazione esercitata nell’avanzamento dell’acqua sulla sua superficie esterna, riceve una notevole spinta verticale (sostentazione idroplana) e quindi si solleva, riducendo immersione, dislocamento e insieme resistenza al moto, in maniera da consentire il raggiungimento di alte velocità; ciò si consegue anche munendo uno scafo di alette idroplane, superfici alari immerse che conferiscono una spinta verticale in virtù della portanza sviluppantesi durante il moto. Si parla di idroscivolanti nel caso di natanti con carena idroplana, di idrotteri nel caso di natanti con alette idroplane e carena normale (v. fig.), e di aliscafi nel caso di natanti con carena idroplana e alette idroplane (anche se sono in pratica frequenti i casi di aliscafi senza carena idroplana, cioè classificabili tra gli idrotteri; ➔ aliscafo).
Nelle prime realizzazioni gli idroscivolanti erano azionati da motori a elica aerea, oppure da motori fuoribordo con elica subacquea provvisti, a volte, di piccole alette o pinne laterali per aumentarne la stabilità nelle accostate, come nel tipo italiano Mariella del 1930 che conquistò alcuni record mondiali. Gli idroscivolanti sono ora a uno o più posti, azionati da motori fuoribordo o entrobordo con elica subacquea. Lo scafo classico, in velocità, sia per la forma dei due scarponi sia per la portanza aerodinamica che si genera nello spazio compreso fra di essi, determina il sollevamento dell’idroscivolante che rimane appoggiato sugli scarponi stessi e sull’elica (scafo a tre punti).