Particolare rapporto lavorativo in cui la prestazione è resa dal lavoratore presso il proprio domicilio, o nei locali di cui abbia a qualsiasi titolo la disponibilità. Nell’ordinamento italiano l’istituto è regolato dalla l. n. 877/1973, successivamente modificata dalla l. n. 858/1980, con la quale è stata introdotta una disciplina specifica. Il lavoro a domicilio è un rapporto di lavoro subordinato, la cui peculiarità consiste nel fatto che i poteri disciplinari, di direzione e di controllo del datore di lavoro sono meno forti o invasivi, a causa dell’assenza di un coordinamento temporale e spaziale con l’attività di impresa. La natura subordinata del rapporto discende dal fatto che il lavoratore è tenuto a osservare le direttive dell’imprenditore circa le modalità di esecuzione, le caratteristiche e i requisiti del lavoro da svolgere. I lavoratori a domicilio devono essere iscritti in un apposito registro, tenuto presso i Centri per l’impiego. Inoltre i datori di lavoro che intendano avvalersi di lavoratori a domicilio sono tenuti a iscriversi in un apposito ‘registro dei committenti’, istituito presso le Direzioni provinciali del lavoro. Il calcolo della retribuzione avviene in base al sistema delle tariffe di cottimo pieno, fissate dai contratti collettivi di lavoro. La contrattazione collettiva determina il tempo che un lavoratore di media capacità impiega a svolgere la lavorazione oggetto della commessa. Nel caso in cui il contratto non preveda tariffe di cottimo, la legge dispone che esse siano determinate da una apposita commissione istituita presso la Direzione regionale del lavoro. La contrattazione collettiva prevede, inoltre, ulteriori voci retributive, quali il trattamento di fine rapporto, la maggiorazione per il lavoro festivo o notturno, il rimborso spese per l’uso delle attrezzature di proprietà del lavoratore.
Trattamento di fine rapporto. Diritto del lavoro
Contratti collettivi di lavoro