Condizione tipica dei lavoratori che prestano la propria attività lavorativa nel territorio dell’Unione Europea, prevista e contemplata dall’attuale trattato CE. Istituita per la prima volta nel 1992 all’interno del Trattato di Maastricht e concepita come uno dei suoi pilastri, la libertà di circolazione dei lavoratori persegue l’obiettivo di tutelare gli individui che intendono esercitare all’interno del territorio di uno Stato membro un’attività economica e lavorativa. La normativa comunitaria è dettata indifferentemente sia per i lavoratori subordinati, sia per quanto concerne i lavoratori autonomi e si impernia su due principi fondamentali: il divieto di discriminazioni per motivi di nazionalità e la parità di trattamento tra cittadini nazionali. Per tutti i lavoratori vigono determinate norme, quelle riguardanti l’ammissione, il soggiorno, l’espulsione dal territorio dello Stato, come pure quelle che limitano la libertà di circolazione delle persone per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica. Oltre al diritto di spostarsi liberamente all’interno del mercato comune, il Trattato prevede una serie di diritti dettati esclusivamente per i lavoratori, in particolar modo quelli di: rispondere a offerte di lavoro effettive, spostarsi liberamente sul territorio degli Stati membri, prendere dimora all’interno di uno degli Stati per svolgervi un’attività lavorativa alle medesime condizioni stabilite per i lavoratori nazionali, rimanere sul territorio dello Stato una volta reperito un impiego. Al fine di rendere effettiva la libertà di circolazione dei lavoratori, l’UE mira a promuovere l’incontro tra domanda e offerta di lavoro attraverso un organo denominato EURES (European Employment Service), che opera per la diffusione di informazioni sulle offerte di impiego.
Libertà di circolazione e soggiorno
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