Reato previsto dall’art. 572 c.p. Può essere commesso da chiunque, fuori dei casi indicati nell’art. 571 c.p., maltratti una persona della famiglia o un minore degli anni 14 o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia o per l’esercizio di una professione o di un’arte. Scopo della norma è evitare che componenti della famiglia vengano sottoposti a ingiustificate sofferenze fisiche e morali da parte di altri familiari. Per tale motivo tale disposizione si inserisce nell’ambito dei cosiddetti delitti contro la famiglia.
Il concetto di maltrattamenti non si identifica in una singola attività offensiva, bensì in un complesso di attività persecutorie, volte ad avvilire e a opprimere in modo durevole la personalità della vittima. Il reato in esame viene, pertanto, qualificato come abituale (Reato). Le persone di famiglia cui fa riferimento la norma vanno intese in senso ampio. Con il termine famiglia viene, infatti, qualificata non solo quella legittima, ma ogni consorzio di persone tra le quali, per intime relazioni e consuetudini di vita, sono sorti legami di reciproca assistenza e protezione. Quando poi la legge parla di persone sottoposte all’altrui autorità fa riferimento in via generale a ogni situazione di subordinazione personale determinatasi anche solo in via di fatto. Il dolo è generico, essendo costituito dalla coscienza e volontà di maltrattare la vittima, non avendo alcun rilievo le finalità avute di mira dall’agente. Il reato in esame è aggravato se dal fatto deriva una lesione personale grave o gravissima, o se deriva la morte della vittima.
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