Qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni (art. 1, co. 2, lett. a, d. lgs. n. 66/2003). Le principali fonti normative in materia sono rappresentate dall’art. 2107 c.c. che rinvia alle leggi speciali e alle norme della contrattazione collettiva e dall’art. 36 Cost., che stabilisce il fondamentale principio della proporzionalità della retribuzione rispetto alla quantità (oltre che alla qualità) del lavoro prestato e afferma il diritto irrinunciabile del lavoratore al riposo settimanale e alle ferie annuali retribuite. In Italia la materia dell’orario di lavoro è attualmente regolata dal d. lgs. n. 66/2003, che trova applicazione per tutti i settori di attività, pubblici e privati, con le uniche eccezioni della gente di mare e del personale di volo dell’aviazione civile. Secondo la disciplina vigente, l’orario normale di lavoro è di 40 ore settimanali (art. 3), i contratti collettivi possono, però, stabilire una durata inferiore dell’orario normale settimanale e/o riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno (cosiddetto orario multiperiodale). La legge pone inoltre un limite esterno (inderogabile in peius) alla contrattazione collettiva, stabilendo che la durata media dell’orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di 7 giorni, le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario (art. 4, co. 2), riferita a un periodo di 4 mesi, elevabile dalla contrattazione collettiva fino a 6 mesi, ovvero fino a 12 per ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi. La violazione di questo limite medio è punita con sanzione amministrativa pecuniaria, oltre all’eventuale risarcimento del danno. La disciplina attuale (a differenza della vecchia normativa risalente al r.d. n. 692/1923) non prevede una durata massima giornaliera della prestazione lavorativa. Il limite massimo della durata giornaliera del lavoro deve desumersi indirettamente dall’obbligo di osservare un periodo di riposo di 11 ore per ogni 24 ore (cosiddetto riposo giornaliero). Ciò significa che la durata massima della giornata lavorativa deve ritenersi pari a 13 ore, con la conseguenza che è ipotizzabile una settimana lavorativa di 78 ore (con relativi dubbi di legittimità costituzionale in relazione al co. 2 dell’art. 36 Cost.). Comunque, in caso di lavoro giornaliero eccedente le 6 ore è prevista una pausa non inferiore a 10 minuti, per il recupero delle energie e l’eventuale consumazione del pasto (art. 8, d. lgs. n. 66/2003). La durata e le modalità della pausa sono demandate alla contrattazione collettiva. In riferimento all’orario normale di lavoro il legislatore disciplina altresì il lavoro straordinario, prestato cioè al di sopra della soglia stabilita per il primo ma entro il limite massimo di durata settimanale del lavoro stabilito dai contratti collettivi e che, comunque, non può superare le media di 48 ore. La disciplina e le modalità di esecuzione del lavoro straordinario è rimessa ai contratti collettivi e in presenza di tale disciplina il lavoro straordinario può essere preteso dal datore senza il consenso del lavoratore; in caso di assenza o di inapplicabilità della disciplina collettiva occorre invece il consenso del lavoratore, e non può essere superato il tetto massimo delle 250 ore annuali con sanzione amministrativa pecuniaria per le relative violazioni. Il lavoro straordinario deve essere compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi. In alternativa o in aggiunta a tali maggiorazioni i contratti collettivi possono prevedere la fruizione di riposi compensativi. Il d. lgs. n. 66/2003 disciplina inoltre le ipotesi di lavoro notturno stabilendo che la durata di quest’ultimo non può superare le 8 ore in media nelle 24 ore, rinviando alla contrattazione collettiva per l’individuazione di un eventuale più ampio periodo di riferimento. I lavoratori notturni devono essere periodicamente sottoposti a valutazione dello stato di salute; è disposto un generale divieto di adibire al lavoro notturno le donne in gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.
Contratti collettivi di lavoro