Periodo di riposo, di vacanza, festivo o no. Si tratta di un diritto irrinunciabile del lavoratore, previsto, contestualmente a quello del riposo settimanale, dalla Costituzione all’art. 36, co. 3, al fine di consentire il reintegro delle energie psicofisiche spese dal lavoratore stesso nel corso dell’attività lavorativa (Tutela della salute. Diritto del lavoro). Con tale articolo, si riconosce l’irrinunciabilità delle ferie e si assicura un valore più ampio della tutela prevista in via generale (ex art. 2113 c.c.) (Rinunzie e transazioni del lavoratore) per i diritti del lavoratore, determinando la nullità assoluta di ogni diverso accordo tra datore e prestatore di lavoro, che non sia giustificato da eccezionali esigenze aziendali. Il diritto alle ferie sorge fin dall’inizio del rapporto, accrescendosi pro die in relazione all’incremento dell’anzianità di servizio del lavoratore, ma presuppone un rapporto di lavoro definitivo, che raggiunga una durata apprezzabile e non abbia quindi carattere di occasionalità o saltuarietà. Alcuni aspetti che caratterizzano l’istituto sono disciplinati dalla legge (convenzione n. 132/70 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ratificata con l. n. 157/1981; direttiva CE 34/2000, recepita con d. lgs. n. 66/2003), soprattutto per quanto riguarda la maturazione, la durata minima, i termini di fruizione delle ferie e la retribuzione da corrispondere durante le stesse. Il periodo di fruizione, invece, e le modalità di godimento sono decise generalmente dai datori di lavoro, come la maggior parte della materia concernente tale istituto, che trova la sua fonte nella contrattazione collettiva e nella prassi aziendale, cui è demandata la relativa disciplina. La durata minima è di quattro settimane nel corso di un anno di servizio ed equivale a 28 giorni di calendario se le ferie sono fruite consecutivamente (d. lgs. n. 66/2003, ex art. 10). Le ferie non godute al termine del periodo previsto devono essere differite, secondo quanto stabilito dal dettato legislativo alla luce del divieto di monetizzazione, ma in alcuni casi eccezionali previsti dalla legge possono essere retribuite mediante un’indennità sostitutiva (d. lgs. n. 66/2003, art. 10).
Nel mondo romano i giorni dell’anno dedicati al culto pubblico e privato. I giorni di ferie pubbliche erano nefasti, essendo nefas (proibito) esercitare il potere giudiziario e convocare i comizi. In Roma, nei tempi più antichi, le ferie pubbliche erano fissate dai pontefici che stabilirono la distinzione tra ferie stativae (fisse) e ferie indictivae (mobili), ordinate da un magistrato fornito di imperium. Le ferie pubbliche si distinguevano in giorni nefasti per motivi di letizia, indicati nei calendari con la sigla NP (nefastus purus), e nefasti per causa di tristezza, indicati con la lettera N.
Le ferie Latinae in età storica erano una festa indittiva romana che si celebrava in onore di Giove Laziale sul Monte Albano, in origine festa federale dei Prisci Latini, istituita, secondo la tradizione, dal re Fauno, o da Enea. Dopo la distruzione di Alba Longa, che vi presiedeva, passò sotto la direzione di Roma come festa nazionale romano-latina finché durò la confederazione del Lazio alleata di Roma (338 a.C.). Poi divenne festa romana, indetta ogni anno dai consoli, cui partecipavano tutte le antiche città del Lazio, tra le quali erano divise le carni del toro immolato a Giove. Le ferie latine furono celebrate anche nei primi secoli dell’Impero.
Rinunzie e transazioni del lavoratore
Tutela della salute. Diritto del lavoro