Oltre ai principi fondamentali ed inderogabili in materia di salute contenuti nella nostra Costituzione (artt. 32, 35 e 41, comma 2 Cost.), la norma cardine della disciplina della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è costituita dall’art. 2087 cod. civ., che pone a capo del datore di lavoro l’obbligo di adottare tutte le misure idonee ad assicurare la tutela della integrità fisica e della personalità morale dei prestatori di lavoro, in relazione allo specifico tipo di attività esercitata, anche al di là delle particolari misure previste dalle leggi speciali in materia di infortuni. Dopo decenni in cui la materia della tutela della salute e sicurezza è stata disciplinata nel nostro ordinamento, oltre che dalla norma codicistica, da poche ed essenziali altre norme (D.P.R. n. 547 del 1955, il d.p.r. n. 303 del 1956 e il d.p.r. n. 164 del 1956) la disciplina comunitaria (Dir. 1107/80/CEE e n. 391/89/CEE) ha stimolato un processo di profonda riforma della materia da parte del nostro legislatore che nel corso degli anni ’90 con due importanti interventi normativi (d. lgs. n. 626/1994 e d.lgs. n. 494/1996) ha, da un lato, specificato l’obbligo generale di sicurezza posto dall’art. 2087 cod. civ. in capo al datore di lavoro mediante una dettagliata indicazione dei suoi elementi essenziali e, dall’altro, introdotto diverse novità di rilievo circa il sistema di prevenzione degli infortuni. Dopo circa altri dieci anni dall’approvazione di tali norme, stante la debolezza di alcuni aspetti della disciplina ora citata (come l’esclusione dal suo ambito di applicazione di molte categorie di lavoratori; il funzionamento della vigilanza, l’inadeguatezza delle norme sanzionatorie e, infine, l’eccessiva complicazione amministrativa che richiedeva l’applicazione della normativa) il legislatore è nuovamente intervenuto in materia con la l. delega del 3 agosto 2007, n. 123 introducendo alcune norme immediatamente applicabili e definendo i principi e i criteri di delega raccolti dal Governo nel Testo Unico del 2008 (d. lgs. n 9 aprile 2008, n. 81). Le innovazioni introdotte con tali provvedimenti sono numerose, ma tra le più importanti vanno senza dubbio annoverate: l’estensione delle norme sulla sicurezza a tutti i lavoratori, a prescindere dalla tipologia contrattuale; l’adeguamento del d. lgs. n. 626/1994 ai mutamenti tecnologici ed organizzativi delle imprese, la semplificazione degli adempimenti per le piccole imprese; la rimodulazione del regime sanzionatorio affiancato all’adozione di alcune norme di carattere premiale per le imprese virtuose. In merito a quest’ultimo profilo, è necessario rilevare che l’eventuale inadempimento del datore degli obblighi di sicurezza causa l’insorgere di una responsabilità contrattuale a carico dello stesso, ai sensi dell’art. 1218 cod. civ. Il datore potrà liberarsi della responsabilità solo provando che l’inadempimento deriva da causa a lui non imputabile. Al riguardo va specificato che il concorso di colpa del lavoratore non è di per sé sufficiente ad interrompere il nesso di causalità e a ridurre la responsabilità del datore, in quanto quest’ultimo ha comunque un dovere di vigilanza sul prestatore. Quindi la giurisprudenza è consolidata nel senso di ritenere che la responsabilità dell’imprenditore può essere esclusa, o ridotta, soltanto da un comportamento doloso o eccezionale del lavoratore (ossia esorbitante i limiti delle funzioni assegnate e non legato allo svolgimento delle mansioni lavorative), oppure in ipotesi di caso fortuito. La ricostruzione dell’obbligo di sicurezza in chiave contrattuale comporta che al lavoratore è sufficiente provare il danno ed il nesso causale. Sul datore di lavoro grava, invece, l’onere di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, con la conseguenza che solo l’effettiva interruzione del nesso di causalità tra infortunio (o malattia) e un comportamento colpevole dell’imprenditore esclude la responsabilità di quest’ultimo. La violazione da parte del datore di lavoro delle misure di sicurezza non costituisce solo fonte di responsabilità sul piano civile. Infatti, il datore di lavoro, che rimuova o ometta dolosamente o colposamente l’adozione delle misure di sicurezza è punito severamente (art. 437 c.p.).
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