Piccolo o medio appezzamento di terreno, nel quale si coltivano erbaggi e piante da frutto.
L’orticoltura (o orticultura) è la coltivazione degli ortaggi, ossia delle piante alimentari coltivate negli o. (piante ortensi). La parte mangereccia delle piante ortensi cambia da pianta a pianta: radici (per barbabietola, carota, rapa, scorzonera ecc.), tuberi (per patata, batata, igname, topinambur ecc.), bulbi (per aglio, cipolla ecc.), foglie e fusti (per asparago, bietola, cavolo, cicoria, lattuga ecc.), fiori e organi annessi (per broccolo, cappero, carciofo, zucchine), frutti (per varie Cucurbitacee, pomodoro, fagiolini ecc.), semi (per varie Leguminose).
Le piante ortensi richiedono terreni di medio impasto, sufficientemente provvisti di sostanze organiche, con sottosuolo permeabile, esposti preferibilmente a mezzogiorno o, se il terreno si trova in climi meridionali, a levante; è indispensabile la disponibilità continua di acqua per innaffiare. Le semine si fanno nei semenzai per le piante che si debbono poi trapiantare (cavolo, pomodoro, lattughe ecc.) o direttamente a dimora (barbabietole, fava, pisello, zucca ecc.). La maggior quantità di prodotti si ottiene con la consociazione, coltivando cioè due o più piante sullo stesso terreno, e con la rotazione, cioè con la successione di piante diverse nello stesso anno, per es., cavoli, pomodori, spinaci; oppure cavoli, patate primaticce, melanzane, spinaci. Notevolmente sviluppate sono le colture orticole sotto plastica, consistenti nell’allevare le piante sotto ricoveri a intelaiatura rigida o semirigida rivestita di grandi fogli di plastica. In tal modo, con le regolazioni suggerite dall’esperienza, si può ottenere la conservazione di una temperatura più stabile ed elevata e di un alto tasso di umidità relativa. Molto usate sono anche le serre calde, atte a ottenere più facilmente prodotti primaticci.
La produzione degli ortaggi è estesa a quasi tutte le regioni italiane. I principali ortaggi esportati dall’Italia sono patate, cavoli, cavolfiori, agli, cipolle, pomodori (➔ ortoflorovivaismo).
Gli o. botanici sono giardini, o campi, sperimentali, che racchiudono una collezione di piante vive, indigene ed esotiche, disposte sistematicamente, o secondo criteri ecologici o geografici, e destinate a ricerche botaniche, alla conservazione ex situ di specie a rischio di estinzione, alla divulgazione scientifica, alla didattica. Nella comune accezione, un o. botanico è una istituzione annessa a un istituto botanico universitario. Esistono, tuttavia, o. botanici di istituti agrari sperimentali, con funzione di collezioni specializzate di piante agrarie od ornamentali, e altri indipendenti che talora hanno un legame nominale con qualche istituto botanico.
O. botanici esistevano anche nell’antichità, come, per es., i giardini di Alessandria sotto i Tolomei. Nel 13° sec. fu istituito in Vaticano un viridarium novum per le piante medicinali, per volontà di Niccolò III Orsini (1277-80), ampliato e riordinato più tardi sotto Niccolò V Parentucelli (1447-55). Anche nel Messico, dopo la conquista spagnola, furono trovati giardini botanici degli Aztechi. Storicamente, tuttavia, non si possono a rigore considerare o. botanici questi giardini dell’antichità. Veri e propri o. botanici sorsero durante 16° e 17° sec. nelle università nelle quali esistevano facoltà di medicina, che li istituirono come manuali viventi delle piante medicinali (giardini dei semplici). In quei tempi i botanici erano generalmente anche medici, secondo la tradizione di formazione professionale non molto lontana.
Il primo o. botanico sorto in un centro universitario e giunto a noi nella stessa area in cui fu originariamente costruito è quello di Padova, fondato nel 1545 per iniziativa di F. Bonafede, lettore in quella università, per una concessione del senato della repubblica di Venezia del 22 giugno 1545, grazie alla quale il 7 luglio successivo l’università di Padova stipulò con il convento benedettino di S. Giustina un contratto per il terreno destinato all’‘Orto dei semplici’, al canone annuo di 25 ducati. Nelle ripetute sollecitazioni fatte dal Bonafede per ottenere la creazione dell’o. botanico padovano, vi è un cenno al giardino mediceo fondato nell’estate del 1543 a Pisa e diretto da Luca Ghini; questo o. botanico, che nel 1563 fu trasferito in altra località, vanta pertanto la assoluta priorità. Seguirono, in Italia, gli o. botanici di Firenze (dicembre 1545), anch’esso fondato da Ghini, e Bologna (1567). Sull’esempio di quelli italiani, ne furono fondati altri a Leida (1577), Lipsia (1580), Montpellier (1592), Heidelberg (1593), Giessen (1605), Strasburgo (1620), Altdorf (1625), Parigi (1626), Uppsala (1627), Jena (1629), Edimburgo (1670), Oxford (1672).
La conoscenza della sistematica delle piante fece grandi progressi nel 17° e 18° sec., oltre che per il numero delle piante conosciute, per lo studio delle loro affinità, specialmente in rapporto alle scoperte sulla dottrina della sessualità e sulle funzioni degli stami e dei pistilli, sul numero e sui caratteri dei quali Linneo basò (1736) il suo sistema sessuale di classificazione dei vegetali. Ciò rese l’interesse per la botanica così vivo che al principio del 19° sec. esistevano in Europa numerosissimi o. botanici, i quali costituivano in pratica gli istituti di botanica (o erano parte di quelli di medicina) nelle università.
La tradizione delle ricerche di sistematica (e di morfologia al servizio della sistematica) si è conservata in alcuni dei grandi o. botanici, nei quali la ricerca si basa anche su grandi erbari ricchi di milioni di esemplari (fogli), con il sussidio di vaste biblioteche specializzate, per es., a Kew (Londra) e a New York. Poiché gli scopi principali della botanica sono quelli che la riguardano come scienza sperimentale, più che come disciplina descrittiva, l’importanza degli o. botanici collegati a istituti botanici è andata col tempo diminuendo, e si è assistito correlativamente a una affermazione di o. botanici indipendenti, la cui funzione, più (od oltre) che di ricerca e di insegnamento, è educativa e di decoro, legata al risveglio dell’interesse e all’esigenza della conservazione della natura, ai rilevanti problemi del verde nelle concentrazioni urbane, degli inquinamenti, del tempo libero. Molti dei grandi o. botanici, universitari o indipendenti, risalgono al 19° sec.: si ricordano, tra i più famosi, quelli dell’università di Monaco di Baviera (1809), di Bogor a Giava (1817), i Royal botanic gardens di Kew (Londra, 1840), il Missouri botanic garden di Saint Louis (1859), l’Arnold arboretum della Harvard University (1872), l’o. botanico di Brooklyn (1910).
Dopo essersi emancipati dall’originaria funzione di istituzioni sussidiarie della scienza medica, gli o. botanici, ancorché per tradizione in certi casi, per le necessità della scienza applicata in altri, conservino a volte scopi di ricerca pura o applicata, in generale tendono ad avere sempre più un posto subordinato come centri di indagine a carattere esclusivamente botanico per ricerche morfologiche, ecologiche e fisiologiche. Essi, pur conservando reparti in cui le piante, non di rado presenti con esemplari rari e pregiatissimi, sono disposte e coltivate secondo un ordinamento sistematico, sono in prevalenza istituzioni di interesse naturalistico, ricreativo, e didattico-popolare, ove funzionano centri di informazione, corsi di orticoltura e giardinaggio e si curano collezioni speciali (per es., di felci, di piante grasse, di piante acquatiche, giardini rocciosi, colture di determinate specie e loro ibridi ecc.), esibizioni e mostre floreali ecc.