Camillo Borghese (Roma 1552 - ivi 1621). Fu eletto pontefice nel 1605. All'inizio del pontificato entrò in conflitto con Venezia, che aveva promulgato leggi restrittive in materia di proprietà ecclesiastica, cui P. rispose lanciando l'interdetto contro la città (poi revocato per la mediazione di Francia e Spagna). Si dedicò alla riforma della Chiesa e allo sviluppo delle attività missionarie in America, Asia e Africa. Durante il suo pontificato il Sant'Uffizio condannò il sistema copernicano e fu emanata la prima ammonizione contro G. Galilei.
Si diede alla carriera prelatizia dopo avere compiuto gli studi giuridici. Di famiglia oriunda di Siena, fu avvocato concistoriale, nel 1588 vicelegato a Bologna, inviato straordinario presso Filippo II nel 1593, ebbe la porpora nel 1596. Vicario di Roma nel 1603, successe, per un accordo tra le fazioni, il 16 maggio 1605 a Leone XI. Caritatevole, attivissimo, non fu immune dal «piccolo nepotismo»: al prediletto nipote Scipione Caffarelli diede la porpora e la carica di segretario di stato, elargì onori e ricchezze anche agli altri congiunti. Evitò di pronunciarsi su questioni teologiche, come quelle relative alla dottrina molinista della grazia e all'Immacolata Concezione di Maria; lasciò condannare il sistema copernicano. All'inizio del pontificato si trovò subito impegnato contro Venezia, che aveva promulgato leggi restrittive in materia di proprietà ecclesiastica: contro la citazione davanti al tribunale dei Dieci di due preti, accusati di reati comuni, intervenne decisamente in difesa del foro ecclesiastico. Venezia, pure colpita dall'interdetto, non si piegò: anzi espulse quel clero regolare che osservava l'interdetto, difesa dal suo teologo di stato Paolo Sarpi; se la mediazione di Francia e Spagna poté avviare a un componimento (i gesuiti non furono però riammessi se non nel 1657), il prestigio di P. V ne uscì compromesso. In Francia, in Inghilterra, pur giovandosi della diffusione dei nuovi ordini, in Russia, tramontata la speranza di una riunione alla Chiesa latina per l'uccisione del falso Demetrio, la sua intransigenza religiosa provocò gravi complicazioni. La sua attività politica ottenne successi invece in America (furono stabilite allora le missioni dei gesuiti nel Paraguay), in India, in Cina, in Africa (con la conversione del negus d'Abissinia). Nel campo della riforma interna della Chiesa, importante fu l'imposizione dell'obbligo della residenza agli ecclesiastici; fu pubblicato il nuovo Rituale Romanum, furono protetti i nuovi ordini religiosi, furono fondate scuole per i poveri. Ma per l'attuazione della riforma cattolica di fronte al progresso dei protestanti, P. V difettò di senso politico. Se pur riuscì a promuovere una lega difensiva tra Spagna e Francia, facendo concludere nell'aprile del 1611 l'accordo per il matrimonio tra Luigi XIII e l'infanta Anna Maria, identificò troppo gli interessi della religione con quelli degli Asburgo, costringendosi a subire le concessioni politiche di questi ultimi ai protestanti. Scoppiata la guerra dei Trent'anni, mentre si preoccupò di trattenere Luigi XIII dall'intervento contro l'Impero, non si rese conto della gravità della situazione impegnandosi solo nel 1620 in aiuti finanziari e illudendosi che il crollo della ribellione boema potesse concludere presto la guerra. Mecenate soprattutto di architetti, sotto di lui fu proseguita, su disegno di C. Maderno, la costruzione di S. Pietro a croce latina; furono costruite le due cappelle paoline in S. Pietro e in S. Maria Maggiore (P. V fu sepolto in quest'ultima); fu restaurato l'acquedotto dell'Acqua Paola; per opera del card. nepote sorsero il palazzo ora Rospigliosi e la villa Borghese.