Nella Repubblica romana, colui che teneva un comando militare o un’amministrazione provinciale per essere stato console l’anno precedente.
L’istituzione nacque dal diverso funzionamento del principio della temporaneità della carica secondo che si trattasse di imperium domi (comando esercitato in città) o di imperium militiae (comando militare): mentre il primo scadeva automaticamente il 31 dicembre, il comando militare si protraeva, per evidente necessità, fino all’arrivo del successore; il console, però, non era più tale, ma stava in vece del console (pro consule). Da questa prassi trasse profitto il senato per lasciare che il console scaduto continuasse in carica per tutto un altro anno, quando fosse riconosciuta l’impossibilità di destinare un nuovo capo al comando dell’uno o dell’altro esercito consolare (prorogatio imperii).
Il titolo di p. fu, nella crisi delle istituzioni repubblicane, il punto di passaggio a un nuovo regime: Gneo Pompeo con una legge Gabinia del 67 a.C. ebbe un imperium proconsulare senza limiti di tempo; con una legge Vatinia del 59 Cesare ebbe un comando quinquennale per la sottomissione della Gallia, prorogato poi per altri 5 anni; e Ottaviano Augusto ricorse a questo tipo di comando, facendosi assegnare nel 23 a.C. un imperium proconsulare maius, infinitum su tutte le province di Asia, Africa e Acaia.