La dottrina tradizionale tende a escludere l’obbligatorietà della promessa unilaterale, in conformità del diritto romano, salvo i casi eccezionali della pollicitatio e del votum. Contro questa dottrina, riprendendo una tesi già sostenuta da A. Favre e da U. Grozio, fu fatta valere da H. Siegel la diversa concezione germanistica, per la quale il contratto obbligherebbe indipendentemente dall’accettazione del creditore. Questa dottrina non ha prevalso nel nostro diritto nel quale «la promessa unilaterale di una prestazione non produce effetti obbligatori» (art. 1987 c.c.). La stessa norma però ammette l’esistenza di casi eccezionali che nel Codice civile, secondo la dottrina prevalente, sono soprattutto i seguenti: promessa al pubblico, promessa di pagamento, ricognizione di debito, titoli di credito, nonché la dichiarazione unilaterale d’ipoteca, la donazione obnuziale obbligatoria, la promessa di fideiussione. Diversamente che per i contratti, per i quali è lasciata ampia libertà all’autonomia delle parti, così che accanto ai contratti tipici vi sono contratti atipici, le promesse unilaterali sono figure tipiche. Perciò, le promesse unilaterali non previste dalla legge non producono effetti obbligatori. Il Codice civile ha stabilito che il vincolo cessa o con la scadenza del termine apposto alla promessa o risultante dalla natura o scopo di essa, ovvero col decorso di un anno dall’emissione, senza che tale prestazione sia stata adempiuta. Inoltre, è ammessa la revocabilità per giusta causa, purché la revoca sia resa pubblica nella forma stessa della promessa e non sia stata già compiuta la prestazione.