botanica Nome di molte specie di piante del genere Quercus, appartenenti alla famiglia delle Fagacee: si tratta di alberi con foglie dentate o più o meno divise, di rado intere, fiori maschili in amenti penduli, con molti stami, quelli femminili solitari o in amenti pauciflori; il frutto è un achenio, detto ghianda, abbracciato alla base da un organo detto cupola, che ha forma di scodella e all’esterno reca molte squame corte o lunghe. Le q. formano spesso boschi puri o misti nelle regioni temperate e subtropicali dell’emisfero boreale. Il genere Quercus comprende circa 450 specie, di cui alcune oltremodo polimorfe anche a causa di frequenti processi di ibridazione. Tra le querce più note, comuni anche in Italia, sono da citare: leccio, sughera, rovere, farnia. Molte q. forniscono ottimo legname o carbonella; le ghiande venivano tradizionalmente impiegati per nutrire i maiali. La corteccia e le cupule contengono tannini, per i quali veniva sfruttata commercialmente Quercus tinctoria, che contiene anche un colorante giallo (quercitrina). Il sughero è fornito da Quercus suber. Su Quercus coccifera vive un insetto degli Afidi, Chermes ilicis, che fornisce una sostanza colorante rossa simile alla cocciniglia. Alcune q., nostrane ed esotiche, sono diffusamente coltivate per ornamento
Per le galle di q. ➔ cecidio. religione Nella storia delle religioni antiche la q. è una delle tante manifestazioni del sacro nel mondo vegetale e nella sfera degli alberi in particolare: per il suo aspetto forte e maestoso e per la resistenza e durata del suo legno la q. è stata fin dall’antichità simbolo di forza, resistenza, perseveranza, lealtà, virtù eroica. In molti agoni greci ai vincitori si conferiva una corona di q.; e una corona di foglie di q. con ghiande (corona civica) era data al soldato romano che avesse salvato la vita di un compagno in battaglia.
Particolare importanza religiosa ebbe la q. nel mondo indoeuropeo dove appare strettamente connessa con le divinità supreme celesti quali folgoratrici e tuonanti; esse infatti, poiché la colpiscono più vistosamente, appaiono quasi come incorporantisi di continuo nella q. stessa. L’incidenza sacrale della q. presso i Celti è, sia pur frammentariamente, testimoniata: la q. appare infatti come albero sacro per eccellenza nelle concezioni e nelle pratiche dei Druidi. Nelle concezioni classiche intorno all’incivilimento del genere umano la q. è la pianta che con le ghiande dava il nutrimento essenziale nell’età dei primordi, prima della coltivazione del grano. L’associazione, ricorrente negli autori classici, delle q. con il bosco sacro di Dodona in Epiro si colloca nella tradizione greca del santuario di Zeus Dodonaios quale primo centro sacrale a cui facevano capo comunitariamente tutte le genti greche. In questo quadro la q. si presenta come mezzo per ottenere vaticini: lo stormire delle sue fronde era interpretato dalla sacerdotessa di Dodona come il segno del pensiero di Zeus.