(gr. Σαβαῖοι) Popolazione semitica dell’Arabia sud-occidentale, attestata nel 1° millennio a.C. e nella prima metà del 1° sec. d.C.; nei documenti epigrafici locali è indicata con il nome sb’, letto Saba’ sulla scorta degli autori classici (Σαβά) e dell’etiopico Sābā.
La regione occupata inizialmente dai S. corrispondeva alla parte centro-orientale dello Yemen attuale. Le più antiche menzioni si hanno in testi assiri dell’8° sec. a.C.: i re Tiglatpileser III, Sargon II e Sennacherib parlano di tributi ricevuti, anche in pietre preziose e aromi, dai re di Saba. Il racconto biblico della regina di Saba (I Re 10, 1-13; II Cron. 9, 1-12) ‒ che, mossa dalla fama di Salomone, si sarebbe recata con una grande carovana dal suo paese a Gerusalemme, per vedere il re ebreo e metterlo alla prova con degli enigmi, e poi, ammirata dello splendore della corte e della saggezza di Salomone, avrebbe alzato lodi a Dio per la sua opera e, dopo aver lasciato preziosi doni, sarebbe ritornata in patria ‒ è di redazione posteriore all’età di Salomone e leggendario in quanto i S. non hanno avuto regine.
Di origine settentrionale, come tutte le popolazioni sudarabiche di età storica, stanziati dapprima nell’Arabia nord-orientale, i S. scesero probabilmente nello Yemen verso il 7°-6° sec. a.C. Il periodo più antico della loro storia, durato fin verso il 3° sec. a.C., prende il nome dai mukarrib, titolo di incerto significato assunto dai re; la capitale era Mārib; la monarchia conosceva l’uso della coreggenza, con un complicato sistema di successione che escludeva dal trono i figli naturali. Il re Karib’il Watar (5°-4° sec. a.C.) estese per breve tempo il dominio di Saba su gran parte dello Yemen; al periodo dei mukarrib risale l’insediamento di colonie sabee sul suolo africano della futura Etiopia. Verso il 3° sec. a.C. i sovrani sabei, abbandonato il titolo di mukarrib, adottarono quello di ‘re’ (malik). Tra la fine del 2° e il 1° sec. a.C. i re di Saba sottomisero il regno dei Minei e parte di quello di Qatabān; più tardi lo Stato sabeo si trovò a fronteggiare quello rivale himyarita (➔ Himyariti), formatosi sull’altopiano a S di Saba, con capitale Ẓafār. Sotto Nasha ‛Karib Yuha’min Yuharḥib, ultimo re sabeo, si ebbe la definitiva capitolazione di Saba a vantaggio di Himyar, che alla fine del 3° sec. d.C. unificò tutta l’Arabia meridionale. Gli ultimi secoli della storia sudarabica, con l’intervento, a più riprese, degli Abissini di Aksum e un cinquantennio di dominio persiano (dal 575), non videro i S. come protagonisti.
Principale fonte di ricchezza della regione era la produzione ed esportazione di aromi. La religione dei S., come quella degli altri popoli sudarabici, si fondava su un politeismo che faceva capo a un dio supremo, Attar, connesso con le piogge monsoniche, a un dio nazionale, Almaqah o Ilmuqah, con caratteristiche solari e dionisiache, e a una serie di divinità tribali; mancava una figura femminile dominante, ma divinità femminili, chiamate sh ms («sole», parola di genere femminile in sudarabico) avevano la funzione di proteggere i singoli individui. Lo stambecco, spesso raffigurato di profilo con grandi corna ricurve in età antica, era l’animale legato ad Attar.
Tra i dialetti sudarabici antichi, il sabeo presenta caratteri meno arcaici; la scrittura è la stessa usata dagli altri popoli sudarabici, che fu preceduta da una forma più arcaica analoga e contemporanea a quella protoaraba documentata in Mesopotamia nei primi secoli del 1° millennio a.C.