lupi, sciacalli e volpi
Olfatto e intelligenza
La famiglia dei Canidi comprende circa 14 generi e 34 specie di Mammiferi Carnivori ed è diffusa in tutti i continenti, eccetto l’Antartide. Il muso a punta di questi animali rivela l’importanza dell’olfatto, come senso guida delle loro attività. Alcune specie, come il lupo, il licaone, il cuon e lo speoto, vivono in piccole società organizzate su base gerarchica. Altre, invece, come la volpe, lo sciacallo, il crisocione e il coyote, sono solitarie e territoriali. Predatori instancabili, curiosi e intelligenti, i Canidi fanno tesoro delle proprie esperienze e le trasmettono ai loro discendenti. Il lupo è la specie da cui è derivato il cane, l’animale più intimamente legato all’uomo
Fra tutti i Mammiferi che appartenengono all’ordine dei Carnivori, i Canidi si riconoscono immediatamente per la forma appuntita del muso e delle orecchie. Tuttavia, bisogna fare attenzione perché il muso sporgente si riscontra anche negli Ursidi, nei Procionidi e negli Ienidi. Infatti, anche queste tre famiglie utilizzano principalmente l’olfatto per la ricerca delle prede e per le relazioni sociali.
Quando un canide esplora l’ambiente si occupa soprattutto di individuare e riconoscere gli odori lasciati dagli altri animali. In questo modo percepisce il passaggio di potenziali prede o di membri della propria specie. Di questi ultimi, cerca di scoprire la carta d’identità, ovvero il sesso, l’età e lo stato di salute, in modo da prevedere le possibili interazioni.
I Canidi delimitano il territorio marcandolo con l’urina, come abitualmente osserviamo nei cani. Anche l’udito è importante nella vita di questi animali, sicuramente più della vista che invece è molto carente. Sicuramente i Canidi sono gli animali che conosciamo meglio, grazie alla confidenza che abbiamo con il cane, forma domestica del lupo, fedele compagno e servitore dell’uomo da migliaia di anni.
Il lupo (Canis lupus) è il canide più diffuso al mondo, soprattutto se pensiamo alle sue popolazioni domestiche, cioè ai cani. Ma, anche limitandoci alle popolazioni selvatiche, quindi ai lupi veri e propri, non selezionati dall’uomo, osserviamo che questa specie è presente in tutta l’America Settentrionale, in Europa e nell’Asia, spingendosi verso sud fino in Indocina. Infine, in Australia troviamo il dingo, popolazione di lupi del Sud-Est asiatico, che sono stati addomesticati e importati dagli aborigeni migliaia di anni fa. La diffusione ampia del lupo, tuttavia non deve ingannarci sulla consistenza effettiva delle sue popolazioni. Infatti, in gran parte del suo areale, questo carnivoro è stato sterminato a causa dei danni che produce agli animali domestici e, in certi casi, a causa del pericolo che può rappresentare per l’uomo stesso.
Cappuccetto rosso (1697) di Charles Perrault e tante altre favole europee, a partire da quelle di Esopo, esprimono il grande odio dell’uomo per questo animale e la scaltrezza che gli viene attribuita dalla tradizione popolare, scaturita da un mondo di agricoltori e pastori. Il rapporto fra l’uomo e i grandi predatori è sempre stato problematico e ancora oggi genera conflitti tra chi vuole conservare la natura e le popolazioni locali che difendono i propri interessi economici o la propria incolumità.
Il profondo sguardo di Rudyard Kipling sulla natura selvaggia dell’India ci ha aperto una finestra sul mondo dei lupi e degli altri animali che popolano quelle foreste. Nei suoi racconti, riuniti nei Libri della giungla (1894 e 1895), Mowgli è il ‘cucciolo d’uomo’ che, perdutosi nella foresta, viene adottato da un branco di lupi e protetto dal capobranco Akela, il grande lupo grigio. «Buona caccia!» è il grido che, nell’immaginazione dello scrittore, i protagonisti si scambiano in segno di saluto.
Anche nella realtà, la vita dei Canidi si svolge in funzione della caccia. Mentre i Felidi fondano la loro strategia sull’agguato, i lupi si lanciano all’inseguimento della preda fino a stancarla. La grande resistenza che dimostrano nella corsa è dovuta alle gambe lunghe e snelle, con dita fornite di unghie a punta smussata che fanno presa sul terreno. Ovviamente tali unghie non sono armi fatali come quelle retrattili dei Felidi. In compenso, i denti sono robusti e affilati, e vengono usati sia per catturare sia per uccidere la preda.
Normalmente il lupo vive in piccoli branchi formati da 8410 individui imparentati tra loro, guidati da un maschio e da una femmina di posizione alfa, ovvero dominanti, che sono gli unici riproduttori. In questi gruppi, pertanto, vige una regola monogamica imposta dalla coppia alfa a tutti gli altri individui, attraverso una forma di castrazione psicologica. In pratica, la presenza del maschio dominante impedisce a tutti gli altri maschi di accoppiarsi, mentre la presenza della femmina dominante fa lo stesso con le altre femmine. In questo modo, tutti i membri del gruppo fanno da «aiutanti» (in inglese helpers) nell’allevamento dei cuccioli nati dalla coppia dominante. Nelle settimane in cui la femmina allatta, tutti gli adulti le portano il cibo. In seguito, i cuccioli, quando iniziano lo svezzamento, vengono nutriti dall’intero gruppo. Di ritorno dalla caccia, gli adulti vengono stimolati dai cuccioli con colpetti di lingua sul muso, vomitano e permettono così ai piccoli di mangiare il cibo rigurgitato.
Il branco possiede un linguaggio, con cui gli individui comunicano tra loro; i ruoli di dominanza e sottomissione vengono confermati dalla posizione e dai movimenti della coda, dalle espressioni degli occhi e della bocca, insieme ad altri movimenti del corpo. Ciò permette di evitare pericolosi scontri che produrrebbero ferite e diminuirebbero l’efficienza del gruppo nella caccia ai grandi mammiferi.
Anche la comunicazione sonora ha la sua importanza: la vocalizzazione più famosa è l’ululato. Questo è un verso territoriale di branco, emesso da tutti i membri per segnalare agli altri gruppi la propria consistenza e per evitare che questi si spingano nel loro territorio.
Abbiamo accennato che il dingo (Canis dingo) deriva da lupi asiatici, addomesticati e trasportati dagli aborigeni australiani sulle piroghe. Probabilmente, gli esemplari meno docili e quindi ripudiati dal gruppo umano hanno dato origine a popolazioni inselvatichite di lupi che oggi infestano l’Australia e che hanno prodotto gravi danni alla fauna autoctona.
Molte specie di marsupiali, di uccelli e di rettili australiani sono state portate all’estinzione dall’azione congiunta degli aborigeni, degli europei e dei dingo. Probabilmente, anche il tilacino (canguri, koala, opossum), o lupo marsupiale, si è estinto a causa della competizione con il dingo. L’organizzazione sociale del dingo ha avuto la meglio sul carattere solitario e territoriale del tilacino, anche se quest’ultimo aveva mascelle più potenti. Il colore della pelliccia del dingo varia dal giallo al rossiccio – fulvo, più o meno chiaro, non dissimile da quello di certe popolazioni di lupi asiatici.
Nei Libri della giungla, oltre ai lupi, compaiono molti altri animali, fra cui i cani rossi, chiamati con il nome assegnato loro dagli inglesi: dhole. Kipling li descrive come feroci invasori che si muovono in orde numerose e uccidono tutto ciò che incontrano. Tale rappresentazione, basata su antiche credenze indigene, è lontana dalla realtà del cuon alpino (Cuon alpinus), un interessante canide asiatico di piccola taglia, con pelliccia rossastra e coda nera.
Questi animali vivono in gruppi formati da una decina di individui e conducono una vita analoga a quella di altri Canidi sociali, attaccando mammiferi più grandi di loro grazie a un forte senso di cooperazione. Spesso danno la caccia a cervi, cinghiali, bovini selvatici e domestici, suscitando l’ira dei contadini. In circostanze particolari, quando il cibo è scarso, i gruppi si riuniscono a formare orde di oltre 40 individui, la cui pericolosità viene ingigantita dalla fantasia popolare. Secondo i racconti degli indigeni, perfino la tigre e l’orso eviterebbero di incontrare i dhole quando questi sono numerosi e affamati. Questa specie è stata a lungo perseguitata dall’uomo a causa dei danni che provoca al bestiame. Originariamente era diffusa in una vasta area geografica, dalla Siberia orientale all’Indonesia; attualmente si è estinta in molte regioni ed è diventata assai rara in altre.
Nelle montagne dell’Etiopia vive un altro canide dalla pelliccia rosso-dorata: è il lupo del Simien (Canis simensis), una delle specie più rare e minacciate di estinzione. Ne esistono due sole popolazioni, divise fra due diverse aree protette (Simien e Bale) separate dalla Rift Valley. In tutto sopravvivono non più di 450 esemplari. Nonostante le piccole dimensioni e il colore, questo animale è strettamente imparentato con il lupo. Vive a quote elevate, fra 3.000 e 4.300 m, e si nutre in gran parte di piccoli roditori. In questa specie ciascun individuo caccia per conto suo, anche se, come avviene nel lupo, esistono gruppi sociali organizzati: il vantaggio del gruppo non sta quindi nella cooperazione per uccidere grosse prede ma piuttosto nella difesa di un territorio comune da altri gruppi di lupi della stessa specie.
La vita sociale di questo animale è assai curiosa: quando la femmina alfa partorisce, tutte le femmine del gruppo producono latte, pur non essendo rimaste incinte, e collaborano alla nutrizione dei piccoli.
Nell’ambito della fauna europea gli sciacalli sembrano una via di mezzo tra il lupo e la volpe: più piccoli del lupo ma più grandi della volpe, sono solitari come la volpe ma talvolta, quando le risorse alimentari si trovano concentrate, formano gruppi numerosi. Mentre i due Canidi più famosi e ben conosciuti figurano sempre nella letteratura, nei racconti e nella tradizione orale europea, lo sciacallo è presente nella favolistica africana e indiana.
I riferimenti a questa specie sono sempre dispregiativi: lo sciacallo viene visto come un animale codardo e vile, pronto a gettarsi sui cadaveri. L’assenza dello sciacallo nell’immaginario europeo è dovuta al fatto che questa specie ha iniziato a diffondersi in Europa in tempi assai recenti, a partire dall’Asia occidentale. In Italia, per esempio, è entrato nell’ultimo ventennio dalla Slovenia, mentre nei paesi dell’Europa occidentale deve ancora arrivare. La distribuzione dello sciacallo dorato (Canis aureus) è assai ampia: dai Balcani e dal Medio Oriente, questa specie si spinge fino all’India e in gran parte dell’Africa. Altre due specie di sciacalli si trovano nel continente africano nel mosaico di savana, boscaglia e foresta, fino all’estremità meridionale del continente.
Nel Nuovo Continente, invece, non esistono sciacalli. Tuttavia, anche qui troviamo una specie di taglia intermedia fra il lupo e la volpe. Si tratta del coyote (Canis latrans), astuto e solitario esploratore delle praterie, dei deserti e dei boschi nordamericani, la cui voce fa spesso da sfondo sonoro alle inquadrature notturne dei film girati nel Far West. Questo animale impiega tecniche di caccia diverse a seconda della preda. Generalmente si dedica alla caccia solitaria di piccoli roditori e lepri. Talvolta insidia le marmotte (scoiattoli, marmotte e castori) nelle loro tane ricorrendo a una strana cooperazione con un tasso: il coyote individua la traccia odorosa della preda mentre il tasso scava per tirarla fuori dalla sua galleria. Inoltre, due o più coyote possono collaborare per la cattura di un cervo o di una pecora. Famoso è il personaggio dei cartoni Vilcoyote, sempre impegnato nelle sue sfortunate cacce al corridore Bip Bip (cuculi e turachi).
Esistono diverse specie di volpi, ciascuna specializzata a vivere in un diverso ambiente. La più famosa è la volpe rossa (Vulpes vulpes), assai comune nei boschi temperati europei. Protagonista di favole e leggende, in cui quasi sempre vince per la sua astuzia, viene ritenuta un animale nocivo a causa delle frequenti incursioni nei pollai. La lotta contro le volpi è sempre stata spietata, a base di fucili, dolorose tagliole e veleni come la stricnina, che mettono a rischio la sopravvivenza di molti altri animali. Gli Inglesi hanno fatto della caccia alla volpe addirittura uno sport nazionale, in bilico fra la crudeltà e il ridicolo, con tanto di uniformi e protocollo. Non potendo fare a meno di questo sport, i coloni inglesi hanno importato le volpi perfino in Australia e in Nuova Zelanda, causando l’estinzione di molti animali endemici che sono diventati le ignare vittime di questo predatore.
Altre specie di volpi vivono in ambienti estremi e poco ospitali. È il caso del fennec (Vulpes zerda) che vive nel deserto del Sahara, le cui grandi orecchie sono pannelli per la dispersione del calore e parabole per ascoltare i rumori degli animali notturni. Nelle desolate tundre dell’estremo Nord, insieme alle renne (cervi, renne, alci), vive la volpe polare (Alopex lagopus) che d’inverno diventa bianca come la neve. Nelle fredde e ventose praterie della Patagonia vivono altre specie di volpi, dalla pelliccia grigia come le erbe che vi crescono.
Uno dei Canidi più interessanti è il licaone (Lycaon pictus), grande cacciatore delle savane africane, che prende il nome da un mitico re dell’Arcadia trasformato da Giove in lupo per aver fatto un sacrificio umano. Vive in branchi, come il lupo, e si nutre di erbivori selvatici, in particolare zebre (cavalli, asini, zebre), gnu e altre grosse antilopi. Un tempo era diffuso in gran parte dell’Africa. Ciascun individuo era diverso dall’altro grazie a infinite combinazioni di macchie gialle, nere, marroni e rosse, vere e proprie carte d’identità che permettevano ai membri del gruppo di riconoscersi immediatamente a distanza, coordinando le proprie azioni di caccia e mantenendo relazioni personalizzate.
Durante la colonizzazione europea, questi animali vennero accusati di sterminare la selvaggina nei grandi parchi africani, mentre questa doveva essere destinata alle carabine dei turisti cacciatori. Altri dissero che la caccia dei licaoni, condotta in pieno giorno, causava sconcerto fra i visitatori dei parchi e delle riserve. Di fatto, vedere antilopi e gazzelle divorate a partire dal ventre, mentre sono ancora vive, non è uno spettacolo facilmente sopportabile dall’uomo civilizzato. Venne così decretata una campagna di sterminio dei licaoni e fu durissima. A essa si aggiunsero le malattie importate per mezzo dei cani e l’aumento delle iene macchiate, nemici naturali dei licaoni. Oggi, il licaone è diventato molto raro e localizzato: le sue popolazioni sono assai frammentate e hanno perso gran parte della loro variabilità genetica. Il grado di consanguineità è ormai elevatissimo e desta vive preoccupazioni per la sorte di questo bellissimo animale.
Savane e foreste dell’America Meridionale ospitano Canidi assai speciali. Soprattutto due specie, il crisocione e lo speoto, sono così diverse tra loro da sembrare l’esatto opposto l’una dell’altra.
Il crisocione (Chrysocyon brachyurus) è il più grande canide dell’America Meridionale: vive nelle savane e nelle steppe al confine tra Paraguay, Brasile e Argentina. Possiede zampe molto lunghe, muso affusolato e coda corta. Le orecchie sono grandi e la pelliccia è di colore fulvo dorato. Questo canide conduce vita solitaria fra l’erba alta e gli arbusti delle praterie, nutrendosi soprattutto di roditori, rettili e uccelli, ma anche di vegetali. Le lunghe zampe gli servono per vedere al di sopra della vegetazione erbacea, le orecchie per individuare i topi dal rumore. Poiché non si nutre di grossi animali, presenta i denti molari ridotti, mentre i canini sono lunghi e sottili. Viene chiamato anche lupo dalla criniera, per via dei peli lunghi e folti che ricoprono la parte anteriore del dorso e il collo. Purtroppo, è diventato molto raro: attualmente, uno dei maggiori fattori di minaccia sembra essere la diffusione dei cani inselvatichiti che vivono in bande, lo assalgono e lo uccidono.
Del tutto diverso è lo speoto (Speothos venaticus), piccolo canide dalle zampe corte e tozze, che vive in branchi nelle foreste e nelle boscaglie, soprattutto in Brasile, ed è alto appena 30 cm.
Una particolarità di questa specie è la sua abilità ad arrampicarsi sugli alberi, cosa che i Canidi generalmente non fanno. Inoltre, ama molto l’acqua e cerca le prede anche immergendosi e nuotando. Si nutre di roditori, uccelli, rettili e anfibi, ma le sue abitudini e il suo comportamento sono ancora in gran parte sconosciuti.