subordinazionismo Nella storia del dogma, concezione del rapporto trinitario che introduce fra le tre persone (in particolare tra il Padre e il Figlio) una subordinazione di dignità e potenza.
Nei primi secoli le formazioni delle dottrine trinitarie, intimamente connesse a quelle cristologiche, restarono a lungo ambigue, anche per l’insufficiente precisazione dei termini adottati (essenza, persona, ipostasi, natura); presso alcuni scrittori prevalsero formulazioni che insistevano sull’unità di Dio e Cristo, così da concepire quest’ultimo come un ‘modo’ di essere del Padre. La maggior parte distingueva nettamente il Padre dal Figlio pur sostenendone l’unità della sostanza: ma ciò portava facilmente a parlare del Figlio come di una divinità che, pur partecipando della natura divina del Padre, gli è in certo qual modo subordinata. Questo atteggiamento teologico, comune pressoché a tutti gli scrittori preniceni, non ha carattere di dottrina precisa, né quindi ha dato luogo, come tale, ad alcuna controversia teologica. Espressioni nettamente subordinazionistiche, sia pure in maniera diversa si ritrovano nell’esposizione delle dottrine cristologiche degli apologisti, Ireneo, Clemente d’Alessandria, Origene, Ippolito, e tracce inequivocabili di s. si riscontrano in Tertulliano, al quale pure il cristianesimo occidentale deve certo il contributo maggiore alla fissazione del dogma trinitario. In generale, la subordinazione non è tanto affermata (se si escludono forse Clemente e Origene) come derivante da inferiorità di natura, ma piuttosto dal fatto che il Verbo è concepito come strumento, ministro di Dio nell’opera della creazione.
Una dottrina radicalmente subordinazionistica, con riferimento alla natura divina del Verbo, inferiore al Padre e da lui generato nel tempo, cioè creatura di Dio, è la caratteristica dell’arianesimo; la reazione antiariana eliminò di conseguenza ogni traccia di s. considerando le tre persone divine uguali tra loro per natura e dignità.