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Nel 17° secolo la Svezia rappresentava una della maggiori potenze europee, posizione che andò progressivamente perdendo – assieme ai suoi possedimenti territoriali – già nel corso del secolo successivo. Gli attuali confini svedesi si delinearono, tuttavia, solo nel 1905, con la dissoluzione dell’unione tra Svezia e Norvegia, creata un secolo prima a seguito di un breve conflitto. Proprio la guerra combattuta contro la Norvegia nel 1814 – per contrastarne l’istanza secessionista – ha segnato l’ultimo coinvolgimento militare della Svezia, che in seguito si è affermato come un paese neutrale anche nelle due guerre mondiali. Con la fine della Guerra fredda, pur mantenendo ferma la politica di neutralità e il tradizionale sostegno ai fora di cooperazione multilaterale, la Svezia ha approfondito la collaborazione con la Nato, aderendo nel 1994 alla Partnership for Peace e inviando le proprie truppe nelle missioni di peacekeeping in Bosnia-Erzegovina (1996), Kosovo (1999) e nella missione Isaf in Afghanistan (2003).
Il percorso di avvicinamento alle strutture di cooperazione euroatlantiche si è parallelamente compiuto con l’ingresso svedese nell’Unione Europea (Eu), avvenuto nel 1995. Parte dell’area di libera circolazione di Schengen, la Svezia ha tuttavia respinto l’adozione dell’euro tramite un referendum (con il 56% delle preferenze contrarie), appoggiato dal governo socialdemocratico. Risposta comune alla crisi economica, lotta ai cambiamenti climatici, sviluppo della politica estera e di sicurezza comune e, infine, sostegno al Programma di Stoccolma - che mira a rafforzare le misure di sicurezza salvaguardando i diritti degli individui - sono stati i settori sui quali la Svezia ha maggiormente investito in ambito comunitario. E su tali ambiti si è concentrato il suo semestre di presidenza dell’Eu nel 2009. Il rafforzamento della proiezione esterna e della cooperazione regionale con il vicinato europeo è un altro tema prioritario della politica estera di Stoccolma che, non a caso, è stata assieme alla Polonia la promotrice del ‘Partenariato orientale’ con le sei ex repubbliche sovietiche dell’Europa orientale e del Caucaso (Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina). Nella stessa logica rientrano la promozione della strategia Eu per la regione del Mar Baltico – volta a una maggiore cooperazione economica e ambientale – e il sostegno all’allargamento dell’Unione alla Turchia e ai Balcani occidentali.
Di grande importanza per la Svezia è inoltre la cooperazione con gli altri membri del Consiglio nordico e la cooperazione nelle aree del Baltico, dell’Artico e del Mare di Barents. La Svezia è una monarchia parlamentare nella quale il re è capo di Stato, ma esercita una funzione prevalentemente cerimoniale e di rappresentanza. Il Riksdag, il parlamento unicamerale svedese, è stato tradizionalmente egemonizzato dal Partito socialdemocratico, che ha mantenuto un avanzato welfare e un sistema di tasse elevate. Tale tendenza, inalterata sin dagli anni Trenta del Novecento, si è invertita a seguito delle elezioni del 2006, che hanno segnato un arretramento dei socialdemocratici e la formazione di un’alleanza di governo - chiamata Alleanza per la Svezia e guidata dal premier Fredrik Reinfledt - tra quattro formazioni di centro-destra: il Partito moderato (il maggiore), il Partito liberale, i Democratici cristiani e il Partito di centro. La stessa coalizione è stata riconfermata al governo del paese nelle successive elezioni del settembre 2010, grazie all’ottenimento della maggioranza, seppur soltanto relativa, dei seggi parlamentari (173 su 349).
La popolazione è composta prevalentemente da Svedesi (81%) e da Finnici (5%). Oltre ai Sami – piccola comunità indigena che vive nella regione artica – la Svezia, divenuta dopo la Seconda guerra mondiale un paese di massiccia immigrazione, ospita numerose comunità provenienti dai paesi confinanti, ma anche da Grecia, Turchia, ex Iugoslavia e, in misura minore, da Iran e Iraq. Il paese accoglie circa 86.000 rifugiati provenienti prevalentemente da Iraq, Balcani, Iran e Afghanistan. Nel 2007, il 13,4% della popolazione era composto da persone nate all’estero.
Più dell’80% degli Svedesi vive nella parte meridionale del paese, in prevalenza nelle aree urbane. La popolazione è cresciuta dello 0,49% tra il 2005 e il 2010 (nel 2012 ha mantenuto un tasso dello 0,17%), mentre il 25% della popolazione è sopra i 60 anni.
Il welfare svedese è molto avanzato: il sistema sanitario nazionale copre tutti i residenti e il paese spende circa il 9,5% del pil per la sanità; il sistema scolastico, prevalentemente pubblico (solo il 2% degli studenti frequenta scuole private), offre un’istruzione di buona qualità e nel 2011 gli è stato destinato il 6,2% del pil nazionale. Il governo svedese, inoltre, investe intorno al 3,5% in ricerca e sviluppo, in particolare nel campo della scienza e della tecnologia. La Svezia è uno dei primi paesi al mondo per la diffusione di Internet (96,76% nel 2012). Dal 2006 sulla scena politica è intervenuto anche il Partito pirata, che ha fatto della libertà dello scambio di contenuti su Internet il suo cavallo di battaglia ed è riuscito a ottenere un seggio al parlamento europeo nelle elezioni del 2009.
La Svezia è al settimo posto al mondo secondo l’indice di disuguaglianza di genere: nell’attuale parlamento 157 seggi su 349 sono detenuti da donne. Lo stato svedese riconosce inoltre il matrimonio e le adozioni da parte di coppie omosessuali dal 2003.
Il pil pro capite svedese è piuttosto elevato (42.037 dollari al 2013), ben al di sopra, comedel resto per gli altri paesi scandinavi, della media europea. Anche gli standard di vita sono notevoli, con il paese che si attesta all’ottavo posto nella classifica dell’indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite.
Tradizionalmente la Svezia è caratterizzata da un’economia di mercato aperta, accompagnata da un elevato livello di spesa sociale. Il welfare svedese è tuttavia finito sotto revisione e riforma già dagli anni Novanta, prima ad opera degli esecutivi socialdemocratici, poi, in misura più marcata, da parte del governo di centro-destra. Proprio quest’ultimo, per esempio, per favorire il rilancio dell’occupazione ha adottato misure volte al contenimento della pressione fiscale sulle imprese, alla facilitazione delle assunzioni e alla riduzione dei benefici previsti dal welfare. A seguito della sua riconferma alle elezioni del 2010, poi, l’attuale coalizione di governo ha puntato anche a ridurre il peso e la presenza dello stato nell’economia, procedendo a privatizzazioni e liberalizzazioni. Il settore pubblico in Svezia, a ogni modo, continua a rivestire un ruolo chiave.
Sebbene l’agricoltura conti solo per il 2% del pil, la produzione interna, grazie a tassi di produttività molto elevati, riesce a coprire l’80% del fabbisogno alimentare nazionale. Il paese ha inoltre notevoli risorse naturali: la Svezia è un grande produttore di ferro e solfuro e, poiché la metà del territorio ricoperto da foreste, l’industria della carta e del legname sono settori chiave dell’economia (12% del valore aggiunto nel 2008).
Nel corso del 20° secolo, e in misura particolare negli anni Novanta, le tradizionali imprese a basso valore aggiunto del ferro e dei prodotti forestali hanno compiuto progressi notevoli, grazie a un rilevante sviluppo nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Nonostante il paese sia stata colpito dalla crisi globale, come testimoniato dalla diminuzione del pil di cinque punti percentuali nel 2009, già dall’anno successivo l’economia svedese è tornata a crescere, arrivando a segnare tassi di incremento intorno al 4% nel biennio 2011-12. Nel 2013, invece, una diminuzione della domanda interna ed esterna ha fatto rallentare la ripresa (+0,9%), ma le previsioni per il prossimo quinquennio dovrebbero vedere uno stabile ritorno a tassi più elevati, intorno al 2% in media.
La crisi del petrolio degli anni Settanta e un’alta sensibilità sui temi ambientali hanno indotto il paese a puntare su una politica energetica volta a ridurre la dipendenza dalle importazioni di petrolio e a incentivare nucleare e rinnovabili (prevalentemente idroelettrico e biomassa), che oggi soddisfano i due terzi del fabbisogno domestico. La strategia energetica nazionale di medio e lungo periodo prevede una graduale eliminazione dell’utilizzo di combustibili fossili, mentre il futuro del nucleare – che avrebbe dovuto essere ridotto sulla base di un referendum del 1980 – è incerto. Le attuali importazioni energetiche coprono solo un terzo dei consumi primari e sono sufficientemente diversificate, a eccezione del gas, che proviene unicamente dalla Danimarca, tramite il gasdotto che unisce i due paesi.
La Svezia non è parte di alleanze militari dal 19° secolo e non partecipa a guerre dal 1814. L’attuale politica di difesa, oggetto di revisione nel 2002, riconosce tuttavia che la partecipazione a un’alleanza politica, come l’Unione Europea, comporta che i membri siano collettivamente responsabili della sua sicurezza e che tutti debbano quindi poter fornire o ricevere sostegno militare in caso di attacco. La Svezia, pertanto, è tra i promotori di un’intensificazione nella politica di sicurezza e di difesa comunitaria, così come, sempre in questo campo, è attiva per la promozione di una maggiore cooperazione con gli altri paesi nordici e del Baltico. Nell’ambito del Consiglio nordico le truppe svedesi, assieme a quelle finlandesi, norvegesi, estoni e irlandesi, partecipano al battaglione nordico, che è stato a disposizione dell’Eu nel primo semestre del 2007.
Il Partito moderato, che guida l’attuale coalizione di governo, sembra inoltre più aperto all’ipotesi di adesione all’Alleanza atlantica, ma il tema resta controverso tanto tra i partiti quanto presso l’elettorato svedese. Per ora, nell’ambito del programma Partnership for Peace della Nato, la Svezia partecipa alle missioni in Afghanistan (Isaf) e nei Balcani (Kfor).
La legge sulla difesa del 2004 ha introdotto una profonda ristrutturazione del comparto militare. Venuto meno l’obiettivo di impedire una potenziale invasione come nel periodo della Guerra fredda, le forze armate sono state ridotte, razionalizzate e rese più flessibile e pronte a essere dispiegate in missioni internazionali. La spesa militare nel 2011 è scesa all’1,2% rispetto al 4,3% del 2007.
Nel dicembre 2010 ha avuto luogo in Svezia, nel cuore di Stoccolma, il primo attentato terroristico di matrice islamica, a opera di un iracheno-svedese. Nonostante l’attentato non abbia avuto effetti drammatici (ci sono stati soltanto due feriti), il paese, già parte delle maggiori convenzioni internazionali antiterrorismo, ha deciso di promuovere una maggiore cooperazione con altri paesi già impegnati in questo ambito.
Da lungo tempo la Svezia promuove la cooperazione internazionale e un multilateralismo effettivo.
Negli anni Cinquanta lo svedese Dag Hjalmar Agne Carl Hammarskjold, segretario generale delle Nazioni Unite dal 1953 al 1961, ha rappresentato una figura di spicco per la comunità internazionale. Oggi il rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani sono uno dei capisaldi della politica estera svedese, con Stoccolma che si conferma fortemente impegnata nella promozione di una globalizzazione sostenibile e nel rafforzamento dell’interazione tra diritti umani, democrazia e sviluppo. Particolarmente attiva in materia di aiuti allo sviluppo, la Svezia è in prima linea anche nella difesa della libertà di espressione e nella tutela della libertà e della sicurezza su Internet. L’impegno svedese in tema ambientale, invece, risale alla Conferenza di Stoccolma sull’ambiente umano del 1972, è proseguito con la Conferenza di Rio sull’ambiente e lo sviluppo del 1992 e oggi continua con l’impegno nella lotta ai cambiamenti climatici. Altro tema prioritario per il paese, infine, è la promozione dei trattati sulla non proliferazione nucleare, sul commercio di armi e, in generale, sul disarmo.