SVEZIA (XXXIII, p. 40; App. I, p. 1041)
Dati demografici (XXXIII, p. 43). - La popolazione della Svezia era al 31 dicembre 1940 (censimento) di 6.371.432 ab., saliti, secondo valutazioni anagrafiche a 6.763.685 al 31 dicembre 1946. L'aumento medio annuo è stato di o,35% fra il 1930 e il 1935, di 0,38% fra il 1935 e il 1940 e di 0,93% fra il 1940 e il 1946.
Dal 1939 al 1946 immigrarono in Svezia 93.406 persone e ne emigrarono 25.135, di cui 3188 negli S. U. La popolazione urbana è passata dall'11 al 42,3% della totale fra il 1860 ed il 1946. Tutte le città hanno segnato più o meno notevoli aumenti di popolazione (Stoccolma ha ora 690.000 ab., Göteborg 326.000, Malmö 177.000; nessun'altra raggiunge i 100 mila ab.); altre 9, oltre le 17 del 1934, oltrepassano oggi i 20 mila ab.: Soma, Karlskoga, Kalmar, Landskrona, Kristianstad, Trollhättan, Södertälje, Uddevalla e Sundswall. Nella tabella alla colonna seguente si dà la popolazione delle varie provincie secondo il calcolo del 1946.
Condizioni economiche (p. 44). - La crescente industrializzazione della Svezia è chiarita dalla percentuale degli abitanti impegnati in attività industriali e commerciali dalla metà del sec. XVIII ai nostri giorni: 9,5 nel 1751; 19,8 nel 1870; 38,2 nel 1900; 50,2 nel 1920; 57,6 nel 1940. Sebbene agricoltura e allevameuto interessino appena 1/10 (o poco più) della superficie territoriale del paese, lo squilibrio tra le necessità dell'alimentazione e la quantità dei prodotti fomiti dal mercato interno è attenuata dagli elevati rendimenti unitarî, che giungono perfino, nelle annate favorevoli, a coprire il fabbisogno nazionale (di cereali, patate, zucchero). Dopo il 1939 si nota una diminuzione nelle superfici coltivate e, di conseguenza, nei raccolti, tutti inferiori alle medie del periodo prebellico (fatta eccezione per le patate).
L'allevamento si mantiene fiorente; la consistenza del patrimonio zootecnico al 10 giugno 1946 rivela una leggera diminuzione dei bovini (2,9 milioni di capi, contro 3,0 nel 1938) e dei cavalli; un aumerito invece dei suini (1,2 milioni di capi contro 0,9 nel 1938), degli ovini e dei caprini. La produzione del latte (3,4 milioni di t. nel 1945), del burro (93,4) e dei formaggi (35,5) è in aumento.
Le foreste occupano in Svezia circa la metà della superficie territoriale (22,3 milioni di ha.); di esse il 20% ha predominio di pinastri, il 18% di abeti, il 22% di sole conifere, il 33% misto di conifere e latifoglie, il 6% di sole latifoglie. Per la produzione del legname (30-35 milioni di mc. annui, in media) la Svezia occupa in Europa il primo posto (prescindendo dall'URSS); e lo stesso avviene per le industrie che ne derivano (segherie, mobilificio, cellulosa, carta e cartoni, ecc.). Per i fiammiferi di legno, il trust svedese è giunto a controllare fino all'85% della produzione mondiale. Per l'esportazione del legname viene invece al 4° posto nel mondo, dopo Canada, URSS e Finlandia.
L'industria mineraria svedese rimane dominata dall'estrazione e dalla lavorazione del ferro. Nel 1946 la produzione del ferro greggio si tenne sulle 670.000 t. (692.000 nel 1937), ma quella dell'acciaio salì a 1,2 milioni di t. (992.000 nel 1938). In continuo progresso l'elettrometallurgia, le industrie meccaniche, le chimiche e quelle della gomma.
Commercio estero (p. 47). - La bilancia commerciale si chiude di regola in disavanzo (colmato tuttavia, con maggiore o minore larghezza dai noli della marina mercantile). Ecco i dati relativi:
Nelle importazioni prevalgono (in valore) i manufatti, gli articoli tessili e di abbigliamento e i prodotti alimentari; nelle esportazioni il legname e derivati, i minerali e relativi manufatti ed i macchinarî. Tra i fornitori i primi posti sono tenuti dagli S. U., la Gran Bretagna, la Svizzera e l'Argentina; tra i clienti dalla Gran Bretagna, la Norvegia, i Paesi Bassi, il Belgio e la Francia. L'intercambio italo-svedese è notevole; l'Italia importa di regola assai più (legname, acciai, zolfanelli) che non esporti (cereali e pasta, frutta, ortaggi, mobili, vino, cappelli, marmi e zolfo).
Comunicazioni (p. 47). - Al 10 giugno 1947 si contavano in Svezia 90.265 km. di strade nazionali. La lunghezza totale delle ferrovie era nel 1946 di 16.756 km., dei quali 12.041 appartenenti allo stato. Circa 1/3 dell'intera rete è elettrificato. La marina mercantile consta (1° giugno 1947) di 2078 navi per una stazza complessiva di 1,8 milioni di t. Le comunicazioni aeree hanno avuto un grande sviluppo, sia con i paesi europei, sia con gli S. U. e l'Africa (linea Stoccolma-Addis Abeba).
Finanze (p. 50). - La Svezia, nonostante la inevitabile riduzione degli scambî con l'estero, venne a trovarsi alla fine delle ostilità in una situazione economica, in un primo tempo, decisamente favorevole. La produzione aveva subìto bensì una certa flessione, ma le riserve monetarie e finanziarie del paese erano rimaste intatte, le scorte di merci erano notevoli e si era mantenuto un livello di elevata occupazione; ciò permise durante il 1945 uno sviluppo accentuato delle esportazioni (v. sopra le cifre sul commercio estero). Contemporaneamente però, anche le importazioni, soprattutto di materie prime, registrarono, a causa dei crescenti bisognì della produzione, un rapido incremento. A partire dal 1946 esse superarono anzi largamente le esportazioni conducendo a crescenti disavanzi della bilancia dei pagamenti, per la copertura dei quali fu necessario utilizzare le riserve valutarie del paese (le riserve in oro e divise della Banca nazionale, passate da 2083 milioni di corone nel 1938 a 2782 milioni nel 1945, scendevano nel dicembre 1948 a 604 milioni). A questi sviluppi ha contribuito la rivalutazione della corona, decisa il 13 luglio 1946 (cambio con il dollaro portato da 4,20 a 3,60 corone), allo scopo tanto di evitare che il processo inflazionistico internazionale si ripercuotesse sul mercato svedese, quanto di promuovere le importazioni per stimolare la produzione interna e favorire quindi le esportazioni di manufatti. Tali previsioni non si sono peraltro realizzate, sia per le restrizioni imposte dai paesi esteri per ragioni valutarie, sia per l'aumento dei prezzi svedesi all'esportazione, determinato dal maggior costo delle importazioni e dagli aumenti dei salarî avutisi nel frattempo; il problema del disavanzo della bilancia dei pagamenti divenne in conseguenza così acuto, che il governo fu costretto a rivedere la politica inizialmente adottata di libertà delle importazioni e a ristabilire via via severe restrizioni, che non hanno però avuto l'efficacia sperata, in parte a causa degli sviluppi verificatisi parallelamente nella politica monetaria e finanziaria del governo.
Nel periodo prebellico l'azione governativa si era manifestata in due direzioni e cioè, da un lato, nello sforzo di mantenere stabile il potere d'acquisto della corona, dall'altro, nel perseguire la politica di piena occupazione attraverso il controllo e l'attenuazione dei cicli economici. Dal 1937 anno in cui alla fase di depressione successe quella di ripresa economica, il primo obiettivo cominciò a trovarsi parziaimente in conflitto con il secondo e il governo si avvalse dei mezzi a sua disposizione (saggio di interesse, prezzi, cambî, bilancio dello stato), adattando di volta in volta la sua politica agli sviluppi del ciclo economico. Riuscì così, durante la guerra, a impedire un eccessivo elevarsi dei prezzi e a stabilizzare i salarî, ma, chiuso il conflitto, la politica della piena occupazione ha assunto importanza predominante e al principio di garantire il salario reale attraverso la stabilizzazione e riduzione dei prezzi si è in parte sostituito quello della rivalutazione dei salarî nominali. Il principale strumento per la realizzazione della piena occupazione è stata la politica del basso saggio di interesse, manovrata attraverso sostanziali acquisti di titoli di stato da parte della Banca nazionale, il cui portafoglio in titoli di stato è salito da 434 milioni nel 1945 a 3317 milioni di corone nel dicembre 1948; questa politica, mentre ha agevolato gli investimenti produttivi (soprattutto nel settore edilizio), ha d'altro canto neutralizzato gli effetti deflazionistici del disavanzo della bilancia commerciale e ha favorito, accentuando la liquidità del mercato, i consumi interni a danno del commercio di esportazione. La conseguente pressione inflazionistica è stata aggravata dall'evoluzione dei redditi monetarî (aumenti salariali) e soltanto in misura minima compensata dalla politica fiscale del governo (avanzi del bilancio corrente) in quanto, di fronte all'espansione degli investimenti privati, non sembra siano stati sufficientemente compressi quelli statali (il bilancio generale dello stato ha continuato a presentarsi infatti in disavanzo). Lo squilibrio economico generale che ne è derivato si è tradotto, come si è visto, nella situazione deficitaria della bilancia dei pagamenti, che si spera tuttavia possa essere sanata soprattutto con l'aiuto americano nel quadro del piano di ricostruzione europea.
Il bilancio dello stato ha così variato nel periodo 1939-48.
Il debito pubblico (tutto interno) ammontava nel dicembre 1948 a 11.598 milioni di corone (1938=2566 milioni). La circolazione monetaria era passata da 980 milioni nel 1938 a 3113 milioni nel dicembre 1948; nel settembre 1948 i depositi presso le banche commerciali ammontavano a 7,3 miliardi (1938=4 miliardi), quelli presso le casse di risparmio ordinarie e postali a 8,5 miliardi (1938=4,3 miliardi).
Bibl.: E. Nylander, Modern Sweden, Stoccolma 1937; T. Streyffert, The Forest of Sweden, ivi 1938; J. Jussiant, La structure économique de la Suède et de la Belgique, Bruxelles 1938; O. Jonasson, E. Hoijer, T. Bjorkman, Agricultural atlas of Sweden, Stoccolma 1938; A. Montgomery, The rise of modern industry in Sweden, Londra 1939; D. S. Thomas, Social and economic aspects of Swedish population movements 1750-1933, New York 1941.
Per le finanze: soprattutto la Rivista trimestrale della Skandinaviska Banken e il bollettino mensile Index della Svenska Handelsbanken, Stoccolma, con i relativi supplementi, tra cui lo studio di B. Kragh, Sweden's monetary and fiscal policy before and after the second world war, Stoccolma, giugno 1946.
Storia (p. 51).
Nell'aprile 1939 la Germania propose alla Svezia la firma di un patto di non-aggressione, ma l'offerta non fu accolta dal governo di Stoccolma. Allorché, nell'ottobre dello stesso anno, l'URSS chiese alla Finlandia di iniziare trattative per regolare "certe questioni concrete di carattere politico", il ministro degli Esteri svedese, Sandler, dichiarò alla signora Kollontay, rappresentante dell'URSS a Stoccolma, che il mantenimento dello statu quo finlandese era un indispensabile fattore d'equilibrio nella zona del mar Baltico. L'azione diplomatica svedese non riuscì però a far recedere l'URSS dalle sue richieste verso la Finlandia. Lo scoppio della guerra tra i due paesi (30 novembre 1939) vide l'opinione pubblica svedese solidale con la Finlandia. Sebbene la Svezia non abbandonasse la neutralità, il presidente del consiglio Hansson, dopo aver proceduto alla costituzione di un ministero di coalizione, dichiarò in un radiodiscorso del 13 dicembre che la Svezia avrebbe concesso il massimo "aiuto umanitario e materiale" alla Finlandia. La concessione di questi aiuti (arruolamento di volontarî, invio di materiale bellico) e l'atteggiamento antisovietico della stampa svedese determinarono nel gennaio 1940 la presentazione di una nota diplomatica russa ove tali aiuti erano considerati inconciliabili con la neutralità svedese. Il nuovo ministro degli Esteri, Günther, replicò che gli aiuti, concessi da privati, non potevano pregiudicare l'atteggiamento ufficiale assunto dal governo. Infatti, nel febbraio, la Svezia negò il transito ad un corpo di spedizione anglo-francese da inviarsi in aiuto alla Finlandia. Dopo la pace di Mosca (12 marzo 1940) la Svezia non era contraria a concludere un'alleanza difensiva con la Finlandia e la Norvegia, allo scopo di proteggere i confini e l'indipendeuza dei paesi contraenti, ma, data l'opposizione russa, ciò non fu possibile. Il 9 aprile 1940, mentre la Germania iniziava l'invasione della Danimarca e della Norvegia, l'ambasciatore tedesco a Stoccolma, principe di Wied, assicurando che l'azione della Wehrmacht non avrebbe danneggiato in alcun modo gli interessi svedesi, chiedeva a Günther l'osservanza della più stretta neutralità da parte della Svezia. Il governo svedese, non intendendo ad alcun costo coinvolgere il paese nella guerra, fu sollecito a concedere tale assicurazione ed anzi abbandonò in parte - dato che in quei mesi le sorti della guerra favorivano la Germania - la linea della più stretta neutralità. Così il 5 luglio 1940 fu concluso un accordo in base al quale si permetteva il transito ferroviario di materiale bellico tedesco attraverso il territorio svedese. L'Inghilterra e la Norvegia protestarono contro questa concessione. La situazione politica europea non permetteva però alla Svezia di accogliere queste proteste. Solo nell'agosto 1943, quando il declino della potenza militare tedesca era ormai evidente, la Svezia fu in grado di revocare le concessioni accordate tre anni prima, ma nel frattempo - all'indomani dello scoppio del conflitto russo-tedesco - il 25 giugno 1941, la Svezia aveva dovuto acconsentire al transito, per via ferroviaria, di una divisione germanica, in trasferimento dalla Norvegia in Finlandia. Pertanto, nella seconda metà del 1943, la politica di neutralità svedese, che fino allora era stata piuttosto favorevole alla Germania, assunse un corso propenso alle Nazioni Unite. Si ripresero le relazioni diplomatiche col governo norvegese in esilio a Londra e si ebbero calde dimostrazioni di simpatia verso i Norvegesi perseguitati dalla Germania. Il 7 maggio 1945 la Svezia ruppe infine le relazioni diplomatiche col terzo Reich. Dopo la fine della guerra Hansson presentò al re le dimissioni del governo di coalizione e formò un gabinetto socialdemocratico. Alla morte di Hansson (ottobre 1946) divenne capo del governo Tage Erlander. Nel novembre le due camere del Riksdag accordarono la ratifica ad un trattato di commercio con la Russia, con cui si accordava all'URSS un credito di un miliardo di corone per effettuare l'acquisto di merci nella Svezia. Il 2 novembre successivo la Svezia fu ammessa tra le N. U. e nel luglio 1947 aderì al Piano Marshall con l'intesa che ciò non doveva legarla ad un eventuale blocco occidentale né, comunque, influenzare la sua politica. Le misure finanziarie del governo (1947-1948) portarono ad aspri contrasti con l'opposizione parlamentare, conservatrice e liberale. Le elezioni politiche per la seconda Camera, tenute il 19 settembre 1948, hanno visto l'affermazione dei liberali che, sotto la guida del noto economista B. Ohlin, sono passati da 26 a 57 mandati, mentre tutti gli altri partiti concorrenti hanno subìto perdite. I socialdemocratici sono retrocessi da 115 a 112 seggi, gli agrarî da 35 a 30, i conservatori da 39 a 22, i comunisti da 15 a 9. I risultati elettorali non hanno però scosso la posizione dominante che il partito socialdemocratico da 16 anni occupa nel paese. Pur avendo perduto, rispetto alle precedenti elezioni del 1944, tre seggi, i socialdemocratici restano sempre padroni della situazione parlamentare, poiché hanno la maggioranza nella prima Camera, e poiché la norma costituzionale richiede la votazione a camere riunite nel caso in cui vi siano divergenze tra i due rami del parlamento. Il premier Erlander, conscio della sua forza nel Riksdag, dopo inutili tentativi di costituire un governo di coalizione insieme agli agrarî, è ritornato pertanto alla formula precedente di un gabinetto meramente socialdemocratico. In politica estera la Svezia è fautrice di un blocco scandinavo, comprendente anche la Danimarca e la Norvegia. Nel corso del 1948 e alla fine del gennaio 1949 si ebbero varie riunioni tra i capi di governo e i ministri degli Esteri dei tre paesi, per la conclusione di un patto di difesa scandinava, ma, data l'intransigenza svedese di conservare la più rigorosa neutralità ed equidistanza tra occidente ed oriente, le conferenze suddette non approdarono a nulla di concreto.
Bibl.: Erik Hj. Linder, Sveriges Neutralitetspolitik, Stoccolma 1943; R. Kenney, The Northern Tangle, Londra 1946. Sulla questione del transito il Ministero degli esteri svedese ha pubblicato, dopo la fine della guerra, un libro bianco: Transiteringsfrågor och därmed sammanhängande spörsmål April-Juni 1940, Stoccolma 1947. Un altro libro bianco tratta della politica svedese tra il settembre 1939 e l'aprile 1940; Förspelet till det tyska angreppet på Danmark och Norge den 9 aprile 1940, Stoccolma 1947. Sulle relazioni tra Svezia e Norvegia durante la seconda Guerra mondiale esiste un libro diplomatico norvegese (Norges forhold til Sverige under krigen 1940-45).
Letteratura (p. 63).
La rapida trasformazione economico-sociale della Svezia nell'ultimo ventennio è accompagnata da una letteratura che presenta caratteri assai simili a quelli della coeva letteratura europea e americana. Si può dire che dal 1920 dominino due tendenze fondamentali: una realistico-sociale può idealmente ricondursi all'ideologia del naturalismo dell'80, l'altra regionalistica (Hembygdsskildring) e paesana può derivarsi dall'estetismo del '90. Entrambe rivelano sia nella lirica, sia nel romanzo velleità di violenta reazione a tutte le forme del passato (sintomatica è la rinnovata attualità dello Strindberg naturalista e mistico, e l'atteggiamento misoneistico di critici conservatori come J. Landquist, F. Böök, M. Lamm) per cui lo spirito della nuova arte,, se in parte supera la unilateralità del gusto d'una volta, induce poi a opposte unilateralità. L'esempio più significativo in tal senso è il debutto di cinque giovani poeti (Fem unga, Cinque giovani, 1929) "proletarî": A. Lundqvist, E. Asklund, I. Kjellgren, H. Martinsson, G. Sandgren, con un programma tra futurista e vitalista, ostile al conservatorismo della scienza universitaria, alla retorica coturnata dei grandi scrittori svedesi ottocenteschi e alla tirannia delle leggi sintattiche e metriche. Ispirandosi alla letteratura postbellica americana e inglese, particolarmente a S. Anderson e a D. H. Lawrence, essi proclamano il culto della libertà sessuale, del primitivo, del subcosciente (dal 1933 al 1934 il capo del movimento, Lundqvist, ha fondato e diretto insieme al surrealista G. Ekelöv la rivista Karavan dove, con conoscenza delle teorie di Jung e sull'esempio di André Breton, si predica l'automatismo come principio della creazione poetica), della macchina "che contiene una nuova non liberata poesia ed è simbolo d'una forma di vita non ancora raggiunta" (Lundqvist) e professano una vaga simpatia comunista. Ma all'infuori di qualche singola opera degna di nota (H. Martinsson, Resor utan mål, Viaggi senza meta, 1932; A. Lundqvist, Glöd, Ardore, 1930) questa corrente di pensiero (che ha avuto sviluppi paralleli nei romanzi della Krusenstjerna, 1894-1940), pur giustificabile nei suoi intenti novatori, s'è presto isterilita e banalizzata nell'unilaterale sopravvalutazione d'un solo momento dello spirito.
In contrasto al naturalismo sensualistico dei poeti "proletarî" che senza studî accademici, dalla vita pratica o dal giornalismo radicale, son venuti al mondo della cultura, ha contribuito a restaurare il senso della spiritualità della poesia insieme a P. Lagerqvist, H. Gullberg. Fine e dotto umanista, nemico aperto d'ogni forma di collettivismo, in tono di conversazione, pacato, ironico e allusivo ha saputo genialmente adombrare il suo sentimento mistico-religioso della vita.
Sono molti i nomi che meriterebbero un cenno dopo quello di Gullberg: da B. Bergman elegiaco e mistico parnassiano all'idillico B. Sjöberg, dal mite e religioso R. Jändel all'eclettico S. Selander, da E. Lindorm a F. Blomberg, da F. G. Eengtson a K. Ek, da H. Löwenhjelm a B. Malmberg, al finno-svedese Zilliacus e G. M. Silverstolpe, e altri ancora, virtuosi della forma e teneri idillici, facili versificatori e raccolti intimisti. Figure di rilievo tra i giovani sono nella lirica J. Edfeldt (nato nel 1904) e N. Ferlin (En döddansares visor, Canzoni macabre, 1930; Barfotabarn, Bimbi scalzi, 1933) nel quale si fondono echi della poesia di Fröding col tono smagato di Dan Andersson a rispecchiare il tragico quotidiano della vita odierna (Goggles, 1938); tuttavia egli è un artista ancora suscettibile di mutamenti, perché legato a una sua maniera impressionistica da cui tende visibilmente a liberarsi.
Nella prosa sono stati e sono molto discussi F. G. Bengtson, il cui parodistico romanzo d'avventure vichinghe, singolare saggio di "escapism" svedese, Röde Orm (Orm il rosso, 1941) ha incontrato il favore della critica ufficiale; E. Johnson, in origine appartenente alla letteratura "proletaria" marxista e freudiana, il quale, con fredda intelligenza non disgiunta peraltro da un sia pur represso pathos umano, riflette nei suoi romanzi (Krilon, 1941; Strändernas svall, La risacca, 1946) la caotica e sanguinosa realtà degli eventi connessi alla seconda Guerra mondiale (alla quale pure si ricollegano opere come Kallocain di K. Boye; Trägudars land, Il paese degli idoli, di J. Fridegård; Dvärgen, Il nano, di Lagerqvist); V. Moberg (n. 1898) autore di romanzi sociali e rurali fortemente tendenziosi (Raskens, 1927; Rid i natt, A cavallo stanotte, 1943). O. Hedberg, ironico moralista dotato di notevoli virtù narrative (Stopp, tänk på något annat, Alt! Pensa ad altro!; Får jag be om räknin gen, Il conto per favore, 1937; Ut med blondinerna, Fuori le biondine, 1939); Jan Fridegård (n. 1897), I. Lo Johansson (n. 1901), H. Beijer (n. 1896), K. Boye (1900-1941), L. Ahlin, D. Edqvist e altri ancora. È d'altronde carattere comune di tutta l'ultima generazione di scrittori svedesi l'estrema sensibilità e inquietudine, l'assidua ricerca d'un equilibrio interno attraverso le più svariate e complesse esperienze spirituali.
A questa molteplicità d'indirizzi e di tendenze letterarie s'accompagna una copiosa produzione giornalistica e critica; quest'ultima d'impronta decisamente positivista, forse perché in Svezia è mancata una tradizione storico-speculativa da cui potesse sorgere la nuova metodologia. Alla critica erudita e comparatista appartengono i maestri come H. Schück, M. Lamm, G. Castrén, O. Sylwan; a quella psicologizzante di tipo romantico R. G. son Berg, O. Holmberg e F. Böök (quest'ultimo però dotato d'un felice ed equilibrato intuito). Accanto, e per lo più in contrasto con questi che sono i massimi rappresentanti della critica accademica (altri notevoli se ne potrebbero aggiungere come K. Hagberg, I. Harrie, K. Strömberg, H. Söderhjelm, H. Ahlenius) è sorta una critica marxista (A. Ljungdahl, S. Ahlgren), giornalistica e polemica di scarso rilievo malgrado la rumorosità dei suoi atteggiamenti rivoluzionarî; e 1ion è neppure mancato in sede critico-filosofica qualche singolo tentativo di approfondimento dei problemi dell'arte (H. Larsson) anche sulla scorta del pensiero estetico crociano (N. Svanberg).