INDIANA, UNIONE
. Ordinamento. - La costituzione promulgata il 26 gennaio 1950 ha fatto del Dominion dell'India (v. XIX, p. 1; App. I, p. 724; II, 11, p. 15) una repubblica federativa, indipendente e sovrana; come membro del Commonwealth, il nuovo stato riconosce nella corona britannica il capo del Commonwealth stesso in quanto simbolo della libera associazione dei membri della Comunità, ma la Corona non esercita nessuna funzione costituzionale. A capo dello stato è un presidente eletto con il sistema proporzionale dai due rami riuniti del parlamento centrale e dalle assemblee legislative degli stati; dura in carica cinque anni ed è il capo supremo delle forze armate. Il presidente sanziona le leggi approvate dal parlamento, ha il diritto di grazia e di commutazione della pena, designa i governatori degli stati e può sciogliere le assemblee legislative degli stessi in caso di necessità. Il presidente è affiancato da un vice-presidente, eletto dai due rami congiunti del parlamento, che lo sostituisce ogniqualvolta ciò sia necessario. Il parlamento si compone di una Camera del popolo (Lok Sabhā) di circa cinquecento membri eletti per cinque anni con suffragio diretto, e della Camera alta o Consiglio degli Stati (Rāj Sabhā) composta di un massimo di 250 membri eletti con il sistema proporzionale dalle assemblee legislative degli stati, tranne dodici che sono di nomina presidenziale. Il Consiglio degli Stati non viene mai sciolto, ma ogni due anni si rinnova per un terzo; suo presidente è di diritto il vice-presidente della repubblica.
Fino al 1956 gli stati federali erano 29 in tutto divisi in quattro categorie: A, B, C e D. Gli stati della categoria A, costituiti dalle ex-province dell'India britannica e con a capo un governatore designato dal presidente, erano: Assam, Bengala occidentale, Bihar, Bombay, Madhya Pradesh, Madras, Orissa, Panjab, Uttar Pradesh (corrispondente alle United Provinces dell'ordinamento amministrativo britannico); a essi si aggiunse nel 1953 l'Andhra Pradesh formato con le aree di lingua telugu dello stato di Madras. Gli stati della categoria B, costituiti dagli ex-principati o dai territorî derivati dalla loro fusione, erano: Hyderabad, Jammū e Kashmir, Madhya Bharat, Maisūr, Pepsu (ossia Patjala and East Panjab States Union) Rājasthān, Saurāṣṭra, Travancore-Cochin; a ciascuno di essi era preposto un ex-māhāraja con il titolo di rājapramukh. Gli stati della categoria C erano costituiti da alcuni ex-principati minori e da quei territorî che sotto l'amministrazione britannica formavano i Chief Commissioner's Provinces, ossia: Ajmer, Bhopal, Bilaspur (successivamente incorporato nel Madhya Pradesh), Kurg, Delhi, Himācal Pradesh, Kacch, Manipur, Tripura, Vindhya Pradesh. La categoria D infine era costituita da alcuni non meglio definiti "territorî", nella fattispecie le isole Andamane e Nicobare e Port Blair. Gli stati della categoria C e i territorî della categoria D erano sotto la diretta amministrazione centrale.
Con lo States Reorganization Act del 1° novembre 1956, le categorie si sono ridotte a due: quella degli stati propriamente detti e quella dei territorî amministrati direttamente dal governo centrale. Il Bombay Reorganization Bill del 1° maggio 1960, scindendo in due lo stato di Bombay (v. in questa App.) ha elevato da 14 a 15 il numero degli stati federati. Essi sono: Andhra Pradesh, Assam, Bengala occidentale, Bihar, Gujarat, Jammū e Kashmir, Kerala, Madhya Pradesh, Madras, Mahārastra, Maisūr, Orissa, Panjab, Rājasthān, Uttar Pradesh. I territorî amministrati dal centro sono: isole Andamane e Nicobare, isole Amindive e Laccadive, Delhi, Himācal Pradesh, Manipur, Pondicherry (comprendente tutti i territorî già appartenenti alla Francia) e Tripura. L'appartenenza alla federazione indiana del Jammū e Kashmīr, il cui territorio è in disputa tra India e Pakistan, non è ufficialmente sanzionata essendo la questione ancora sotto la considerazione delle N. U. (v. kashmir, in questa Appendice). Ciascuno dei 15 stati è retto da un governatore di nomina presidenziale che dura in carica cinque anni, e da un'assemblea legislativa (in alcuni stati vige il sistema bicamerale) eletta a suffragio diretto per cinque anni. Il presidente dell'assemblea, designato dal governatore, ha anche la carica di primo ministro dello stato. Il presidente della repubblica ha la facoltà di sciogliere le assemblee legislative degli stati in caso di emergenza e di porre gli stati stessi sotto la sua diretta autorità. In ciascuno stato il potere giudiziario è affidato a un'Alta Corte il cui presidente (Chief Justice) è designato dal presidente della repubblica d'accordo con il presidente della Corte Suprema dell'Unione e con il governatore dello stato; i membri dell'Alta Corte, a loro volta, sono designati dal presidente della repubblica d'accordo con il Chief Justice.
Il nome ufficiale dell'Unione è Bhārat, quello dell'eroe eponimo dell'epica indiana; nella letteratura classica sanscrita il termine di Bhāratavarṣa ("dominio del re Bharata") si applica all'India settentrionale. La costituzione prevede l'uso dell'inglese come lingua ufficiale fino al 1965; da quella data all'inglese dovrebbe sostituirsi la lingua hindī, di ceppo indo-ario, che tra tutte le lingue dell'India è quella che conta il maggior numero di parlanti, ma è diffusa solo nelle province settentrionali (Uttar Pradesh, Bihar, regione di Delhi, ecc.). Capitale dell'Unione è Delhi (o Nuova Delhi, ma ormai la città nuova si è fusa con l'antica in un unico organismo urbano).
Popolazione. - Base censimento 1951, secondo la divisione attualmente vigente e sopra indicata.
Negli anni 1941-50 la natalità è stata del 40‰; nel medesimo periodo la mortalità è stata del 27‰. Mentre negli anni 1921-30 la durata media della vita era di 26 anni, nel periodo 1941-1950 essa è salita a 32; solo il 3,3% della popolazione supera i 65 anni e le persone di età superiore ai 75 anni costituiscono solo l'i %. Sempre negli anni dal 1941 al 1950 si è avuto un incremento complessivo della popolazione del 13‰. La proporzione tra maschi e femmine è di circa 1000 a 947. Secondo il censimento del 1951, la popolazione rurale costituisce l'82,7% della popolazione totale, mentre la popolazione urbana, considerando solo le città con 100.000 o più abitanti, rappresenta solo il 6,8% del totale. Si calcola che vi siano 380.020 villaggi con non oltre 500 abitanti (21,95% della popolazione totale) mentre le città con 100.000 o più abitanti sono soltanto 76; il maggior numero di queste si trova nell'Uttar Pradesh (14).
Diamo qui appresso l'elenco, per ordine alfabetico delle città, non capoluogo di stato, (oltre la Grande Calcutta), che al censimento del 195I avevano più di 100.000 abitanti; tra parentesi il numero degli abitanti: Agra (375.665); Ahmedabad (793.813); Ajmer (196.633); Aligarh (141.618); Allahabad (332.295); Alleppey (116.278); Amaravati (124.064); Amritsar (325.747); Bareilly (208.083); Baroda (211.407); Benares (355.777); Bezwada-Vijayavada (161.198); Bhagalpur (114.530); Bhatpara (134.916); Bhavnagar (137.951); Bikaner (130.293); Calcutta (4.578.071); Coimbatore (197.755); Cuttack (102.505); Dehra Dun (144.216); Gaya (133.700); Gorakhpur (132.436); Guntur (125.255); Gwalior (241.577); Howrah (433.630); Hubli (129.609); Hyderabad (1.085.722); Indore (310.859); Jamnagar (104.419); Jamshedpur (218.162); Jhansi (127.365); Jodhpur (180.717); Jabalpur (256.998); Jalandar (168.816); Kanpur (705.383); Kharagpur (129.6i6); Kolar (159.084); Kolhapur (136.835); Kozhikode (158.724); Ludhiana (153.795); Madura (361.781); Mangalore (117.083); Mathura (105.773); Meerut (233.183); Moradabad (161.854); Mysore (244.323); Nagpur (449.099); Poona (588.545); Rajahmundri (105.276); Rajkot (132.069); Rampur (134.277); Ranchi (106.849); Saharanpur (148.435); Salem (202.335); Shahjahanpur (104.835); Sholapur (277.087); Surat (223.182); Taniore (100.680); Tirunelveli (113.486); Tollyganj 1149.817); Trichinopoly-Tiruchirapalli (255.623); Ujjain (129.817); Vellore (106.204); Vizagapatam-vishakhapatnam (108.042); Warangal (133.130).
La popolazione agricola costituisce il 69,8% del totale; gli imprenditori rappresentano il 3,4% e gli artigiani il 50,9% del totale, mentre il rimanente 45,7% è costituito dai lavoratori non in proprio e dagli impiegati. Vi sono circa 4 milioni di indiani emigrati all'estero.
I paesi verso cui si è avuto il maggior flusso di emigrazione sono: Ceylon con 985.327 tra indiani e pakistani residenti nel 1953; Birmania con circa 700.000 indiani residenti; Malesia con 740.709 tra indiani e pakistani residenti nel 1952; Sud Africa con 365.524 indiani residenti nel 1951; isola di Maurizio con 322.972 indiani residenti nel 1952; Trinidad-Tobago con 227.390 indiani residenti nel 1950.
Nonostante la legge vieti l'antica costumanza del matrimonio dei minori, il 14,6% delle fanciulle e il 6,3% dei fanciulli al di sotto dei 15 anni risulta coniugato. Tra i 15 e i 24 anni di età contrae matrimonio l'80% delle donne e il 44,5% degli uomini, mentre tra i 25 e i 34 anni il 13,3% delle donne e l'82,9% degli uomini. La differenza tra il totale dei coniugati maschi (82.253.086) e il totale dei coniugati femmine (82.387.997) lascia supporre un certo residuo di poligamia. Quanto alle confessioni religiose il censimento del 1951 fornisce i seguenti dati: induisti 303,2 milioni (84,99%); musulmani 35,4 milioni (9,93%); cristiani (di tutte le denominazioni), 8,2 milioni (2,30%); sikh 6,2 milioni (1,74%); jaina 1,6 milioni (0,45%); buddisti 0,2 milioni (0,05%); parsi 0,1 milione (0,03%); ebrei 26.781 (0,01%); altre confessioni 1,8 milioni (0,50%). Mancano cifre esatte circa il numero dei parlanti le varie lingue dell'Unione. La percentuale degli analfabeti è assai elevata: circa il 90%.
Attività economiche. - La divisione di quella che già fu l'India britannica in due distinte unità politiche, ebbe disastrose conseguenze per l'economia del subcontinente. L'area di massima produzione della iuta, che si trova nel Bengala orientale, andò al Pakistan, mentre gli stabilimenti per la lavorazione della iuta stessa rimanevano all'India (Calcutta); analogamente i territorî dove sono le massime piantagioni di cotone andarono al Pakistan, mentre rimanevano all'India i centri ove sono i cotonifici (Bombay, Ahmedābād). Né meno grave è stata la perdita del Panjab occidentale (andato al Pakistan) che ha privato l'India di quello che era il granaio di tutto il subcontinente. La situazione fu aggravata dal problema dei profughi (alcuni milioni) provenienti dalle regioni assegnate al Pakistan (Panjab occidentale e Bengala orientale), sicché i primi anni dell'indipendenza furono di profonda crisi economica con stasi nella produzione e l'incombente pericolo di una irrefrenabile inflazione del resto già delineatosi negli anni di guerra.
Questo critico periodo di assestamento durò dal 1947 al 1950. Nel 1951 con l'entrata in funzione del primo piano quinquennale (1951-56) la situazione cominciò gradatamente a migliorare. Più che di un vero e proprio piano si è trattato in effetti di un insieme di varî progetti alcuni dei quali già tracciati prima dell'indipendenza da un apposito ufficio. La spesa prevista fu di circa 5 miliardi di dollari, di cui 1 miliardo e 169,7 milioni di dollari destinati ai trasporti e alle comunicazioni, 749,7 milioni di dollari per l'agricoltura e le comunità rurali, 842,1 milione di dollari per opere idrauliche e di irrigazione; 1 miliardo 119,3 milioni di dollari per servizî sociali, alloggi, lavori di riattamento; 546 milioni di dollari per l'energia elettrica; 375,9 milioni per industrie e miniere; 144,9 milioni per opere varie. Il 40% degli stanziamenti fu destinato all'agricoltura e a opere con questa connesse (irrigazione, energia elettrica), ciò che si spiega dal momento che l'agricoltura resta tuttora la principale risorsa economica del paese, e che la sua produzione riesce a stento a tenere il passo con l'incremento della popolazione che è di 4,5 milioni di unità annue. Tra i lavori per il controllo e lo sfruttamento delle acque dei grandi fiumi, intrapresi, sviluppati o condotti a compimento con il primo piano quinquennale, vanno menzionati la diga di Hirakud nel Bihar, il progetto della valle del Damodar nel Bengala occidentale (centrale elettrica di Bokaro, dighe di Tilajya, di Konar, di Maithon, di Pancet Hill), la diga sulla Tuṅgabhadra nell'Andhra Pradesh, e il canale di Bhakra nel Panjab (v. bhakra, canale, in questa App.).
Il piano ebbe senza dubbio successo e nei cinque anni il reddito nazionale crebbe del 18% mentre la popolazione crebbe del 6%; il reddito individuale annuo salì da 53,34 a 59,01 dollari. La produzione dei generi alimentari fu di 5 milioni di t superiore al previsto e consentì di diminuire le spese per l'importazione di alimenti dall'estero che rimangono purtuttavia gravose per il bilancio indiano. Circa 16 milioni di acri di terreno vennero a beneficiare di una qualche forma di irrigazione, la produzione dei generi di consumo e delle materie prime aumentò del 34% e quella dell'energia elettrica del 70%. Alla copertura delle spese si provvide con introiti fiscali, rendite di capitali produttivi, aiuti dall'estero; restava nondimeno un disavanzo di 6 milioni 530 rupie per eliminare il quale furono necessari altri aggravi fiscali e ulteriori aiuti dall'estero.
Nel 1956 è stato varato un secondo piano quinquennale, che dovrà concludersi nel 1961, per il quale è stata prevista una spesa complessiva di 48 miliardi di rupie (pari a circa 624 miliardi di lire italiane) così ripartiti: 13 miliardi 850 milioni per i trasporti e le comunicazioni; 10 miliardi 540 milioni per l'agricoltura, lo sviluppo delle comunità rurali, l'irrigazione e il controllo delle inondazioni; 9 miliardi 450 milioni per servizî sociali, alloggi e lavori di riattamento; 8 miliardi 900 milioni per l'industria e le miniere; 4 miliardi 270 milioni per l'energia elettrica; 990 milioni per opere varie. Da queste cifre risulta che i trasporti e le comunicazioni assorbono la percentuale più alta delle spese ossia il 28,9% dello stanziamento totale; ciò si spiega tenendo conto che l'India, come sopra si è detto, ha una popolazione prevalentemente rurale e solo migliorando e accrescendo le vie e i servizî di comunicazione si potrà sperare in un aumento degli investimenti privati e in una riduzione del flusso delle materie prime dalle campagne verso le città e inversamente di quello dei manufatti dalle città verso le campagne. Si tratta insomma di industrializzare gradatamente le campagne e di colmare il divario tra l'economia urbana e l'economia rurale che è ancora in condizioni di estrema arretratezza.
Al miglioramento e allo sviluppo delle aree rurali è in particolare dedicato il Community Development Programme, formalmente inaugurato il 2 ottobre 1952 durante il primo piano quinquennale e tuttora in corso di attuazione. Si tratta di un progetto in effetti grandioso che, senza eccessive imposizioni e pressioni dall'alto ma piuttosto favorendo, stimolando e guidando la libera iniziativa (e qui sta forse il suo merito precipuo), per sempre trasformerà, e in parte ha già trasformato, la vita delle campagne indiane, immota da secoli. Non è esagerato affermare che dal suo successo in larga misura dipende l'avvenire economico, sociale, politico e culturale dell'India. Quando l'indiano comune rustico non sarà più un aggregato di capanne di fango, privo delle più elementari attrezzature igieniche, isolato, nonché dal mondo, dagli altri comuni e dal resto della nazione, ma avrà case, ospedali, scuole, energia elettrica, e le sue campagne saranno irrigate e strade lo uniranno ai centri urbani e agli altri villaggi, quando insomma la sua vita si integrerà nella vita della nazione, pacificamente e senza brusche rotture l'India avrà compiuto una rivoluzione esemplare, che sarà la sua più vera.
Ciò che può sorprendere è la ancora relativamente scarsa attenzione che il secondo piano presta allo sfruttamento delle risorse minerarie, non ostante che il sottosuolo dell'India occupi il primo posto nella scala mondiale per i giacimenti di minerale di ferro ad alta lega e il terzo per quelli di manganese, disponga di adeguati giacimenti di carbone, bauxite, gesso, cromo, oro, salgemma e feldspato, e fornisca i quattro quinti della produzione mondiale della mica. Recentemente sono stati scoperti anche ampî depositi di torio e i primi sondaggi fatti hanno rivelato la presenza di petrolio nell'Assam. Ulteriori, accurate esplorazioni del sottosuolo rivelerebbero di certo altre ricchezze.
Il fine ultimo del secondo piano è, come quello del primo, di creare uno "stato previdenziale" (Welfare State) o, come gli indiani dicono, di dare un'impronta socialistica alla società (socialist pattern of society).
Alcuni dei risultati particolari e immediati che il piano si propone di ottenere sono: un aumento del 150% della produzione dei beni di prima necessità, del 25% della produzione agricola, del 64% di quella industriale, del 63% di quella del carbone, del 108% di quella del cemento, del 100% di quella dell'energia elettrica, del 231% di quella dell'acciaio; l'irrigazione di altri 21 milioni di acri di terreno e l'estensione del programma per lo sviluppo dei comuni agricoli (di cui sopra si è detto) a tutte le aree rurali dell'India per complessivi 325 milioni di abitanti e 600 mila villaggi circa. Per ciò che concerne i servizî di comunicazione e la viabilità, il piano prevede l'ammodernamento dei porti di Calcutta, Madras, Bombay e Vizagapatnam, la costruzione di altre 19 mila miglia di strade carrozzabili, l'ammodernamento dei servizî ferroviarî, e l'aumento del 35% del trasporto merci e del 15% di quello passeggeri. Il piano si propone infine uno sviluppo scolastico che consenta ad altri 8 milioni circa di bambini di frequentare le scuole primarie con un aumento del 23%; la costruzione di 3 mila nuove cliniche rurali e l'aumento di 12.500 unità del numero dei medici. La media del reddito individuale dovrebbe salire a 69 dollari (41.400 lire) annui. Di grande importanza economica (oltre che politica) è stato l'accordo che India e Pakistan, dopo anni di laboriose trattative, hanno stipulato il 19 settembre 1960 per regolare lo sfruttamento delle acque del bacino dell'Indo. L'accordo assegna all'India i corsi d'acqua della parte orientale del bacino (Ravi, Bias, Sutlej) e al Pakistan quelli della parte occidentale (Chenab, Jhelum e Indo stesso). Con il contributo dell'Australia, del Canada, della Germania federale, del Regno Unito, degli Stati Uniti e della Banca Mondiale, è stata contemporaneamente prevista la creazione di un fondo finanziario per lo sviluppo del bacino in questione e per sovvenzionare le opere di irrigazione o di altro genere che, a norma dell'accordo, dovranno essere costruite in territorio pakistano.
Finanze. - Durante il decennio in rassegna il bilancio del governo centrale è stato costantemente in disavanzo. All'inizio, il gonfiamento della spesa pubblica globale fu determinato da eventi e da provvedimenti di carattere straordinario: problema della sistemazione dei rifugiati trasferiti dal Pakistan, a seguito della spartizione dell'India in due stati indipendenti; aumento delle spese militari, conseguente alla tensione originalmente manifestatasi nei rapporti fra i due nuovi stati; ecc. Nel 1951 l'estensione all'Unione Indiana dell'ondata inflazionistica mondiale, causata dallo scoppio del conflitto in Corea, minacciò di compromettere l'equilibrio finanziario e monetario generale; ma le autorità reagirono con molta energia. La banca centrale elevò nel novembre 1951 il saggio di sconto ufficiale e, per rafforzarne gli effetti restrittivi, pose termine alla politica di sostegno dei corsi dei titoli di stato, che per l'innanzi aveva reso possibile la monetizzazione del debito pubblico; mentre il governo elevò le imposte sul reddito e quelle su alcune categorie di esportazioni, avvantaggiatesi eccezionalmente per effetto del conflitto coreano.
Perciò, l'attuazione del primo piano quinquennale poté avere inizio in una situazione di fondamentale stabilità finanziaria. Nonostante l'entità dei programmi e delle realizzazioni, solo verso la fine del quinquennio l'equilibrio economico e finanziario si deteriorò notevolmente, e la situazione si aggravò negli anni successivi a causa dell'inizio dell'esecuzione del molto più ambizioso secondo piano quinquennale. Il finanziamento della spesa pubblica dovrebbe essere assicurato per una metà dal gettito delle imposte (8 miliardi di rupie), dall'emissione di prestiti a medio e lungo termine (12 miliardi) e dalle disponibilità dei fondi pensioni, dai profitti delle ferrovie, ecc. (4 miliardi). All'altra metà si dovrebbe provvedere con prestiti della banca centrale e con l'emissione di buoni del tesoro a breve (12 miliardi), con prestiti e aiuti concessi dall'estero (8 miliardi) e con provvedimenti che sono ancora da definire (4 miliardi). Fin dall'inizio dell'esecuzione del secondo piano quinquennale si sono verificate tensioni nel livello dei prezzi, è fortemente aumentato il disavanzo delle finanze pubbliche e si è seriamente aggravato lo squilibrio dei pagamenti con l'estero. Per ridurre la conseguente pressione sulle riserve di valute estere, la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo e numerosi paesi (Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Germania occidentale, URSS e Giappone) hanno concesso all'Unione Indiana crediti cospicui in questi ultimi anni. Nel 1958, la spesa prevista da parte del settore pubblico è stata ridotta a 45 miliardi di rupie e secondo le più recenti previsioni ufficiali, essa non dovrebbe in effetti superare di molto i 42 miliardi.
L'unità monetaria è la rupia. A seguito di un provvedimento, adottato dal governo centrale nel 1955 ed entrato in vigore il 10 aprile 1957, la vecchia suddivisione (i rupia - 16 annas, oppure 64 pice oppure 192 pies) è stata sostituita con quella decimale (i rupia - 100 naye paise). Le vecchie monete sono ancora in circolazione, ma saranno gradualmente ritirate e demonetizzate. Il tasso di cambio di 13,33 rupie per 1 sterlina è stato mantenuto invariato dal 1931. Allorché quest'ultima fu svalutata, nel 1949, anche per la rupia fu dichiarata una nuova parità con l'oro (0,186621 grammi di fino) e con il dollaro (4,7619 rupie per 1 dollaro U.S.A.). Con una legge promulgata nel 1948 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1949, la banca centrale (Reserve Bank) è stata nazionalizzata. I suoi poteri di direzione e di vigilanza in materia di credito sono stati successivamente rafforzati dalla legge bancaria del 1949. Al 31 marzo 1958, operavano nell'Unione Indiana 92 banche autorizzate, alle quali facevano capo nel complesso 3393 filiali.
Comunicazioni e trasporti. - Negli anni 1955-56 il tonnellaggio delle navi di piccolo cabotaggio è salito a 315 mila t di stazza lorda e quello delle navi d'alto mare a 283 mila tonnellate. Nei medesimi anni la rete delle strade nazionali era di 12,500 miglia, quella delle strade regionali era di 20,600 miglia. La rete ferroviaria è in costante sviluppo e così pure il numero delle vetture e delle locomotive. Dall'inizio del primo piano quinquennale a tutto il 1953 furono costruite in India 100 locomotive, 1751 vetture passeggeri, 13.754 carri ferroviarî; 350 locomotive e 307 vetture passeggeri furono importate dall'estero. Sempre nel quadro del primo piano quinquennale è stata intrapresa la perforazione della galleria del Banihal nella catena del Pīr Panjāl che faciliterà enormemente le comunicazioni col Kashmir, e, quando sarà completata, sarà la più lunga galleria stradale del mondo. L'India è attualmente dotata di tre aeroporti internazionali: Santa Cruz (Bombay), Dum Dum (Calcutta), e Palam (Delhi) ed è collegata via aerea con Aden, l'Afghānistān, la Birmania, Ceylon, la Francia, l'Indonesia, l'Inghilterra, l'Italia, il Kenya, la Malesia, il Nepal e il Pakistan. Il 23 maggio 1953 tutte le linee aeree civili sono state nazionalizzate e dal 15 giugno del medesimo anno vengono gestite mediante due società governative: l'Air Indian International (servizî intercontinentali) e l'India Airlines (servizî interni e con i paesi viciniori).
La rete di distribuzione postale si estende per 260.000 km di cui il 24% serviti da ferrovie, il 17% da autoveicoli, il 5% da battelli a vapore, carri a trazione animale ed animali da soma; il rimanente 54% viene coperto da corrieri a piedi e da piccole imbarcazioni. La rete telegrafica comprende 1 milione 255 mila km di cavo. I servizî di radiodiffusione dipendono dall'All India Radio che al 31 agosto 1959 contava 1.684.378 abbonati. Il 15 settembre del medesimo anno è stata inaugurata a Delhi la prima stazione televisiva sperimentale.
Commercio estero. - Il valore delle esportazioni è salito da 4233 milioni di rupie nel 1948-49 a 5830 milioni nel 1954-55; il valore delle importazioni è sceso da 6631 milioni di rupie nel 1948-49, a 6361 milioni nel 1954-55, con tutto ciò esso rimane sempre eccessivamente alto e grava pesantemente sull'economia indiana come si è accennato più sopra al paragrafo sull'economia. Nel 1955 l'Italia ha importato dall'India prodotti per un valore di 1.185,1 milioni di lire. Le merci che l'India ha soprattutto importato dall'Italia sono le fibre tessili artificiali e sintetiche e i loro filati, i prodotti siderurgici, le macchine utensili e i macchinarî in generale, i prodotti dell'industria metalmeccanica e ferroviaria, l'alluminio e le sue leghe, i concimi chimici. L'Italia a sua volta ha importato dall'India kapok pepe, gomma lacca, minerale di manganese, mica, olio di arachidi, copra, canapa.
Storia. - Il 21 giugno 1948 con la partenza dell'ultimo govertore generale Lord Louis Mountbatten di Birmania, finì il diretto dominio della Corona sull'India incominciato novant'anni prima con il Government of India Act che trasferiva al Sovrano inglese i possedimenti dell'East India Company. La carica di governatore generale fu assunta da un indiano, Cakravarti Rājagopālacāryar, che rimase nell'ufficio fino alla promulgazione della nuova costituzione. I lavori dell'assemblea costituente, che erano stati incominciati il 9 dicembre 1946, si conclusero il 26 novembre 1949, e la costituzione fu ufficialmente promulgata il 26 gennaio 1950. Nel suo preambolo l'India è definita una repubblica democratica, indipendente e sovrana, e nell'articolo 1° un'unione di stati. I particolari del nuovo ordinamento essendo stati descritti più sopra, basterà qui osservare che dei 395 articoli di cui il testo della costituzione si compone, 250 circa sono ripresi alla lettera, o con lievi modifiche, dal Government of India Act del 1935; idee prettamente indiane sono affatto assenti e il documento si ispira in tutto e per tutto ai principî costituzionali europei, ciò che sollevò non lievi critiche. Per esempio, alcuni lamentarono che alla base del nuovo ordinamento indiano non fossero state poste le tradizionali "assemblee di villaggio" (pañcāyata), ma fu facile ribattere che questa sorta di repubblichette comunali erano state nel passato la causa precipua della disunione, dell'arretratezza, e quindi della debolezza politica dell'India, insomma di tutti quei mali che la nuova carta si propone appunto di sradicare.
Nel 1951-52 si tennero le elezioni generali, le prime nella storia dell'India e le prime che si siano tenute in una nazione asiatica uscita di soggezione straniera. Furono chiamati alle urne 173 milioni di cittadini (il corpo elettorale più vasto del mondo) dei quali il 60% compì il suo dovere, fatto tanto più apprezzabile quando si consideri che l'80% dell'elettorato era costituito di analfabeti. I partiti politici in lizza erano 59 e i candidati più di 17 mila. La vittoria fu del partito che aveva portato l'India all'indipendenza, il Congress Party, che ottenne il 45% dei suffragi nelle votazioni per il parlamento centrale (362 seggi su 489) e il 42% nelle votazioni per le assemblee degli stati. Oltre che al parlamento centrale, il Congress Party ebbe la maggioranza nelle assemblee di tutti gli stati, eccettuati quelli di Madras, Orissa, PEPSU, Travancore-Cochin e Tripura. Con le elezioni del 1951-52 l'India, repubblica indipendente e democratica, aveva passato la sua prova del fuoco e si trattava allora di consolidare le raggiunte conquiste. Il compito che attendeva gli uomini preposti alla cosa pubblica era immane: si doveva, soprattutto nella sfera economica e sociale, costruire la nazione ab imis fundamentis. L'opera del governo, guidato da Javāharlāl Nehru, fu in questo senso egregia, soprattutto per la prudenza e il senso di misura con cui seppe operare riforme senza violentare i millenarî usi e costumi del popolo e senza offenderne la profonda coscienza religiosa. Le forze disgregatrici da combattere erano molteplici e pronte a insorgere a ogni occasione, come per esempio risultò chiaro quando si dovette affrontare il grave problema della lingua.
La costituzione definisce "lingue nazionali" le quattordici principali lingue dell'lndia, ma stabilisce che "lingua ufficiale" dell'Unione sarà, fino al 1965, l'inglese; da quella data l'inglese dovrà essere sostituito dalla hindi. La scelta della hindī fu consigliata dal fatto che essa è di tutte le lingue dell'India - dravidiche, munda, sino-tibetane o indo-arie che siano - quella che conta il maggior numero di parlanti. Ma per fare della hindī la lingua ufficiale dell'India a partire dal 1965, sarebbe stato necessario cominciare a renderne obbligatorio l'insegnamento nelle scuole sì da venir preparando le nuove generazioni al suo uso che sarà in futuro d'obbligo nell'amministrazione statale. Orbene, l'opposizione che questo progetto suscitò presso tutti i gruppi alloglotti, soprattutto nell'India meridionale, e anche in uomini illuminati e che avevano a suo tempo accettato quanto stabilito in proposito dalla costituzione, fu violentissima e non si esitò a mettere a repentaglio l'unità spirituale della nazione pur di affermare i diritti delle varie lingue regionali. Il partito di maggioranza salvò la situazione con un compromesso deciso ai primi del 1958 durante il suo congresso annuale: la hindī sarà introdotta come lingua ufficiale dopo il 1965 solo "formalmente" e non si esclude che l'uso dell'inglese come "lingua ufficiale" possa continuare ancora dopo quella data.
Strettamente connesso con quello linguistico, e non meno grave di esso, fu il problema della riorganizzazione degli stati. La divisione del paese nei 29 stati elencati dalla costituzione e raggruppati in quattro categorie (vedi sopra: Ordinamento) lasciava senza dubbio molto a desiderare e non poteva non avere un carattere provvisorio. Pertanto, alla fine del 1953 fu insediata una commissione di tre membri con il compito di studiare la riorganizzazione degli stati (States Reorganization Commission). La commissione cercò innanzitutto di proseguire l'opera di integrazione degli ex-principati (già condotta a buon punto subito dopo l'indipendenza da Sardar Vallabhāī Paṭel) fondendoli in più vasti organismi e abolendo la carica di rājapramukh, ultimo vestigio dell'India medievale; e poi di ridefinire le aree di ciascuno stato. Alcuni stati scomparvero (per esempio quello di Hyderabad), qualcuno nuovo ne sorse (il Kerala) e di quasi tutti furono rettificati i confini. Il criterio che prevalse in questa rettifica di confini fu decisamente quello linguistico, per cui si può senz'altro dire che i quattordici stati in cui l'Unione indiana venne a essere divisa quando lo States Reorganization Act entrò in vigore (1° novembre 1956) sono degli stati "linguistici", con tutti i vantaggi e i rischi che ciò può comportare in un paese come l'India dove le lingue non solo sono molte, ma hanno quasi tutte tradizioni letterarie illustri. La riorganizzazione degli stati e i due piani quinquennali cui si è accennato al paragrafo dell'economia, sono, per ciò che riguarda la politica interna, le massime opere compiute dal governo indiano durante la prima legislatura. In politica estera, la prima preoccupazione del governo fu quella di restituire all'India la sua integrità geografica e cioè di ottenere dalla Francia e dal Portogallo l'abbandono dei loro possedimenti. Le trattative con la Francia ebbero buon esito (v. india francese, in questa App.), non così quelle con il Portogallo per l'insistenza di questo nel voler considerare i suoi possedimenti come parte integrante del territorio metropolitano e "focolai di civiltà occidentale e cristiana" in India (v. india portoghese, in questa App.). Il Governo indiano non fece tuttavia passi falsi e, fedele alla sua politica di non violenza nella risoluzione dei contrasti internazionali, accantonò la questione rinviandone la soluzione a tempi più propizi. Non altrettanta pazienza e "buona volontà" mostrò esso invece nei riguardi del Pakistan per la questione del Kashmir (v. kashmir, in questa App.). È ancora impossibile dare un giudizio obiettivo su tale questione perché molti punti permangono oscuri; è certo nondimeno che il possesso del Kashmir troppo premeva a entrambe le parti perché queste riuscissero a frenare la veemenza delle passioni e a condurre un gioco corretto. Per il momento l'India si è assicurato il controllo dei tre quarti della regione, ma non ha ancora ottemperato alla risoluzione delle N. U. di indire un plebiscito che consenta di conoscere una volta per tutte se la volontà della popolazione locale è di rimanere nell'Unione Indiana o di accedere al Pakistan. Questa inadempienza fa sì che i rapporti tra India e Pakistan si mantengano tesi e sempre latente sia il pericolo di un conflitto. Nondimeno un certo miglioramento nei rapporti tra i due paesi si è avuto il 19 settembre 1960, grazie alla stipulazione dell'accordo che regola lo sfruttamento idrico del bacino dell'Indo (v. sopra).
Nei riguardi degli altri problemi internazionali l'atteggiamento politico indiano fu di neutralità e di "non allineamento". Da una parte l'India aveva bisogno, per risolvere i suoi gravi problemi economici, del soccorso di nazioni di entrambi i blocchi; dall'altra essa, nonché rinunciare a quegli ideali di non violenza che l'avevano condotta alla libertà, intendeva trasferirli sul piano internazionale e additarli al resto del mondo come la via più idonea, nelle condizioni presenti, alla composizione di ogni contrasto. Questo indirizzo politico sembrò dapprima incontrare un certo successo, specie tra i paesi afro-asiatici, e acquistò all'India un notevole prestigio internazionale; ma già alla conferenza di Bandung del 1955 si manifestarono alcuni dissensi e non tutti i paesi afro-asiatici si mostrarono disposti a seguire l'India nel suo non allineamento, pur accettando, in linea di massima, i "cinque principî" della coesistenza pacifica (pañcaśīla). Il tentativo indiano di creare una "terza forza" riunendo intorno a sé tutti o la maggior parte dei paesi afroasiatici, può dirsi per il momento fallito soprattutto perché è venuta meno la cooperazione della Repubblica Popolare Cinese che con l'azione svolta nel Tibet negli anni 1958-59 ha chiaramente manifestato di non fare in pratica gran conto del pañcaśīla e di voler proseguire la propria politica anche a dispetto dell'India, arrivando anzi a premere minacciosamente ai suoi confini.
Nella primavera del 1957 si sono intanto tenute le nuove elezioni generali, ancora più imponenti delle prime essendo il corpo elettorale salito a 193 milioni; esse nel complesso hanno segnato una nuova vittoria del Congress Party quantunque questo abbia subìto notevoli perdite, non soltanto nel Kerala, dove la maggioranza è stata ottenuta dal partito comunista, ma anche nell'Orissa, nel Bihar, nel Panjab, nell'Uttar Pradesh e nello stato di Bombay. Alle perdite del Congresso Party è corrisposto un notevole guadagno del Partito comunista che, oltre a conquistare la maggioranza nel Kerala, ha migliorato le sue posizioni un po' dappertutto ed è diventato il maggior partito di opposizione in seno al parlamento centrale.
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La rinnovata coscienza della tradizione cui l'India è pervenuta con la conquista dell'indipendenza e attraverso i compiti che questa pone, unitamente all'avanzamento compiuto nell'ultimo decennio dagli studî indologici, hanno imposto sia in India, sia fuori dell'India, un riesame critico di tutta la storia del subcontinente. Vanno in questo senso segnalati: K. M. Panikkar, A survey of Indian history, Bombay-Calcutta 1954; D. Dh. Kosambi, An introduction to the study of Indian History, Bombay 1956; L. Petech, in Le civiltà dell'Oriente, I, Roma 1956, pp. 593-741; V. A. Smith, The Oxford history of India, 3ª ed. a cura di Perceval Spear, Oxford 1958; M. Bussagli, Profili dell'India antica e moderna, Torino 1959.
Recenti scavi archeologici.
Preistoria. - I risultati ottenuti venticinque anni or sono da H. De Terra con una classificazione delle culture pleistoceniche dell'India, hanno avuto in questi ultimi anni un controllo attraverso diversi scavi stratigrafici. Il De Terra poté stabilire, riguardo al Panjab, che due culture litiche coesistono con caratteri divergenti, quella abbevillio-acheuleana di Madras, caratterizzata dalla cosiddetta hand-axe industry, e quella di Sohan, con la produzione di utensili da schegge e ciottoli (flake and pebble industry). Nel Gujarat, nella valli del Sabarmati e del Mahi, si è accertata l'esistenza di una cultura mista, che sembra esser dovuta ad un incontro di elementi tardo-Sohan e medio -e tardo-acheuleani. Così pure sul medio corso della Narmadā (Madhya Bharat), quantunque la più gran parte degli oggetti sia del tipo a scheggia, si può ritenere attestata una cultura mista Sohan-Madras, mentre gli scavi presso la diga di Gaṅgāpur sul Godavari, a nord-ovest di Nasik, non hanno dato risultati che possano prendersi per certi. Per limitarsi ai più importanti degli altri numerosi scavi condotti nelle diverse regioni dell'I., citiamo quello nel Karnāṭak che ha dato materiale tipo Madras, quantunque manchino gli utensili da ciottoli, e quello presso Mirzapur (Uttar Pradesh), di fondamentale importanza per i rapporti tra le due tradizioni di Sohan e di Madras.
Più complesso e oscuro è il quadro delle industrie litiche oloceniche, sovrattutto per il valore da dare ai numerosi reperti microlitici sparsi per tutta l'I., non di rado associati con ceramica neoliti e utensili di rame. I più importanti, fra i recenti scavi intesi a chiarire i problemi delle culture oloceniche, sono quello di Sangankallu, presso Bellary (fase I), che ha rivelato elementi levalloisiani, per il tardo paleolitico, quelli di Nasik, Jorwe e Bahal nella valle del Godavari, e quelli, infine, di Birbhanpur nel Bengala. Qui i prodotti microlitici sono stati rinvenuti in associazione con ceramica dipinta e asce piatte di rame; inoltre a Bahal la presenza negli strati superiori della ceramica nota come northern black polished ware (ceramica nera liscia settentrionale) permette di attribuire con verisimiglianza la fase microlitica al 1000-750 a. C.
Per il problema del calcolitico in I. e delle sue correlazioni è di particolare importanza lo scavo di Brahmagiri (Mysore). La fase calcolitica sembra peculiare dell'I. occidentale e sud-occidentale, dove ebbe a svilupparsi verso la fine del neolitico, ed è caratterizzata da asce di pietra levigata insieme a cui compaiono, sia pur di rado, oggetti di bronzo. Così pure lo scavo di Maski (distr. Raichur; già stato di Hyderabad) ha rivelato una fase calcolitica (iniz. I mill. -400 a. C. circa) caratterizzata dal rinvenimento di microliti e di pochi frammenti di rame. La ceramica è di due tipi, grigia e rosea, sostanzialmente coevi, ma il secondo è più frequente negli strati inferiori. Al periodo calcolitico segue, a Maski, dopo un'interruzione, una cultura megalitica. A Nevasa (distr. Aḥmadnagar, nel bacino dell'alto Godavari) alla fase paleolitica ne succede una neolitico-calcolitica databile al 1000 a. C. circa, con una ceramica solitamente tornita, a pareti sottili, dipinta in nero su fondo rosso o color cioccolato.
Protostoria. - Nel bacino superiore del Gange gli scavi di B. B. Lal a Rājpur, Parsu, Bisaulī e Hastināpura e quelli di Y. D. Sharma a Bahādarābād hanno gettato una luce nuova sulle culture protostoriche di questa regione, sotto molti aspetti diverse dalle più note della valle dell'Indo. Hastinapura (Uttar Pradesh) ha rivelato tre fasi che possono ritenersi protostoriche, separate da lacune: la più antica, che sembra precedere l'arrivo degli Arî, è caratterizzata da una ceramica ocra; mentre è il periodo II, in cui si produce una ceramica grigia dipinta (painted grey ware), che sembra corrispondere allo stanziamento delle popolazioni "vediche". A questo secondo periodo, per cui si è ipoteticamente proposta la datazione 11°-8° sec. a. C., ne succede un terzo (prima metà 6°-prima metà 3° sec. a. C. ?) che, accanto ad una più scadente ceramica grigia, non più dipinta, presenta la ben nota northern black polished ware; nella stessa fase si assiste anche all'introduzione dell'uso del ferro e delle monete: si sono rinvenute monete punzonate (punch-marked coins) di rame e d'argento e monete di rame fuse.
Per l'I. centrale e occidentale, grazie agli scavi condotti a Maheśwar (sulla Narmadā), a Raṅgpur, a Nāsik, a Tripurī, a Jorwe, ecc., si è potuta stabilire in linea di massima una successione di fasi culturali da un "proto-microlitico" privo di ceramica a un calcolitico con ceramica solitamente rossa, dipinta o no, e oggetti di rame, a una terza fase, infine, con punch-marked coins, strumenti di ferro, ceramica nera lucida settentrionale ed una ceramica nerorossa. Particolarmente interessante la ceramica a decorazione nera su fondo rosso appartenente alla fase calcolitica, con motivi geometrici ed animali stilizzati. Infine, per quanto riguarda i contatti con la civiltà della valle dell'Indo, gli scavi di Lothal (distr. Aḥmadābād) hanno dimostrato che la cultura di Harappa si estese anche nel Saurashtra fino ai margini settentrionali dello stato di Bombay, modificando così profondamente la comune opinione sull'area di diffusione di tale cultura.
L'interessante problema dei megaliti dell'I. meridionale, che non aveva avuto fino a pochi anni fa adeguati contributi dagli scavi, è stato ripreso in campo archeologico a partire dal 1947. Gli scavi di Brahmagiri (Mysore), di Porkalam (Cochin), di Sānūr (Madras) hanno confermato che la cultura megalitica è piuttosto tarda. A Brahmagiri, in particolare, tale cultura appare associata, nella sua fase più antica, con attardamenti di una cultura litica e si continua fino agli inizî del periodo Āndhra (metà del 1° sec. a. C.): il termine d'inizio è con buona probabilità il 3° sec. a. C.
Scavi in località storiche. - A Rupar, sul Sutlej (Panjab), uno scavo condotto nel 1953 ha rivelato una successione quasi continua di occupazioni, a partire dalla fase della civiltà di Harappa, seguita da una seconda fase caratterizzata da ceramica grigia dipinta. La III fase, la prima storica (600-200 a. C. circa), è quella della northern black polished ware, rinvenuta in abbondanza associata con ceramica rossa non dipinta, punch-marked coins e monete fuse; i contatti con la vicina Taxila sono documentati da monete che portano simboli di quella città e debbono essere stati assai frequenti in età Maurya. La fase seguente (IV), che comprende il periodo Śuṅga, Kuṣāṇa, Gupta e post-Gupta fino al 600 d. C., è ricca di monete, tra cui anche emissioni indo-greche, indo-partiche e tribali. Tra i reperti d'interesse artistico sono delle figurette in terracotta di stile Śuṅga ed una splendida figura di sonatrice, pure in terracotta, di età Gupta. Nel bacino superiore del Gange e della Yamuna, dove fiorì la più antica civiltà indo-europea, son particolarmente degni di nota gli scavi di Ahichchhatrā e quelli già citati di Hastināpura. Ahichchhatrā già nota per gli scavi del Cunningham, è stata oggetto di nuova indagine nel 1940-44. Nell'ottavo dei nove strati apparsi (periodo II: 300-200 a. C. circa) compare la northern black polished ware insieme con costruzioni in mattoni crudi. Il periodo successivo (200-100 a. C. circa) non abbandona l'uso dei mattoni crudi e lo strato relativo ha restituito belle statuette fittili paragonabili a quelle di Rupar. Solo nel periodo IV (1° sec. a. C.) compaiono i mattoni cotti, e la città si arricchisce di fortificazioni perimetrali di mattoni che ne sostituiscono altre più antiche di terra. Dei periodi successivi ricordiamo il VII (350-750 d. C. circa), cui appartiene un bel complesso templare con grandi immagini brahmaniche di terracotta. Lo stesso periodo è caratterizzato nelle fasi più antiche da monete di Achyu, identificato con Achyuta, sconfitto da Samudragupta verso il 350 d. C.
Altre indagini recenti si sono condotte a Kauśāmbī (oggi Kosam, non lungi da Allāhābād), che - secondo i purāṇa - seguì Hastināpura nel ruolo di capitale dei Pāṇḍava, ed a Rājghāṭ, presso Benares. Gli scavi di Bāngarh, sulla Punarbhavā (Bengala), condotti nel 1937-41 e poi nel 1951, grazie ai rinvenimenti di northern black polished ware, hanno dimostrato, insieme con quelli di Tamluk e di Gaur, che non è da accogliere senza ulteriore esame l'opinione diffusa che i primi avanzi storici del Bengala siano di età Maurya. Bāngarh ha restituito anche buoni esemplari di plastica fittile Śuṅga. Tamluk (Bengala) ha dato una messe di statuette di terracotta di notevole valore artistico che vanno dal 3°-2° sec. a. C. fino all'età Gupta. Per la storia dell'arte post-Gupta è di grande importanza lo scavo di Sirpur (distr. Raipur), che ha posto in luce due grandi monasteri buddisti: in uno di essi si è rinvenuto uno splendido gruppo del Buddha in bhūmisparśamudrā con Padmapāṇi, databile all'8° sec. Maheśwar (Madhya Bharat) ha rivelato tre antichi periodi storici (400 a. C. -500 d. C. circa) con interessante successione nei reperti; a Navḍā Ṭolī, sulla riva opposta della Narmadā, è comparso uno stūpa del II periodo (100 a. C. -200 d. C. circa), caratterizzato da terracotta rossa polita, succeduta alla northern black polished ware. Rang Mahal, nel Rājasthān, che già aveva restituito delle interessanti placche di terracotta con scene stilisticamente affini ai rilievi del Gandhāra, è stato il campo d'indagine della spedizione archeologica svedese in India. Gli scavi hanno fornito nuovo materiale, sovrattutto ceramico, che viene a chiarire diversi aspetti del periodo tardo-kuṣāṇa nell'India di nord-ovest.
I contatti con l'Occidente sono bene illuminati dai reperti di Brahmapurī, nei dintorni di Kolhapur, dove, dopo il rinvenimento casuale di una statuetta bronzea di Nettuno, gli scavi hanno restituito un vaso di bronzo e delle bullae di terracotta ad imitazione di prototipi romani. Importazioni ed imitazioni sono pure testimoniate nel campo della ceramica. Nell'India meridionale, a Chandravalli (Mysore), Sir Mortimer Wheeler ha rinvenuto ceramica Andhra (Sātavāhana) associata a denari di Augusto e di Tiberio.
Poco nota è la regione di sud-est, dove si è scavato solo a Śiśupālgarh, presso Bhuvaneswar (Orissa): la località sembra presentare una infiltrazione di materiale ceramico sia dal nord sia dal sud. Citiamo infine i pur importanti scavi di Mathurā e Nāgārjunakoṇḍa e quelli di Ujjain, condotti da N. R. Banerjee. Vedi tav. f. t.
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