INDIA (XIX, p. 1; App. I, p. 724)
Popolazione (XIX, p. 22; App. I, p. 724). - Il 1° marzo 1941 ha avuto luogo in tutto l'Impero indiano il settimo censimento generale della popolazione, i risultati principali del quale sono riferiti nella tabella alla pagina seguente.
Nel decennio 1931-41 la popolazione dell'Impero indiano crebbe di 50,9 milioni di anime (ossia del 15%; è il valore più alto dal 1891 in poi); l'aumento risultò maggiore nelle provincie di diretto dominio (19,1%) che negli Stati indigeni (14,1%). Al principio del 1948 il totale di questa popolazione ha forse oltrepassato i 420 milioni di ab. Le città con popolazione superiore ai 100.000 ab. erano salite nel 1941 a 58. Un altro elemento caratteristico della popolazione dell'India, che è risultato ancora accentuato nell'ultimo censimento, è quello della prevalenza dei maschi (201.025.726) sulle femmine (187.972.229).
Tra le principali religioni professate gli Induisti rappresentavano nel 1941 il 65,5%, i Musulmani il 24,3%, i Cristiani l'1,6%, i Sikh l'1,5%, i Buddhisti e i Parsi insieme meno dell'1%. Rispetto al 1931 l'aumento maggiore è segnato dai Musulmani (22,5%); tanto per gli Induisti (7%), quanto per i Cristiani (8%) l'aumento rimane sensibilmente al di sotto di quello medio dell'intera popolazione nel decennio considerato. Dei 6.316.549 Cristiani censiti nel 1941, il 55% spettava alle provincie sotto governo britannico e circa un terzo era invece concentrato nella provincia di Madras.
Il cristianesimo (XIX, p. 20; App. I, p. 724). - Nel luglio 1937 veniva creata la diocesi di Trivandrum dei Latini, suffraganea di Verapoly; nel 1940 (gennaio) quella di Lucknow, e la prefettura apostolica di Jhansi, suffraganee di Agra, nonché (febbraio) le diocesi di Guntur, suffraganea di Madras, e quella di Bangalore, suffraganea di Pondichéry; nel giugno 1946, la prefettura apostolica di Gorakhpur, dipendente da Agra e nel giugno 1947 trasformata in diocesi dipendente da Delhi-Simla, la prefettura apostolica del Kāfiristān e Kashmir, col titolo di Rawalpindi. Da segnalare nella vita ecclesiastica dell'India la costituzione (27 settembre 1947) della Chiesa dell'India del Sud, nata come fusione delle chiese anglicana, metodista, presbiteriana e congregazionalista.
Attività economiche (XIX, p. 25; App. I, p. 724). - Nelle statistiche relativa alla produzione dell'Impero indiano, è da tener conto, dopo l'aprile 1937, del distacco della Birmania, cui si debbono, per varie voci, mutamenti notevoli. I più cospicui concernono il riso ed il petrolio. Se per il primo la produzione oscilla intorno ai 400 milioni di quintali annui (mentre 70÷80 ne dà la sola Birmania), per il petrolio l'India è ormai nettamente deficitaria (350.000 t. nel 1943 contro 1,3 milioni nel 1936); un parziale compenso rappresenta tuttavia la cresciuta produzione di carbone (26,8 milioni di t. nel 1946). Per il resto, le condizioni generali dell'agricoltura restano praticamente invariate. I dati sulle principali colture, per la media dei quattro anni 1941-44, sono riassunti in questo specchio:
Il distacco della Birmania ha fatto anche notevolmente diminuire la percentuale della superficie forestale che, per le aree soggette all'amministrazione imperiale delle provincie, era nel 1945 238.000 kmq.
La grande industria ha fatto sensibili progressi durante il periodo bellico; quella del cotone, che è di gran lunga la preminente, contava nel 1940 ben 10,1 milioni di fusi e oltre 200.000 telai meccanici. È anche palese la tendenza del paese a completare la propria attrezzatura con l'impianto di numerosi nuovi rami d'industria.
Il commercio con l'estero ha continuato a registrare una sempre notevole eccedenza delle esportazioni sulle importazioni, come appare dal seguente prospetto:
Nelle importazioni tendono a prevalere sui manufatti le materie prime destinate all'industria (olî vegetali e minerali, cotone, lana, ecc.), nelle esportazioni si fanno luce, accanto ai prodotti agricoli, i manufatti (quelli di iuta al primo posto).
Comunicazioni (XIX, p. 31). - Il chilometraggio delle ferrovie in esercizio si è leggermente contratto; nel 1945 era di 61.924 km., dei quali 49.959 amministrati dal Governo e il resto dai diversi stati. Nell'esercizio 1944-45 furono trasportati 926,7 milioni di passeggeri, e 101,7 milioni di t. di merce. Un grande sviluppo ha avuto, nel dopoguerra, l'aviazione civile (24.167 km. di linee nel 1947, escluse quelle internazionali).
Ordinamento. - Il 15 agosto 1947, l'Impero indiano fu diviso in due dominions: dell'India (v. qui appresso, p. 20) e del Pakistan (v. in questa App.).
Finanze (XIX, p. 36; App. I, p. 724). - L'intensa partecipazione dell'India alla guerra ha avuto la sua ripercussione sulle finanze del governo centrale che ha dovuto anticipare anche la parte di spese di guerra che, secondo gli accordi conclusi, spettava al governo britannico. L'andamento delle entrate e delle spese del bilancio ordinario del governo centrale, escluse le spese recuperabili, è stato il seguente nell'ultimo decennio:
Il debito pubblico (prestiti in sterline, prestiti in rupie, piccolo risparmio e debito fluttuante) è aumentato da 12.057 milioni di rupie nel 1939 a 21.623 milioni al 31 marzo 1948; l'ammontare complessivo dei prestiti in sterline si è però ridotto da 4650 milioni di rupie nel 1939 a 264 milioni. Alla fine della guerra l'India si è trovata ad essere creditrice della Gran Bretagna per oltre 1100 milioni di sterline.
La circolazione dei biglietti della Banca centrale dal marzo 1939 al marzo 1948 è aumentata da 1784 milioni di rupie a 13.044 milioni. Al fine di combattere il mercato nero e le evasioni fiscali il governo decretò, nel gennaio 1946, il ritiro dalla circolazione dei biglietti di taglio superiore alle 500 rupie. In considerazione dell'insufficiente disponibilità di argento, il governo decise (maggio 1946 e aprile 1947) di cessare la coniazione delle monete di argento fino a una rupia compresa. In seguito all'adesione dell'India al Fondo monetario internazionale la rupia è stata separata dalla sterlina, e messa direttamente in relazione con le monete di tutti i paesi aderenti al Fondo: la parità aurea è stata fissata in gr. 0,268601 e quella col dollaro a rupie 3,30852 per dollaro, sulla base del cambio con la sterlina: 1 rupia = scellino e 6 pence.
Nel 1947 venne anche decisa la nazionalizzazione della Reserve Bank, e della Imperial Bank. La legge relativa alla Banca centrale è entrata in vigore il 1° gennaio 1949.
Con un'ordinanza del governatore generale del 14 agosto 1947 si è dato un primo regolamento alle questioni di carattere monetario e bancario derivanti dalla suddivisione dell'India nei dominions dell'India e del Pakistan. In base a questa ordinanza, fino al 30 settembre 1948, l'unità monetaria tipo del Pakistan è rimasta la rupia indiana e i biglietti indiani vi hanno conservato il loro corso legale. La Reserve Bank ha invece cessato, col 30 giugno 1948, di espletare nel Pakistan le sue normali funzioni di banca centrale; essa è stata però autorizzata ad emettere, dopo il 31 marzo 1948, biglietti speciali aventi corso legale soltanto nel nuovo dominion.
Storia (XIX, p. 37; App. I, p. 725). - La riforma del 1935 fu vivamente osteggiata dal Congresso indiano, che tuttavia finì col decidersi a partecipare alle elezioni del gennaio-febbraio 1937; a ragione, perché esse segnarono un suo grande successo. Il Congresso si rifiutò tuttavia di costituire i ministeri nelle sette provincie in cui aveva avuto la maggioranza, qualora i governatori non avessero dichiarato di rinunziare a fare uso dei poteri speciali loro riservati dalla costituzione. In queste provincie si dovettero quindi costituire dei ministeri provvisorî, senza sufficiente appoggio nelle camere (1° aprile 1937). La crisi si prolungò per tre mesi e si chiuse quando, in seguito ad un messaggio conciliante del viceré che dava ampie assicurazioni sull'impiego dei poteri speciali, il Congresso decise di assumere la responsabilità del governo; nel corso del luglio vennero formati ministeri congressisti nelle sette provincie. Nel febbraio 1938 vi fu un breve conflitto tra governatori e primi ministri nel Bihar e nelle Provincie Unite, per la questione della liberazione dei prigionieri politici, a cui i governatori ponevano il veto. A parte questa crisi, ben presto conclusa con un compromesso, l'esperimento costituzionale nelle provincie funzionò soddisfacentemente. La classe dirigente indiana seppe mostrare sufficienti capacità amministrative e spirito costruttivo, specialmente nello spinoso problema dell'istruzione pubblica.. Unico serio insuccesso, quasi inavvertito allora, ma foriero di grosse conseguenze per l'avvenire, fu l'incomprensione e in qualche caso anche l'ostilità, dimostrata dai ministeri congressisti, per gli interessi musulmani. In vuesti anni la Lega musulmana, fino allora di scarsa influenza nel paese, cominciò ad attrarre nelle sue file parti sempre maggiori delle masse musulmane, deluse dall'esperimento congressista e incredule di una pacifica convivenza con gli indù. D'altra parte acquistava una certa importanza la Hindū Mahāsabhā, organizzazione ortodossa indù che combatteva il Congresso per la sua pretesa arrendevolezza verso i musulmani.
Applicata con successo nelle provincie, la legge del 1935 non riuscì mai ad entrare in vigore nell'amministrazione centrale, che rimase quale era nel 1919. La federazione indiana preveduta dallo statuto non poté costituirsi. Vi si opponevano accanitamente, per motivi opposti, i principi indiani, timorosi di un'eccessiva diminuzione delle loro prerogative, ed il Congresso che vedeva nel governo centrale e negli ampî poteri riservati al viceré uno strumento dell'Inghilterra per rendere vana l'ampia autonomia delle provincie. L'opposizione parlamentare del Congresso nell'Assemblea legislativa centrale condusse alla disapprovazione del bilancio 1938-39; affermazione platonica di sfiducia, perché il viceré si avvalse dei suoi poteri riservati per dichiarare il bilancio approvato. Quanto ai principi indiani, essi respinsero definitivamente la federazione il 2 giugno 1939. Tuttavia i tempi nuovi si facevano sentire anche nel chiuso mondo autocratico degli stati nativi; dal 1937 in poi un buon numero di essi introdusse riforme più o meno importanti. A ciò contribuì molto la pressione esercitata dal basso, cioè dai sudditi organizzati in movimenti locali, teoricamente indipendenti, ma praticamente guidati ed ispirati dal Congresso indiano. In qualche occasione la lotta assunse aspetti drammatici, come a Raikot, piccolo staterello del Kathiawar, dove intervenne Gandhi, iniziando un digiuno (3 marzo 1939) per costringere il sovrano a tener fede alle sue promesse; il conflitto fu chiuso mediante un arbitrato del Chief Justice (giudice supremo) dell'India.
Il Congresso sembrava così avviato a diventare un partito di governo, attenuando lievemente la sua opposizione all'Inghilterra. Ciò non mancava, naturalmente, di suscitare impazienze nel paese, specialmente tra gli elementi più accesi. Di questo malcontento si rese interprete S. Ch. Bose, il quale, rieletto presidente del Congresso il 29 gennaio 1939, si dimise per il suo insanabile contrasto con Gandhi, e fondò, il 3 maggio, il Blocco Avanti (Forward Block). Questa organizzazione ultranazionalista ebbe un discreto seguito, specialmente nel Bengala, senza tuttavia scalzare seriamente la posizione del Congresso.
Questo sviluppo della situazione indiana fu bruscamente interrotto e gli avvenimenti furono incanalati in tutt'altra direzione dallo scoppio della seconda Guerra mondiale.
Il 3 settembre 1939, il viceré Lord V. A. Linlithgow annunziava che l'India era entrata in guerra a fianco della Gran Bretagna. Il contributo dell'India alla causa inglese fu non indifferente. L'esercito fu aumentato fino a due milioni di uomini e truppe indiane si batterono in Africa, contro il Giappone e nella campagna italiana. Le perdite ammontarono a 24.338 morti, 11.754 dispersi, 64.354 feriti e 79.489 prigionieri. La piccola marina e l'aviazione indiane furono considerevolmente aumentate in materiali ed effettivi. L'azione delle truppe indiane non trovò però quasi alcuna risonanza nell'interno del paese, abituato a considerare i suoi soldati come poco più di mercenarî inglesi. Il Congresso aveva invitato il governo inglese ad indicare chiaramente quali fossero i suoi scopi di guerra nei riguardi dell'India. La risposta fu data il 17 ottobre dal viceré, il quale promise che dopo la guerra il governo avrebbe trattato con i varî gruppi politici per una revisione della costituzione. Questa dichiarazione fu una grave delusione per l'opinione pubblica. Il Congresso diede ordine ai suoi ministeri provinciali di dare le dimissioni; i governatori assunsero in conseguenza i pieni poteri ai termini dell'art. 93 della costituzione. Trattative tra il viceré e il Congresso fallirono (29 ottobre-5 novembre), e così questo passò gradualmente ad un'opposizione sempre più decisa. La sessione del Congresso tenuta a Ramgarh, nel marzo 1940, dichiarava che l'India era stata trascinata in guerra senza essere stata consultata e che essa rifiutava il suo appoggio all'Inghilterra; richiedeva la convocazione di un'assemblea costituente e la concessione dell'indipendenza assoluta; affidava pieni poteri a Gandhi per lanciare una campagna di disobbedienza civile individuale al momento che egli ritenesse più opportuno. Gandhi temporeggiò, finché la mano gli fu forzata da Bose, il cui Blocco aveva cominciato la disobbedienza civile per conto proprio, trascinandosi dietro molti congressisti. La campagna di Gandhi fu iniziata il 15 ottobre 1940 e fu condotta senza gravi incidenti e senza successo apprezzabile, anche per la dichiarata intenzione di non intralciare l'Inghilterra nella sua lotta. Il governo indiano del resto aveva represso severamente ogni accenno a disordini, arrestando Bose (luglio 1940) e sciogliendo il Blocco Avanti. La situazione si trascinò così, mentre la maggior parte dei capi del Congresso venivano incarcerati; non v'era dalle due parti né desiderio d'intesa né intenzione di spingere la lotta ad oltranza. In tutto questo una posizione a parte era occupata dalla Lega musulmana, che si era tenuta estranea all'azione del Congresso e stava quietamente rinforzando la propria organizzazione mantenendo relazioni fredde, ma corrette col governo; a Lahore, il 25 maggio 1940, la Lega aveva accettato come proprio programma l'idea del Pakistan, cioè di uno stato indipendente per i musulmani dell'India, formato essenzialmente dal bacino dell'Indo e dal Bengala. Una nuova mossa fu fatta il 22 luglio 1941 dal governo inglese, con la pubblicazione di un "libro bianco", la cui unica proposta concreta era un rimaneggiamento del Consiglio esecutivo del viceré, fino a comprendere 8 membri indiani su 12. Sia il Congresso che la Lega si dichiararono insoddisfatti.
L'entrata in guerra del Giappone spostò alquanto i termini del problema. Jawāharlāl Nehrū e gli altri capi arrestati nel novembre 1940 erano stati liberati il 7 dicembre 1941. Il 30 dicembre Gandhi cedette il comando del Congresso a Nehrū, favorevole ad un'azione più concreta; la disobbedienza civile fu sospesa. Poi gli avvenimenti precipitarono. Il gabinetto inglese inviò in missione in India il Lord del Sigillo privato, sir Stafford Cripps, latore delle ultime proposte inglesi: alla fine della guerra un'assemblea costituente avrebbe redatto la nuova costituzione; l'India avrebbe avuto il rango di dominion; diritto alle singole provincie di non accettare la costituzione e di rimanere fuori dell'Unione dell'India; partecipazione dell'India alla guerra, però con un ministro della Difesa inglese. Cripps arrivò a Delhi il 23 marzo 1942 ed iniziò subito le consultazioni con i varî partiti indiani; ma sia la Lega musulmana sia il Congresso finirono col dichiarare le proposte inaccettabili, soprattutto per la questione del Ministero della difesa. L'11 aprile Cripps constatava il fallimento delle trattative e ripartiva per l'Inghilterra.
Nel frattempo, un nuovo elemento di complicazione era introdotto dai tentativi delle potenze dell'Asse di influire sulla situazione indiana mediante elementi estremisti riparati all'estero. Il Giappone favoriva la costituzione di reparti indiani affiancati al suo esercito, composti di indiani già residenti in Malesia e nel Siam, di prigionieri di guerra e di disertori. Alla fine del 1941 Bose era riuscito a fuggire in Germania, da dove svolse un'attiva propaganda alla radio, incitando l'India alla rivolta. Nel 1943 egli si recò in Giappone e, il 18 ottobre di quell'anno, annunziava da Singapore la costituzione di un governo indiano in esilio da lui presieduto e di un esercito libero indiano (Āzād Hind Fauj). Ma era troppo tardi: il Giappone aveva dovuto ridursi alla difensiva e il momento favorevole era ormai passato. Ad ogni modo le attività dei fuorusciti contribuirono non poco a spingere il Congresso, timoroso di essere soppiantato nel favore delle masse, all'azione diretta. Una riunione del comitato centrale del Congresso decideva di presentare al governo un ultimatum per l'immediato trasferimento dei poteri ai rappresentanti del popolo, minacciando, in caso di rifiuto, un'azione di massa non violenta, ma sulla scala più vasta possibile (8 agosto 1942). La reazione del governo fu fulminea: lo stesso giorno Gandhi, Nehrū e gli altri esponenti del Congresso venivano arrestati ed internati. Questo colpo fu seguito da una serie di disordini e tumulti in tutta l'India, specialmente in quella del nord, che durarono più di due mesi e furono repressi severamente (più di 600 morti e 20.000 arrestati). Per il momento, l'energia del governo ebbe partita vinta ed alla fine dell'anno la situazione era dovunque ritornata normale; i musulmani si erano mantenuti strettamente neutrali. E così la calma della repressione si stese su tutta l'India per i rimanenti anni della guerra. Invano Gandhi sostenne un digiuno di 21 giorni (10 febbraio-3 marzo 1943), mettendo a serio repentaglio la propria vita. Il governo fu inflessibile e il suo arresto fu mantenuto. Nell'agosto 1943 il maresciallo Lord Wavell fu nominato successore di Lord Linlithgow nella carica di viceré: la nomina era chiaro segno dell'intenzione inglese di considerare anzitutto le necessità della guerra, aggiornando ogni soluzione della questione indiana. Durante l'autunno del 1943 alcune zone del Bengala furono colpite da una gravissima carestia locale, dovuta più che altro alle difficoltà dei trasporti; una pronta azione di soccorso riuscì a scongiurare danni peggiori.
La guerra si era avvicinata alle frontiere indiane con la conquista giapponese della Birmania. L'occupazione delle Andamane (23 marzo 1942) e sporadici bombardamenti aerei sulla costa est e su Calcutta, ebbero scarsa importanza. L'unico tentativo serio d'invasione (almeno locale) ebbe luogo nel marzo 1944, quando le truppe nipponiche, appoggiate dai reparti di Bose, entrarono nello stato di Manipur, interrompendone le comunicazioni col resto dell'India. Una controffensiva condotta nel maggio-giugno con forze soverchianti, ricacciò i Giapponesi assai oltre la frontiera birmana. Con ciò il pericolo di un'invasione era definitivamente eliminato. Del resto, la guerra portò molti vantaggi all'India, divenuta uno dei principali fornitori di materie prime degli Alleati. Il debito pubblico indiano in sterline fu completamente riassorbito all'interno e l'India da paese debitore divenne paese creditore. Le ferrovie segnarono enormi avanzi di bilancio; in questa occasione il governo, allo scadere delle convenzioni con le singole compagnie, assunse la gestione diretta di tutte le grandi reti ferroviarie indiane (1942-44).
L'approssimarsi della fine della guerra produsse un allentamento di freni da parte inglese e una ripresa dell'attività politica. Gandhi, ammalatosi gravemente, fu liberato senza condizioni il 6 maggio 1944. Nel settembre egli ebbe una serie di incontri con il capo musulmano Jinnāḥ per tentare di giungere a un accordo, ma senza alcun risultato. Durante la guerra la situazione aveva subìto uno spostamento. Sebbene il Congresso si rifiutasse di riconoscerlo, la Lega musulmana era riuscita gradualmente a conquistare la stragrande maggioranza dei musulmani all'idea del Pakistan. Siccome era ormai chiaro che il raggiungimento dell'indipendenza era questione di tempo, il problema principale diveniva quello dei rapporti indù-musulmani, ossia: India unita o spartizione in due stati?
La fine della guerra in Europa e l'avvento al potere del governo laburista in Inghilterra ebbero un'immediata ripercussione in India. Il 14 giugno 1945 il viceré annunziava la sua intenzione di nominare un consiglio esecutivo molto ampliato e composto quasi tutto di membri indiani. Contemporaneamente venivano liberati i capi del Congresso arrestati nell'agosto 1942; ciò ebbe per effetto la graduale, ma rapida sostituzione di Nehrū a Gandhi nella direzione pratica della politica congressista. Le concessioni del 14 giugno erano però ormai insufficienti e, sia il Congresso sia la Lega, si rifiutavano di proporre proprî membri per i posti vacanti nel nuovo consiglio. Il viceré fece un passo in avanti, annunziando l'intenzione di convocare un'assemblea costituente. Alle discussioni sull'asserzione della Lega di essere la sola legittima rappresentante dei musulmani, posero termine le elezioni all'assemblea legislativa centrale (dicembre 1945) e ai parlamenti provinciali (marzo 1946). Quasi tutti i seggi riservati ai musulmani furono conquistati dalla Lega, mentre quasi tutti i rimanenti seggi furono del Congresso. L'indicazione era chiarissima e sia a Gandhi sia al Congresso non restava che rassegnarsi all'inevitabile; il loro sogno di un'India unita era irrealizzabile. D'altra parte un sintomo molto serio della tensione degli animi era costituito dalle trionfali accoglienze fatte ai reduci dell'armata nazionale indiana di Bose e dallo sciopero, subito degenerato in ammutinamento, della marina indiana a Bombay e Karachi (18-22 febbraio 1946). Si trattava soprattutto del risultato della propaganda comunista, fattasi attivissima negli ultimi anni della guerra. La rivolta fu repressa, e il Congresso prese nettamente posizione contro di essa e contro i suoi ispiratori.
Nel frattempo il governo inglese aveva deciso di affrontare seriamente la questione indiana, e inviava in India una missione composta dei ministri Lord Pethick Lawrence, Sir Stafford Cripps e A. V. Alexander. La missione arrivò a Delhi il 24 marzo 1946 e iniziò immediatamente le discussioni con i capi indiani. Quasi subito tuttavia si delineava l'impossibilità di raggiungere un accordo tra le contrastanti tesi musulmana e indù, e il 12 maggio la missione dichiarava inutile continuare le discussioni. Contemporaneamente però essa pubblicava le sue proposte, lasciando agli Indiani stessi di trovare un accordo su di esse. Queste proposte contemplavano per sommi capi il mantenimento dell'unità del paese sotto forma di una Unione dell'India, fortemente decentralizzata e avente stato di dominion; la convocazione di un'assemblea costituente, eletta dalle undici assemblee provinciali; la formazione di un govemo interinale puramente indiano. Criticati severamente da Gandhi, questi termini furono respinti dal Congresso (14 giugno). La missione e il viceré tentarono allora di nominare direttamente 14 rappresentanti delle varie comunità quali membri del Consiglio esecutivo, ma la maggior parte di esse rifiutò la propria adesione. Il 25 giugno, in un chiarimento definitivo, la Lega accettava la formazione di un governo interinale; il Congresso a sua volta la rifiutava, pur accettando invece gli altri punti della proposta (Unione, costituente, ecc.). La missione lasciò l'India il 29 giugno, senza aver risolto la questione. Nel luglio ebbero luogo le elezioni all'assemblea costituente, nella quale naturalmente si rispecchiarono le condizioni esistenti nelle assemblee provinciali. La situazione diveniva sempre più complessa. Il 29 luglio la Lega ritirava la sua accettazione e dichiarava di prepararsi all'azione diretta per ottenere il Pakistan. Questo voltafaccia a sua volta fece cambiare decisione al Congresso; il 12 agosto il viceré poteva invitare Nehrū a costituire un gabinetto, il quale, formato esclusivamente di congressisti, entrò in funzione il 2 settembre 1946. La Lega aveva rifiutato di occupare i posti ad essa riservati e aveva indetto per il 16 agosto, in tutta l'India, una "giornata dell'azione diretta". Questa portò a una terribile esplosione di odio confessionale a Calcutta; in tre giorni di massacri e di saccheggi si ebbero più di 4000 morti e 10.000 feriti tra musulmani e indù. Questa tragedia però ebbe il salutare effetto di produrre una certa distensione, e il 15 ottobre la Lega accettava di partecipare al governo interinale. Tuttavia per tutto l'ottobre continuarono i disordini sanguinosi nel Bengala, malgrado gli sforzi concordi della Lega e del Congresso, e specialmente di Gandhi, per porvi termine.
I mesi seguenti furono occupati da sforzi continui e faticosi per giungere ad un compromesso. Né il viaggio del viceré, di Nehrū e di Jinnāḥ a Londra nel dicembre, né i lavori della costituente, boicottata dai musulmani, produssero risultati apprezzabili. Il passo decisivo fu compiuto dal primo ministro inglese Attlee il quale, il 20 febbraio 1947, dichiarò l'intenzione del suo governo di cedere i poteri al nuovo governo indiano al più tardi nell'estate; l'alta sovranità inglese sugli stati nativi sarebbe venuta a cessare e i principi avrebbero dovuto venire ad accordi diretti con l'Unione. Contemporaneamente Lord Louis Mountbatten prendeva il posto di Wavell come viceré. Dopo lunghe trattative Nehrū dovette adattarsi ad accettare l'idea del Pakistan (21 aprile). L'attesa diventava intollerabile e i disordini sanguinosi si ripetevano con frequenza crescente. Infine, dopo un viaggio del viceré in Inghilterra e una serie di suoi colloqui con Gandhi, le ultime resistenze del Congresso furono vinte. La proposta della partizione del paese fu accettata nel corso del giugno dal Congresso, dalla Lega e dai parlamenti provinciali. Il 15 luglio, il parlamento inglese approvava la legge per l'indipendenza dell'India e del Pakistan, contemplante anche la divisione del Panjab in orientale (all'India) e occidentale (al Pakistan), la divisione del Bengala in orientale (al Pakistan) e occidentale (all'India), e plebisciti nella Provincia della frontiera del nord-ovest e nel distretto di Sylhet (Assam), entrambi poi riusciti favorevoli al Pakistan.
Il 15 agosto 1947, con una solenne cerimonia, entravano in vita i due nuovi stati (dominions): il Pakistan, capitale Karachi, governatore generale Moḥammed ‛Alī Jinnāḥ, primo ministro Li‛āqat ‛Alī Khān; e l'Unione dell'India, con capitale Delhi, governatore generale l'ultimo viceré lord Louis Mountbatten e primo ministro Nehrū. L'esercito indiano venne diviso tra i due nuovi stati; il 28 febbraio 1948 le ultime truppe inglesi lasciavano l'India. Tutti questi cambiamenti non avvennero senza una dolorosa crisi d'assestamento. La partizione fu accompagnata nell'India del nord da una spaventosa esplosione di furore popolare. Varie decine di migliaia di persone perdettero la vita, e milioni dovettero abbandonare le loro case in uno dei più grandi e più tragici scambî forzati di popolazioni che la storia ricordi. Le perdite economiche furono incalcolabili e varie città, specialmente Lahore ed Amritsar, furono devastate dagli incendî. Gandhi aveva svolto continua e indefessa opera di conciliazione nel Bengala e a Delhi, ricorrendo due volte al digiuno non ostante la sua tarda età. Ciò gli costò la vita, troncata il 30 gennaio 1948 dalle revolverate di un fanatico ortodosso indù. La sua morte diede occasione a drastiche misure prese dal governo indiano contro le organizzazioni paramilitari confessionali, sia indù sia musulmane. Il fatto che l'assassino apparteneva ad un'organizzazione strettamente connessa con la Hindū Māhāsabhā, condusse al completo discredito di questo partito, che in molte zone si sciolse da sé. Il Congresso diveniva quindi più che mai arbitro della vita politica dell'India. L'annoso problema degli stati indipendenti fu liquidato nel corso di poco più di un anno.
Tranne gli stati musulmani del nord-ovest (stati della Frontiera e del Belūchistān, Eahawalpur e Khairpur) che accedettero al Pakistan, tutti gli altri entrarono in varî tempi ed in varie forme a far parte dell'Unione indiana. I maggiori divennero membri dell'Uníone; i minori si raggrupparono in nuove grandi unità (Saurashtra, Rajasthan, Matsya, Vindhya Pradesh), oppure furono annessi alle provincie (stati dell'India orientale, del Deccan e di Madras). Il mahārāja del Kashmir accedette all'Unione, ma ciò produsse una rivolta della maggioranza musulmana degli abitanti, appoggiata da volontarî del Pakistan, mentre le truppe indiane entravano nello stato. Ne risultò una lunga guerra civile, mentre la questione veniva deferita al giudizio delle N. U. Lo stato più grande, Haiderabad, con sovrano musulmano (Nizam) e popolazione in grande maggioranza indù, rimase in un primo tempo quasi del tutto indipendente. Ma la tensione con il governo dell'India aumentò gradualmente, fino ad arrivare a una rottura. Il 13 settembre 1948 le truppe indiane varcarono il confine e quattro giorni dopo il Nizam capitolava, e né il Pakistan né le N. U. ebbero il tempo di intervenire.
Segno visibile della completa indipendenza indiana fu la partenza dell'ultimo governatore generale inglese nel giugno 1948. Suo successore fu il vecchio capo congressista Chakravarti Rājagopālāchāriar.
Il Pakistan sta laboriosamente costruendo, si può dire dal nulla, la sua struttura statale. Ancora ai suoi inizî, il giovane stato ha avuto la sfortuna di perdere il suo fondatore e capo Jinnāḥ, morto l'11 settembre 1948. Alsuo posto fu nominato governatore generale il bengalese Khwājā Nāẓim ud-dīn.
Bibl.: Allan, Wolseley Haig e Dodwell, The Cambridge shorter history of India, Cambridge 1934; L. Suali, Storia moderna dell'India, Milano 1941, 2 voll; N. A. Zada, Indian India, Londra 1940; H. Venkatasubbiah, The structural basis of Indian Economy, Londra 1942; G. F. de Montmorency, The Indian States and Indian Federation, Londra 1942; T. A. Raman, India, Londra 1944; R. Parkin, India today, New York 1946; S. Chandrasekhar, India's Population: Fact and Policy, New York 1946; C. B. Birdwood, A Continent experiments: the Future of India, Londra 1946; T. R. Sharma, Location of Industries in India, Bombay 1947; L. A. Hoffman, India, main population concentrations, in The Geographical Journal, CXI, (1948), nn. 89-100.
Rapporti tra l'Impero romano e l'India. - A questo problema, sul quale si avevano finora solo notizie attraverso gli autori classici e gli antichi poeti tamil, hanno portato nuova luce gli scavi diretti nel 1945 da R. E. M. Wheeler sulla laguna costiera di Ariyankuppam (presso Pondichéry) dove, ad Arikamedu, si è scoperto un emporio commerciale del I e II secolo d. C. che testimonia evidenti e stretti contatti con il mondo romano. Nell'area scavata si sono messi in luce i resti di un grande edificio lungo circa m. 50, forse magazzino, di pianta rettangolare, costruito in mattoni, il quale dovette essere presto abbandonato, forse perché troppo vicino alla laguna. A sud, invece, su terreno più alto erano stati costruiti posteriormente al magazzino due grandi serbatoi, con pavimentazione e condutture formate di mattoni, e adiacenti a due vasti cortili rettangolari in parte pavimentati. Si pensa che i serbatoi servissero alla preparazione della mussolina e i cortili per l'asciugamento delle stoffe. L'abbondante ceramica fornisce documenti cronologici e commerciali: il maggior numero è costituito da piatti e tazze di fabbriche aretine, lisci e di qualità inferiore, con marche Vibii, Camuri, Itta; vi sono anche frammenti di copie di vasi aretini, d'importazione mediterranea. Seguono inoltre frammenti di anfore, ceramiche nere d'importazione mediterranea, e anche terrecotte di fabbricazione locale. Gli strati superiori contenevano frammenti di porcellana cinese posteriore al IX sec. Si sono rinvenuti ancora: una gemma con ritratto di Augusto, frammenti di una lampada e tazze vitree romane, terrecotte indiane, ma nessuna moneta antica. Il luogo, dopo l'abbandono, venne sfruttato come cava di mattoni. Il ritrovamento di questo emporio dimostra che se il commercio indiano era in gran parte in mano alessandrina, non dovevano mancare rapporti con il mercato romano, ciò che è confermato dall'esistenza di un templum Augusti presso Muziris (documentato dalla Tabula Peutingeriana), e dai numerosi ritrovamenti di monete romane in molte località dell'India, specialmente nel distretto di Coimbatore, dove esistono miniere di berillio e dove passa la strada di comunicazione tra la costa est e quella ovest.
Bibl.: R. E. M. Wheeler, A. Ghosh, Krishna Deva, Arikamedu: an Indo-Roman trading station on the East Coast of India, in Ancient India, n. 2, luglio 1946, pp. 17-124; L. Petech, Tracce del commercio romano in India, in Bull. Com., LXXI, 1943-45 (1947), Appendice, pp. 65-68.
Il dominion dell'India.
Il nuovo dominion, nato il 15 agosto 1947 (v. sopra, Storia), comprende tutti i territorî non trasferiti al Pakistan e che non preferiscano restare indipendenti. Poiché, a norma dell'India Indipendence Act (10 luglio 1947), gli stati indipendenti hanno il diritto, ma non il dovere di optare per l'uno o per l'altro dei due dominions, e possono quindi rimanere indipendenti, una definizione dei limiti e della consistenza delle due nuove unità è, a tutt'oggi, più presuntiva che reale.
Attualmente, e finché la delimitazione territoriale non sia compiuta, si può calcolare che l'India (o anche e meglio, l'Unione Indiana) si estenda su 3,5 milioni di kmq. circa e conti 340-345 milioni di ab., figurando così al 9° posto fra gli stati del mondo (dopo il Commonwealth australiano, e prima dell'Unione sudafricana) per ampiezza, e addirittura al 2° (dopo e a poca distanza dalla Cina) per popolazione. Essa abbraccia l'85% del territorio e l'83% degli abitanti dell'ex-Impero indiano. Il territorio comprende l'intera penisola del Deccan e la maggior parte della pianura indogangetica, mantenendo il contatto con la Cina e l'Unione birmana, ma rimanendo separato da Persia e Afghānistān. Quanto alla popolazione, il passaggio al Pakistan del 73% del totale dei Musulmani dell'ex-Impero indiano, fa del dominion dell'India uno stato spiccatamente indù, sia pure con notevoli minoranze d'altre religioni ed etnicamente tutt'altro che omogeneo. La struttura economica del dominion indiano non risulta in sostanza alterata, in confronto di quella dell'ex-Impero indiano, per effetto del distacco delle regioni passate al Pakistan.
Tuttavia ne risentiranno alquanto le produzioni agricole (diminuiscono di circa 1/3 quelle del riso e del tabacco; di oltre 1/3 quelle del grano e del cotone, di quasi 3/4 quella della iuta), mentre per le industrie il problema della loro redistribuzione si porrà soprattutto per il Pakistan. Lo stesso dicasi del commercio interno, delle vie di comunicazione e dei traffici internazionali, disponendo il dominion indiano della parte di gran lunga più cospicua ed efficiente dell'organizzazione del cessato Impero indiano. In confronto al Pakistan tuttavia, in considerazione delle sue molto maggiori proporzioni, il dominion indiano avrà da risolvere problemi assai più gravi prima di assicurarsi una sufficiente stabilità interna; e non è improbabile che le tendenze autonomistiche delle unità regionali più ampie e più solide, rimaste di fatto ancora isolate, si compongano in una struttura federativa che rispetti le grandi differenze di sviluppo economico e civile ancora esistenti tra unità e unità, e lasci tempo alla loro progressiva fusione. Questi problemi si complicano con quelli non meno gravi posti dall'attuale situazione politica (liquidazione della penetrazione francese e portoghese in India, nuovo equilibrio nell'Oceano indiano e nel Pacifico), che potranno accelerarne o ritardarne la soluzione.
Bibl.: E. Rossi, I nuovi dominî dell'India e del Pakistan, in Oriente Moderno, 1947, pp. 137-42; J. Coatman, India and the future, in Polit. Quarterly, 1947, pp. 313-23; A. Giannini, I Dominions dell'India, in L'Universo, XXVIII (1948), pp. 443-71.