Tendenza di una dottrina (religiosa, politica ecc.) a proporsi come valida per tutti gli uomini. antropologia Nei loro studi sulle differenze culturali tra gli esseri umani, gli antropologi si sono posti fin dalle origini la questione dell’universalismo. Esistono aspetti del comportamento umano, istituzioni sociali e culturali universalmente diffuse? I tratti universali sono quelli che distinguono Homo sapiens da altri animali: per es., il lungo periodo di dipendenza infantile, un cervello complesso, una sessualità costantemente attiva. Anche la presenza di emozioni e la capacità di elaborare le informazioni sembrerebbero tratti universali. Da un punto di vista sociale, tutti gli esseri umani vivono in gruppi e in determinate forme di famiglia. Il tabu dell’incesto, per il quale i rapporti sessuali all’interno del ristretto gruppo di consanguinei sono proibiti, è ugualmente universale così come l’obbligo a sposarsi fuori del gruppo stesso (esogamia). Vi sono poi tratti culturali, definibili come generali ma non universali, che compaiono in molte epoche e in molte culture anche se non in tutte. Un esempio è costituito dalla famiglia nucleare: pur essendo ampiamente diffusa non è però universale, come mostra il caso dei Nayar dell’India o dei Trobriandesi della Melanesia. religione L’u. è il carattere di determinate religioni tipologicamente distinte da quelle cosiddette particolaristiche. Mentre, infatti, queste ultime, che sono le religioni tribali primitive e le religioni nazionali, non hanno alcuna pretesa di validità al di fuori dell’aggregato sociale (tribù, nazione) cui appartengono, le religioni universali si rivolgono all’individuo, di qualunque gruppo etnico o sociale faccia parte.
Una delle condizioni elementari dell’u. è un orizzonte culturale internazionale in cui la religione di una comunità possa confrontarsi con quella di un’altra o di diverse altre comunità. Condizione necessaria, ma non sufficiente: nell’antichità classica, per es., i contatti culturali tra diverse civiltà non hanno portato al problema dell’u.; sia per i Greci sia per i Romani era naturale che le divinità loro proprie fossero per la maggior parte le stesse divinità che altri popoli chiamavano con nomi diversi e veneravano secondo le loro diverse tradizioni; perciò di fronte alle altre religioni politeistiche, essi non avevano altro problema che quello dell’interpretazione (➔), e secondo l’indole generale delle civiltà politeistiche non conoscevano generalmente l’intolleranza e la persecuzione religiosa.
Appare dunque chiaro che l’u. è elettivamente caratteristico delle religioni di salvezza dell’individuo (➔ Soter) a tutti i livelli morfologici, e nel loro ambito non ha incidenza in proposito il fatto che si tratti di religioni esclusivistiche, che non ammettono salvezza al di fuori dell’adesione al loro sistema dottrinario e alle loro norme di comportamento (cristianesimo, islamismo, mazdeismo, manicheismo), o di religioni che, pur presentando una propria via soteriologica, non pretendono di contrapporsi radicalmente alle diverse religioni con le quali hanno avuto contatto nel corso della loro storia, quali il buddhismo, le religioni misteriche del mondo antico, alcune formazioni settarie dello gnosticismo, vari indirizzi dell’occultismo moderno (teosofia, spiritismo) ecc. Neppure è rilevante il fatto che si tratti di religioni nate dall’azione di un fondatore; è piuttosto da sottolineare che talune religioni, che per essere di carattere soteriologico sono tendenzialmente universalistiche, rispetto a religioni il cui u. è stato storicamente accompagnato da una concreta azione proselitistica e da una diffusione più o meno vasta fuori delle terre di origine, sono di fatto rimaste circoscritte nell’ambito etnico-nazionale d’origine. I casi più notevoli sono rappresentati dal taoismo e dalle grandi formazioni religiose nate e rimaste nell’ambito dell’induismo (śivaismo e visnuismo) o staccatesi più o meno esplicitamente dall’ortodossia induista (jainismo). Il tantrismo e lo yoga si sono insediati al di fuori dell’India solo nella misura in cui sono stati assunti dal buddhismo, del quale hanno seguito la diffusione nell’Asia orientale; queste forme religiose, nelle quali non si riscontra una vera e propria attività missionaria, sono comunque aperte a individui di qualsiasi nazionalità, mentre la loro presenza nell’Occidente euroamericano è per lo più dovuta, all’inizio, al proselitismo sporadico e ristretto esercitato da occidentali che vi hanno aderito sul posto.
Un caso del tutto particolare è, dal punto di vista dell’u., quello della religione di Israele: essa, pur ritenendosi l’unica vera e indispensabile per la salvezza, e pur opponendosi alle religioni del proprio ambiente, non ha cercato, se non sporadicamente, d’imporsi ad altri popoli, ma è restata religione nazionale.