Rapporto sessuale fra persone (tradizionalmente intese di sesso diverso) legate fra loro da quei rapporti di consanguineità o di affinità che oppongono impedimento assoluto al matrimonio.
Gli studi etnologici hanno mostrato l’universale diffusione del divieto di rapporti sessuali tra i membri della famiglia nucleare (esclusi ovviamente quelli tra genitori), spesso esteso anche a parenti più o meno prossimi; la scelta di questi ultimi tuttavia varia grandemente a seconda delle culture e delle epoche, soprattutto in relazione al sistema di parentela. Il divieto di i. non va confuso con le interdizioni matrimoniali ovvero con l’esogamia, la regola in base alla quale occorre sposarsi al di fuori di un certo gruppo (un clan, un lignaggio, ma anche un villaggio).
Numerose sono le spiegazioni formulate per giustificare l’universalità delle norme che definiscono e vietano l’i.: alcune si appellano agli effetti dannosi che produrrebbe sul piano genetico l’incrocio tra consanguinei; altre partono dal sovvertimento dei ruoli all’interno della famiglia e dalle conseguenze disgreganti che ciò avrebbe sulla società; altre ancora sottolineano i vantaggi sul piano sociale, economico e culturale che comporta l’obbligo di contrarre alleanze matrimoniali con membri di gruppi diversi dal proprio (è questa la cosiddetta teoria dell’alleanza avanzata da C. Lévi-Strauss, che però concerne le norme esogamiche, e non le semplici relazioni sessuali); altre infine considerano l’avversione all’i. una componente biopsicologica radicatasi nella specie come risultato della selezione naturale, in virtù dei vantaggi adattivi (non soltanto genetici) che l’accoppiamento con non-parenti comporta. La spiegazione del divieto dell’i. va probabilmente cercata in una convergenza di più fattori. Si tratta tuttavia di una regola che non rientra nell’ordine del biologico o del naturale, come provano numerosi casi di società in cui, all’interno delle famiglie regnanti, l’i. era non solo approvato ma incoraggiato (per es. alle Hawaii o nell’antico Egitto).
Meritano di essere ricordate, in particolare, per il seguito che hanno avuto nelle scienze sociali, le teorie avanzate su questo argomento da E. Westermarck e da S. Freud. Secondo la tesi di Westermarck (1891), gli individui allevati in stretto contatto, in genere, non svilupperebbero un forte desiderio sessuale reciproco; per scoraggiare in altri un comportamento che disapprovano, essi avrebbero quindi stabilito sanzioni contro l’incesto. Freud (1912-13) invece sostiene che i genitori e, in seconda istanza, i fratelli, costituiscono i primi oggetti d’amore del bambino nel quale suscitano un forte desiderio sessuale, che verrebbe però represso quando, raggiunta la fase genitale, si sviluppa il Super-Io. Per spiegare perché tali potenti desideri non vengano assecondati, Freud ha formulato l’ipotesi filogenetica secondo la quale, nell’orda primitiva, un gruppo di fratelli parricidi avrebbe rinunziato alle madri e alle sorelle per il senso di colpa derivato dall’uccisione del padre. Il forte desiderio di commettere incesto e il senso di colpa spiegherebbero le severe sanzioni contro di esso. La versione moderna della teoria di Westermarck, elaborata da R. Fox, sostiene che l’intensità dell’attrazione sessuale tra individui allevati insieme è, dopo la pubertà, inversamente proporzionale all’intensità dell’interazione fisica che hanno avuto nel periodo prepuberale.
I rapporti incestuosi appaiono circoscritti ad ambiti familiari di inadeguata coesività e integrazione affettiva e risultano presenti in ogni strato sociale. È frequente la concomitanza dell’i. con patologie del versante ossessivo-compulsivo, con condizioni di debolezza mentale e di isolamento sociale; di rilievo, inoltre, le conseguenze di condotte incestuose nella forma di segreto patogeno sottostante a molte psicosi latenti o conclamate. L’effetto dell’i. sulla vittima comporta per lo più disadattamenti sessuali.
Se l’oggetto di i. è un minore, la condotta incestuosa è un’aggravante della violenza carnale. Particolare attenzione è richiesta affinché la vicenda giudiziaria, attraverso i ripetuti interrogatori, non accentui il trauma subito e ne aggravi le conseguenze.