Uso della forma ridotta di una parola in luogo della forma piena.
Le a. ricorrono costantemente in iscrizioni, manoscritti e documenti antichi e medievali, con un impiego regolato nelle varie epoche da differenti consuetudini. Possono aversi per troncamento, se mancano una o più lettere finali, o per contrazione, se nella parola sono soppresse lettere o sillabe intermedie, comunque sempre contraddistinte da segni abbreviativi (lineetta, punto, apostrofo ecc.). Il troncamento è indicato dal punto, la contrazione da una letterina soprascritta o una lineetta che, secondo la posizione e la forma, suggerisce un particolare scioglimento della parola. Nei papiri e codici greci la scrittura più antica in maiuscola (onciale) comporta il sistema di a. per troncamento; con l’introduzione della minuscola (sec. 9°-10°) si diffondono altre a., derivate dalla tachigrafia (scrittura stenografica), che sostituiscono parte della parola. Nei testi latini si formò un complesso sistema di a. basate sulla contrazione, dette notae iuris perché adoperate nei manoscritti giuridici; il loro impiego fu proibito da Giustiniano nel 533. Gli usi abbreviativi dell’epoca romana furono alla base di quelli elaborati negli scrittori e nelle cancellerie dell’Europa altomedievale, che si fusero in un sistema uniforme, costituito da contrazioni e adoperato fra il 9° e il 15° secolo.
Nella notazione, nelle didascalie e nei testi musicologici si usano fin dall’antichità formule e segni, varianti dall’uno all’altro ambiente storico, che possono indicare abbellimenti, passi musicali o termini e locuzioni comuni nella pratica e nell’intendimento (per es., tr. per trillo, trem. per tremolo, d. c. per da capo, 8a bassa per trasporre una o più note a un’ottava sotto all’altezza notata ecc.).