Fenomeno controllato geneticamente che determina la morte programmata di una cellula a un certo punto del suo ciclo vitale.
L’intero arco vitale della cellula può essere visto come l’esecuzione concertata di programmi di proliferazione, arresto, quiescenza, differenziamento e morte. Negli esseri unicellulari la morte della cellula coincide con la morte dell’individuo. Negli organismi pluricellulari, nei quali il problema del controllo numerico e dell’integrazione delle diverse cellule viene risolto con l’eliminazione selettiva di alcune di esse, sono stati identificati geni che codificano proteine necessarie per attuare una morte programmata della cellula; questi geni sono in grado di funzionare in risposta agli stimoli più disparati e si sono conservati nelle diverse specie nel corso dell’evoluzione. I patologi avevano descritto da tempo un tipo di morte cellulare con caratteristiche diverse rispetto alla necrosi, ma solo negli anni 1980 il biologo statunitense H.R. Horvitz ha fornito, nel nematode Caenorhabditis elegans, le prime evidenze sperimentali dell’esistenza dei geni della morte programmata, riscontrando che gli eventi di a. si collocano sempre nello stesso punto della genealogia cellulare. È stato possibile identificare in Caenorhabditis 14 geni, chiamati ced, coinvolti nel programma di morte. La presenza di un meccanismo di morte regolato da geni è stata dimostrata anche in cellule di mammifero e viene considerata come una condizione inevitabile per tutte le cellule (a eccezione dei blastomeri, a meno che non giungano segnali di sopravvivenza da parte dell’ambiente o di altre cellule). Durante i processi di ontogenesi è infatti attivo un programma di morte cellulare che concorre al modellamento dell’individuo in via di sviluppo. L’a. si verifica anche in seguito a stimoli lesivi indotti da agenti chimici o fisici: per es., nelle cellule tumorali l’a. può essere spontanea o indotta da radiazione o chemioterapia.
La morte apoptotica si svolge attraverso una successione di fenomeni che si sono mantenuti costanti sia nei diversi tipi cellulari sia durante la filogenesi. La cellula apoptotica presenta caratteristiche ben definite che si distinguono da quelle delle cellule che muoiono per necrosi. Durante l’a. (v. fig.) le cellule si raggrinzano e perdono il contatto con quelle vicine e con le strutture di superficie, quali i microvilli e le giunzioni cellula-cellula; si dilata il reticolo endoplasmatico e si formano estroflessioni della membrana molto più numerose che nella necrosi; la membrana plasmatica e quella nucleare non si rompono, gli organelli citoplasmatici, quali i mitocondri, rimangono intatti. Le maggiori modificazioni avvengono tuttavia nel nucleo: si osserva, sia al microscopio ottico sia al microscopio elettronico, la condensazione della cromatina, che prima si dispone al di sotto della membrana cellulare (marginazione) e successivamente si frammenta, dando origine alla formazione di corpi apoptotici circondati dalla membrana cellulare intatta. I corpi apoptotici vengono fagocitati immediatamente dai macrofagi, prima che si rompa la membrana e si possa determinare la risposta infiammatoria. Nella necrosi, invece, la cromatina si condensa ma non vi sono radicali cambiamenti nella sua distribuzione; la cellula si gonfia, si distruggono i mitocondri e si rompe la membrana, con conseguente risposta infiammatoria. La cellula viene spinta verso l’a. quando una serie di stimoli attiva una catena di segnali molecolari che, arrivati nel nucleo, attivano a loro volta un insieme di geni della morte. Molti dei complessi passaggi che portano all’attivazione di specifici geni sono ancora oggetto di studio e sono differenti nei diversi tipi di cellule. Alla fine del processo, tuttavia, viene attivata sempre una specifica endonucleasi che frammenta il DNA. A livello molecolare la frammentazione del DNA si presenta, nella maggior parte dei casi, sotto forma di rotture internucleosomiche con frammenti di grandezza equivalente a un singolo nucleosoma o a multipli di esso.
Studi della seconda metà degli anni 1990 hanno messo in evidenza il ruolo svolto nei processi di a. nelle cellule umane sia dalle cisteinproteasi (➔ caspasi), che presentano funzioni analoghe ai prodotti dei geni ced di Caenorhabditis, sia dai prodotti di protooncogeni o di oncosoppressori. Per es., Bcl-2 è un analogo del gene ced9: vi sono numerose evidenze che questi geni, derivanti da un unico gene ancestrale, siano coinvolti nell’inibizione dell’a. rispettivamente nell’uomo e in Caenorhabditis. Il protooncogene c-myc è invece un ottimo candidato per l’esecuzione del programma apoptotico: esso promuove sia la proliferazione cellulare sia l’apoptosi. La scelta finale della cellula dipende dalla reperibilità di fattori di crescita quali ILGF (Insuline Like Growth Factor), EGF (Epidermal Growth Factor) e insulina. L’oncosoppressore p53 è invece necessario per l’a. indotta da radiazioni ionizzanti. Il prodotto di p53 determina il blocco del ciclo cellulare in G1, in modo che la cellula sia in grado di riparare il danno indotto al DNA dalle radiazioni; se il danno non viene riparato si verifica la morte per apoptosi. Mutazioni di p53 fanno sì che la cellula danneggiata possa ugualmente replicarsi e accumulare in tal modo mutazioni che, con il tempo, possono determinare la trasformazione tumorale della cellula.
La totale comprensione del processo dell’a. nella sua complessità comporterebbe importanti implicazioni terapeutiche per alcune malattie. Nei casi in cui la morte cellulare è insufficiente, come, per es., nelle cellule tumorali, potrebbero essere innescati processi di a., mentre il processo potrebbe essere bloccato nei casi in cui l’eccesso di a. contribuisce all’insorgere e all’aggravarsi di malattie quali l’AIDS o la malattia di Alzheimer (nei pazienti affetti da AIDS si verifica infatti una massiccia deplezione dei linfociti T, con conseguente abbassamento delle difese immunitarie a causa dei messaggi di a. che le poche cellule infettate dal virus inviano alle altre cellule; nelle malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer, l’a. si verifica precocemente in un gran numero di cellule nervose).