Culto o adorazione degli astri. Qualche elemento di a. si trova in quasi tutte le religioni, in relazione, almeno in parte, con la natura uranica che spesso ha l’Essere supremo nelle religioni dei popoli primitivi. Ma di a. in senso stretto si può parlare solo per le civiltà nelle quali gli astri cominciano a presentarsi come una categoria di oggetti ben distinta e comprendente una serie di realtà (Luna, Sole, pianeti), nelle quali è sperimentata un’intima solidarietà di natura. Tra gli astri ha particolare importanza, per la formazione dei calendari, la Luna, ma nelle civiltà superiori il posto principale spetta al Sole.
L’a., e quindi l’astrologia, ha assunto particolare sviluppo nella Mesopotamia: le divinità principali furono identificate con pianeti e costellazioni, sì che l’intero pantheon babilonese e assiro furono collocati nella volta celeste; per la tendenza alla sistematicità propria dei Babilonesi, l’a. divenne una vera e propria concezione dell’Universo e della vita. Dalla regolarità dei moti celesti e dalla natura divina degli astri si concluse che da essi era governata la vita degli uomini e del mondo. Da questa concezione si trasse poi la conseguenza che, se il destino è immutabile, si può leggerlo negli astri, esaminandone corso, qualità, cambiamenti: dall’a. si sviluppa dunque l’astrologia. Linee fondamentali dell’a. babilonese passarono nel mondo greco e quindi in quello ellenistico, da cui ricevettero veste più filosofica e rigorosa durante l’epoca seleucidica.