(ant. banno) Annuncio pubblico, in origine letto e anzi gridato da un messo, il banditore, per comunicare al popolo le decisioni dell’autorità. Mediante l’ eribanno (b. dell’esercito), l’imperatore romano-germanico chiamava le milizie in difesa dell’Impero minacciato. Il b. regio serviva anche a proteggere luoghi e persone che erano sotto la particolare protezione dell’imperatore (le strade e i mercanti che le percorrevano, le donne, gli orfani, le chiese ecc.).
Nel Medioevo col termine si finì però soprattutto con l’intendere una condanna definitiva o temporanea all’esilio. Chi veniva colpito dal b. veniva chiamato bandito; se avesse fatto ritorno nel luogo da cui era stato allontanato avrebbe potuto essere impunemente offeso da chiunque. A essere colpito dal provvedimento di b. era chi insidiava la quiete pubblica: chi commetteva dunque reati comuni, ma anche, e in alcuni momenti in primo luogo, di opinione. Nelle città comunali italiane del Medioevo, spesso turbate da contrasti tra fazioni che alimentavano scontri devastanti, l’allontanamento dal territorio del Comune fu pratica frequente. La fazione che finiva col prevalere in una comunità escludeva quelle avversarie e ne allontanava i componenti dai confini cittadini: di ciò fece le spese anche Dante Alighieri, guelfo bianco, bandito da Firenze nel 1302.
Nell’età moderna il b. perse questo carattere politico e finì soprattutto col riguardare colpevoli di reati comuni. A questo si deve il cambiamento di significato della parola. La pena del b. fu soppressa in tutti gli Sati italiani a partire dalla fine del Settecento.