Reato di chi, essendo legato da matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro, pure avente effetti civili, o di chi, non essendo coniugato, contrae matrimonio con persona legata da matrimonio avente effetti civili (art. 556).
La b. è delitto bilaterale (che non implica, però, l’imputabilità e la punibilità di entrambi i soggetti), istantaneo e con effetto giuridico permanente. Il reato è estinto, anche rispetto a coloro che sono concorsi nel reato, se il matrimonio contratto precedentemente dal bigamo è dichiarato nullo, ovvero è annullato il secondo matrimonio per causa diversa dalla bigamia; non sono invece causa di estinzione sia il divorzio sia la morte del primo coniuge (in seguito ai quali il primo matrimonio non è nullo, ma sciolto). La pena prevista è la reclusione fino a 5 anni.
Il vigente codice penale italiano, sopprimendo la condizione (posta dal codice Zanardelli) che il primo matrimonio sia valido, e parlando soltanto di matrimonio avente effetti civili, sia esso valido o invalido, ha introdotto una profonda innovazione, in quanto solo l’inesistenza di un matrimonio precedente (per identità di sesso, mancanza di consenso ecc.) esclude il reato di b., non la sua nullità (propriamente detta, per la presenza di un impedimento dirimente assoluto) o annullabilità (in seguito a un impedimento dirimente relativo), non ancora giudizialmente accertate.
Per la Chiesa cattolica è bigamo chi, vincolato da matrimonio religioso, ne contrae un secondo anche soltanto col rito civile (can. 1085, par. 1).