CATTANEO, Carlo
Nacque il 15 giugno 1801 in Milano, morì il 6 febbraio 1869 in Castagnola, presso Lugano. Lasciati a 17 anni gli studî ecclesiastici, fu nominato nel 1820 professore di grammatica latina e poi di umanità nel ginnasio comunale di Santa Marta. Seguiva intanto la scuola privata di Gian Domenico Romagnosi e si laureò in diritto nell'università di Pavia nel 1824. Scrisse sul maestro il primo suo articolo nell'Antologia del Viesseux nel 1822 e fu, negli anni 1833-1838, assiduo collaboratore, quasi sempre anonimo, degli Annali universali di Statistica. Le sue Ricerche economiche sulle interdizioni imposte dalla legge agli israeliti, scritte nel 1835, ma pubblicate, amputate dalla censura, nel 1837, richiamarono su di lui l'attenzione rispettosa degli studiosi italiani e stranieri. Lasciato l'insegnamento (1833) e in quell'anno sposatosi, dopo decennale attesa, con la nobile inglese Anna Pyne Woodcock discendente dalla famiglia della seconda moglie di Milton, svolse una multiforme attività di scrittore, occupandosi di ferrovie (notevoli gli scritti sulla Milano-Venezia allora in discussione), di bonifiche, di dazî, di commerci, di agricoltura, di finanze, di opere pubbliche, di beneficenza, di questioni penitenziarie, di geografia, ecc., insinuando fra questi scabri argomenti qualcuno di quelli che "hanno viscere", com'egli diceva, di letteratura e d'arte, di linguistica e storia, di filosofia. Richiesto nel 1837 dal governo britannico, scrisse sulla politica inglese in India e sui sistemi d'irrigazione applicabili all'Irlanda.
Nel 1839 iniziò quel suo "repertorio mensile di studî applicati alla coltura e prosperità sociale" cui altri diede il nome di Politecnico, durato sino al 1844 in 7 volumi: del quale egli diceva: "ivi alberga il mio spirito"; e infatti esso rappresenta quella che fu l'attività pratica del C., quale propulsore d'ogni progresso scientifico del suo paese. Membro dell'Istituto lombardo sin dal 1843, per il VI congresso degli scienziati in Milano, prepose al volume Notizie naturali e civili su la Lombardia un quadro sintetico delle origini fisiche ed etniche e della storia politica e culturale della regione con un sobrio esame delle condizioni economiche e civili. Consigliere della Società d'incoraggiamento d'arti e mestieri, propugnò le applicazioni della scienza alle industrie, al commercio, all'arte. Nel marzo 1847 preparò per l'istituto una relazione su quesiti proposti dal governo inglese su alcune istituzioni agrarie dell'Italia settentrionale a sollievo dell'Irlanda; ma il governo austriaco ne ostacolò la stampa. Nel giugno dello stesso anno fu relatore per l'Istituto sulle riforme dell'insegnamento e della stampa, ma n'ebbe soppressi due capitoli dalla censura e poco dopo (gennaio 1848) fu proposto per la deportazione, sospesa per ordine del vicerè.
Così quest'uomo che s'era mantenuto estraneo a sètte e congiure e che, solo geloso del nome patrio, aveva cercato con l'opera sua di accrescerne il lustro e il decoro e di elevare nell'animo dei cittadini la coscienza dei loro diritti, si trovò, in breve, sospetto all'Austria che diffidava del concetto propugnato dal C. d'una conquista graduale di riforme politiche e civili che ridessero al Lombardo-Veneto l'indipendenza, pur rimanendo entro la cerchia federativa dei popoli soggetti all'Austria, come primo passo alla federazione indipendente del popolo italiano. Da questo derivò poi il più vasto concetto, tradottosi nel settembre 1848 nella formula Stati Uniti d'Europa, alla quale rimase tenacemente fedele.
Le Cinque giornate trovarono in lui il naturale duce: ché la gioventù a lui si rivolse per consiglio e guida. E qu̇ello fu dapprima di moderazione e questa, incalzando gli eventi, fu mirabile per sagacia d'azione politica e militare in quei tre giorni, dal 19 al 21, in cui il C. fu il capo del Consiglio di guerra, eroicamente negando due volte l'armistizio chiesto da Radetzky, non mercanteggiando con alcuno, solo teso alla vittoria. Il suo motto era: "A guerra vinta". Prevalsi gli avversarî politici, angosciato per gli eventi fatali, lasciò Milano nell'agosto e si recò a Parigi. Vi pubblicò in fretta L'insurrection de Milan e quindí si stabilì a Castagnola, presso Lugano, dove ne pubblico, ampliata, molto aggiungendo, nulla togliendo, l'edizione italiana nel 1849. Da allora comincia tutt'altra vita: entrato in rapporti con la Tipografia elvetica di Capolago, raccolse i documenti dell'Archivio triennale, rimasto poi incompiuto. Amando l'asilo come novella patria, sperò trovarvi pace e riposo. Vi promosse l'istituzione di scuole scientifiche pratiche; nel 1852, con Giovanni Cantoni, fondò il Liceo cantonale, dove insegnò filosofia. Del 1857 è il suo Invito alli amatori della filosofia che segna una data nella storia della filosofia in Italia.
Nel 1859, pur lieto della guerra, non volle, tenacemente fermo nelle sue idee federali, partecipare al nuovo ordine di cose. Restituito al corpo accademico dell'Istituto, proposto in terna a segretario, in ciò avversato dal Cavour, il C., partito da Milano nelle tragiche giornate dell'agosto 1848, vi tornò il 25 agosto 1859 per parlare di filosofia, con la memoria: Idea di una psicologia della scienza, prima delle cinque memorie (1859-1866) che rimasero frammenti d'una sua Psicologia delle menti associate. Sul finire del 1859 fece risorgere il Politecnico: nel nuovo manifesto si sente quasi un giovanile ardore nel rendere questo suo prediletto strumento rinnovato propugnatore d'ogni progresso materiale e morale del paese. Eletto deputato a Sarnico, Cremona e nel V collegio di Milano, optò per questo (25 marzo 1860) ma non entrò mai in Parlamento, non volendo prestar giuramento contro la sua fede repubblicana. In quell'anno raccolse in volume le sue Memorie di economia pubblica. Chiamato nel settembre a Napoli da Garibaldi che lo avrebbe voluto prodittatore, ne fu consigliere, sperando di affermare il principio federale. Prevalso il partito della annessione, se ne tornò alla solitaria Castagnola. Nel 1861 rifiutò l'elezione di Gallipoli, facendosi sempre più estraneo alle piccole gare della politica, più atto a "fare il suggeritore", com'egli diceva, per ogni cosa utile e grande. Amareggiato dalle vicende editoriali del Politecnico, lo lasciò nel dicembre 1864. Abbandonò anche, nel 1865, con atto di fiera onestà, la cattedra di filosofia al liceo di Lugano, unica sua risorsa economica. Nel marzo del 1867 fu rieletto deputato a Massafra e al I collegio di Milano: optò per la città natale, fu più volte a Firenze, ma non seppe mai piegarsi a un giuramento formale. Ultima partecipazione alla vita politica furono le dieci Lettere ai liberi elettori pubblicate dall'aprile 1867 al gennaio 1868.
L'opera del C., pur presentandosi multiforme e frammentaria, è intimamente organizzata attorno a un sistema di concetti fondamentali. "Pupilla degli occhi suoi" come lo chiamava il Romagnosi, fu di questo il discepolo più diretto per averne assimilato i principî generali, preferendo all'astratto speculare l'azione concreta: la stessa filosofia civile fu nel C. esercizio d'azione più che di pensiero, incline più al valore dei fatti che non a quello delle idee, e dello svolgersi di queste considerando più l'aspetto storico che il critico. Ignaro del positivismo inglese e francese, fu il primo positivista in Italia. Psicologo più che filosofo, espresse il suo concetto più originale nella Psicologia delle menti associate, saggio frammentario d'una interpretazione sociale dello sviluppo psicologico dell'individuo.
La filosofia civile applicò nelle scienze pratiche: nella trattazione di importanti questioni per la Lombardia e per l'Irlanda, negli studî delle strade ferrate commisurate ai bisogni politici e commerciali dei popoli, negli argomenti di economia pubblica: fautore ardente del liberismo, seppe mettere in luce i complessi rapporti tra i fatti morali e quelli economici senza arrivare all'assolutezza del determinismo economico o, come altri credettero, a una concezione del materialismo storico; significativo è in proposito il suo saggio Del pensiero come principio di pubblica ricchezza (1859). Nelle scienze penali precorse i moderni concetti della responsabilità. Nella storia seppe vedere con acute sintesi le cause e gli effetti della civiltà, valutandone gli elementi fisici e morali, e ricercando le lontane origini dei processi storici. Così rilevò l'importanza della linguistica come documento storico, trattando i problemi delle sue origini con sicura competenza e geniali intuizioni.
Anche nella critica letteraria dimostrò con quale esattezza di metodo siano da interpretare i momenti artistici di un'opera e come rilevarne, occorrendo, le insufficienze estetiche, storiche e morali. Fu un classico nello spirito e nella forma, e tanta è la sua efficacia espositiva che anche quando tratta di ferrovie e di commerci, di agricoltura o di scienza sa farsi intendere con piacere e con deferenza: esempio di quegli uomini di sapere enciclopedico che seppero stampare orme profonde del loro acume e della loro originalità in campi fra di loro dîversi.
Opere: Scritti principali e occasionali si trovano in: Annali universali di statistica (1833-1838); in Politecnico (1839-1844 e 1860-18651); in Crepuscolo; nella Rivista Europea; nella Rivista contemporanea; negli Atti dell'Istituto Lombardo, ecc. Edizioni originali: Notizie naturali e civili su la Lombardia, Milano 1844 (vol. I, solo pubbl.); Alcuni scritti, Milano 1846-47, voll. 3; L'Insurrection de Milan en 1848, Parigi 1849 (Dell'Insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra, Lugano 1849; Archivio triennale delle cose d'Italia dall'avvenimento di Pio IX all'abbandono di Venezia, I, Capolago 1850; II, ibid. 1851; III, Chieri 1855; Memorie di Economia pubblica (1833-1860), Milano 1850 (vol. I, solo pubbl.).
L'Archivio Cattaneo, importante, si trova nel Museo del Risorgimento di Milano.
Unica bibliografia, incompleta, quella di A. Vismara, in numero unico A C. C. nel centenario della sua nascita, Milano 1901.
Edizioni postume: Opere ed. ed ined. a cura di A. Bertani in voll. 7, Firenze 1881-1892; Scritti politici ed Epistolario, a cura di G. Rosa e J. White Mario, Firenze 1892-1894; Scritti completi ed. ed ined. a cura di A. Ghislen (finora 3 voll. pubblicati), Milano 1925-1926.
Bibl.: Fra gli studî d'indole generale (vita e opere): G. Rosa, Commemorazione in Rendiconti Istituto Lombardo, 1869, più volte ripubbl.; A. Mario, in Teste e figure, Pdova 1887; A. e J. White Mario, C. C., cenni e reminiscenze, Roma 1884; E. Zanoni, C. C. Milano 1878 e (rifatto) Roma 1898; V. Saffiotti, C. C., Roma 1922; A. Ghisleri, Introduzione al I vol. Scritti filosofici, Milano. Per la filosofia: G. Cantoni, Il sistema filosofico di C. C., in Riv. filos. scient., 1887; G. Gentile, in La critica, 1908; V. Saffiotti, in Atti V Congr. int. filos., Bologna 1911. Per gli studî di economia: A. Loria, in Riforma sociale, 1901 e nel vol. Verso la giustizia sociale, Milano 1904; Giovannini, C. C. economista, Bologna 1905. Per la letteratura: V. Osimo, Gli scritti letterari di C. C., Palermo 1901. Sul pensiero sociologico: A. Groppali, Saggi di sociologia, Milano 1899; Finzi, Il positivismo penale, ecc., in Rivista dir. pen., Pisa 1900. Per il pensiero politico: Momigliano, C. C. e gli Stati Uniti d'Europa, Milano 1919; A. Monti, L'Idea federalista nel Risorgimento italiano, Bari 1922; G. Salvemini, Prefazione a Le più belle pagine di C. C., Milano 1922; B. Brunelli, Il pensiero di C. C., Torino 1925; A. Levi, Il positivismo politico di C. C., Bari 1928. Per il Politecnico: A. Monti, in Pensiero ed Azione, Milano 1926 (con doc. ined.). Per l'Archivio triennale: V. Saffiotti, Corrispondenza inedita tra Francesco Crispi e C. C., in Archivio stor. siciliano, (XLVI 1925).