Tessuto di guarigione delle soluzioni di continuo e delle perdite di sostanza di tessuti sia vegetali sia animali.
Nei tessuti vegetali, i tipi di cicatrice variano a seconda della natura dell’organo, dei tessuti lesi, della gravità della ferita, della specie cui appartiene la pianta, dell’epoca della ferita ecc.
La cicatrizzazione avviene:
a) per deposizione di suberina o di lignina nelle pareti delle cellule sane dei primi strati sottostanti al trauma come nel parenchima, nel tubero di patata ecc.;
b) per impregnazione di tessuti con gomme o resine, come si ha nei tessuti legnosi;
c) per ipertrofia di cellule vicine a quelle ferite, come avviene con la formazione delle tille nei vasi legnosi e per produzioni simili nei tubi cribrosi, o nelle cellule dell’epidermide e di alcune cellule del sottostante mesofillo di foglie;
d) per iperplasia, che è il modo più comune di saldatura di una ferita, per es. il ‘sughero di ferita’ che si forma dal cambio e dai tessuti parenchimatici (corteccia, midollo, parenchimi fogliari) e isola la parte sana dai tessuti lesi; nei fusti nei quali sia stata colpita la parte corticale ma non il cambio, prolifera la corteccia dando origine a un vistoso ammasso di cellule parenchimatiche; altro esempio è il callo di cicatrizzazione nelle talee.
Nelle piante legnose la formazione del callo è più complessa con formazione del ‘legno di ferita’ (➔ legno), che si sovrappone a quello morto.
In patologia vegetale, tessuto cicatriziale (o di riparazione) è il tessuto che deriva da un meristema formatosi al disotto o intorno alla superficie di ferita di un organo quale reazione al trauma e che ha funzione protettiva.
Nei tessuti animali la cicatrice si forma a opera del tessuto connettivo; rappresenta il termine ultimo del processo di riparazione tessutale. Nel caso di ferite, quando il processo riparativo si svolge indisturbato, si parla di cicatrizzazione per prima intenzione (fig. A); quando invece esso è disturbato da fatti flogistici, o comunque appositamente ritardato (applicazione di drenaggi ecc.), si parla di guarigione per seconda intenzione (fig. B).
In un tempo immediatamente successivo a quello in cui si produce la perdita di sostanza o la lesione di continuo, per l’interruzione dei vasi sanguiferi si produce lo stravaso di sangue e conseguentemente la sua coagulazione. Il coagulo formatosi viene gradualmente invaso e sostituito da elementi cellulari connettivali mobili e da piccoli vasi sanguiferi neoformati che conferiscono un aspetto finemente granuloso al tessuto riparativo (tessuto di granulazione). Quando si è compiuta la riparazione della lesione, cessa ogni stimolo proliferativo. La cicatrice in questo stadio appare rosea, piuttosto molle, non retratta. Da questo momento inizia l’ultima trasformazione del tessuto neoformato, e gradualmente la cicatrice diviene dura e biancastra, dal caratteristico aspetto madreperlaceo, retratta.
Presso numerose culture tradizionali (in Africa, Australia, Melanesia ecc) le cicatrici si praticano come forma di ornamento del corpo (pratica nota come scarificazione). Le cicatrici ornamentali, spesso impiegate per denotare il superamento di riti puberali e iniziatici o le distinzioni sociali, si ottengono incidendo profondamente la pelle, secondo linee rette o curve, e ritardando ad arte la rimarginazione; l’inserzione nella ferita di sostanze estranee (argilla, succhi vegetali, cenere) può dar luogo a cicatrici più o meno a rilievo.