Vasto gruppo di tessuti diffusi negli organismi viventi e dotati di caratteristiche morfologiche assai diverse, accomunati da una stessa derivazione embriologica (il mesenchima) e da alcune proprietà, di cui la più importante è la presenza di un’abbondante sostanza intercellulare contenente fibrille di diversa natura. I tessuti c. hanno funzione di riempimento, di sostegno, di protezione, ma intervengono anche negli scambi nutritizi dei vari tessuti con cui sono a contatto, donde il nome di tessuti trofoconnettivali proposto da A. Ruffini.
Il tessuto c. propriamente detto è largamente rappresentato in tutto l’organismo: occupa gli interstizi fra i vari organi, li avvolge con guaine o capsule, ne compenetra i tessuti formando un’impalcatura (stroma) di sostegno. La sostanza intercellulare cosiddetta fondamentale è costituita da due componenti: le fibrille e una parte amorfa interposta tra le fibrille. Le fibrille sono di vario tipo: collagene, elastiche, reticolari. Le prime sono in grandissima prevalenza.
Le cellule del tessuto c. sono di varie specie. I fibroblasti, cui si attribuisce la capacità di elaborare le fibrille intercellulari; gli istiociti o macrofagi sono sparsi fra i fibroblasti, e sono dotati di capacità fagocitica. Le plasmocellule sono rare in condizioni normali, frequenti nei processi infiammatori. Le cellule linfoidi migranti sono del tutto simili ai linfociti del sangue, e come questi sono dotate di attivo movimento ameboide e della capacità di fagocitare. Le cellule eosinofile sono simili ai leucociti eosinofili. I cromatofori sono cellule il cui citoplasma contiene molti granuli di pigmento (melanina o lipocromi, o altri pigmenti). Le cellule adipose contengono gocciole di grassi neutri: quando sono molto numerose e sostituiscono le altre cellule, il tessuto c. è trasformato in tessuto adiposo. Infine esistono nel tessuto c. cellule mesenchimali indifferenziate, che possono considerarsi come cellule capostipiti del sistema ematopoietico. Le funzioni di ciascuno di questi vari tipi di cellule non sono ben conosciute. Certo hanno molta importanza per gli scambi metabolici con le cellule degli altri tessuti.
Imponenti sono le modificazioni del tessuto c. nei processi d’infiammazione, in cui gli istiociti si moltiplicano attivamente e immobilizzano agenti nocivi, siano essi in forma di particelle microscopiche (per es., batteri) o in sospensione colloidale. Gli istiociti intervengono nei processi di difesa anche elaborando anticorpi. La struttura descritta è tipica del c. lasso. Sostanzialmente simile è il tessuto c. compatto, che si trova per es. nel derma; in esso le fibre collagene sono più numerose e più addensate. Nei tendini, nelle membrane fibrose (fasce, aponeurosi) e in qualche altro caso, i fasci di fibre collagene sono disposti in direzione regolare e uniforme. Il tessuto c. elastico ha una preponderanza di fibre elastiche, che talvolta, come nella tunica delle grosse arterie, sono raggruppate a costituire membrane fenestrate. Il tessuto c. reticolare, in cui predominano le fibre reticolari e sono abbondantissimi i macrofagi, forma lo stroma connettivale di molti organi parenchimatosi e in particolare del fegato. Il tessuto c. linfoide è una varietà di quello reticolare, costituente lo stroma di sostegno della milza e delle linfoghiandole. Il tessuto c. mucoso, in cui la sostanza intercellulare è gelatinosa, molle e contiene scarse fibre, è rappresentato tipicamente dalla cosiddetta gelatina di Wharton del cordone ombelicale. Il tessuto c. pigmentato è particolarmente ricco di cromatofori (derma di alcune razze umane, di molti animali, c. dell’uvea ecc.).
La connettivite è un processo infiammatorio sistemico del connettivo. Vi si raggruppano svariate malattie: lupus eritematoso sistemico, sclerosi sistemica progressiva, polimiosite ecc., dette connettiviti maggiori. Fra le minori si annovera l’artrite reumatoide. Le connettiviti si giovano della terapia cortisonica o di altri farmaci (clorochina, sali d’oro, ciclosporina ecc.). La connettivite mista ha manifestazioni cliniche scarsamente caratteristiche, tra le quali le più rilevanti sono il morbo di Raynaud, la tumefazione delle dita delle mani, che assumono forma ‘a salsicciotto’, e la poliartralgia. Con il progredire del quadro morboso vengono coinvolti vari organi e apparati: alterazioni esofagee, fibrosi interstiziale, artrite, miosite, sindromi da malassorbimento; è possibile il coinvolgimento renale (glomerulonefrite). La stessa definizione di connettivite mista talora non è ben associabile a una forma clinica definita compiutamente, soprattutto nelle fasi iniziali, e si giova di alcuni parametri di laboratorio significativamente discriminanti, tra i quali assumono un ruolo critico gli autoanticorpi. L’evoluzione naturale della malattia è assai variabile, con lunghi periodi a sintomatologia quasi silente e possibile sviluppo verso una connettivite a carattere sistemico nosologicamente definita (per es., lupus eritematoso sistemico). L’approccio terapeutico si basa sull’impiego di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) o su corticosteroidi a dosaggio variabile in funzione della gravità dell’andamento clinico.